LONDRA – Una donna di 29 anni è la nuova leader dei musulmani britannici. Zara Mohammed è stata eletta segretaria generale del Muslim Council of Britain, la più grande associazione islamica del Regno Unito, che rappresenta la vasta minoranza di 2 milioni di musulmani sunniti e sciti di questo paese. È la prima volta che l’autorevole incarico va a una donna.
“Sono onorata da questo ruolo”, ha dichiarato lei. “Talvolta le donne esitano ad assumere posizioni di leadership, sebbene siano più che qualificate per farlo. E’ importante dare più spazio ai giovani e alle donne e diversificare la nostra organizzazione e il lavoro che facciamo”. Ha aggiunto che intende “continuare a costruire un’associazione “inclusiva e rappresentativa di tutti i musulmani britannici per il bene comune”.
Originaria di Glasgow, in Scozia, Zara Mohammed ha un master in diritti umani ed è stata finora vicesegretaria generale del Muslim Council of Britain. Tra i primi a congratularsi il sindaco di Londra, Sadiq Khan, anche lui musulmano, figlio di un autista di bus pakistano: “Auguro a Zara ogni successo, che possa continuare a guidare questa organizzazione per il progresso delle nostre comunità in tutto il Regno Unito”.
Il Muslim Council of Britain rappresenta oltre 500 moschee, associazioni di carità islamiche e scuole musulmane in Gran Bretagna, appartenenti a differenti gruppi etnici e tradizioni religiose dell’Islam. Elegge il proprio leader ogni due anni, per non più di due mandati, con un voto democratico fra tutti gli iscritti. È sempre stata in prima fila nel condannare gli attentati terroristici nel Regno Unito e all’estero.
Tra il 2001 e il 2007 il Muslim Council of Britain è stato tuttavia al centro di polemiche e accuse per avere rifiutato di partecipare alle cerimonie di commemorazione per il Giorno dell’Olocausto, sostenendo che l’evento ignorava il “genocidio e le violazioni dei diritti umani commessi da Israele nei Territori occupati palestinesi”. In seguito, ha messo fine al boicottaggio della cerimonia, esprimendo rammarico per avere “inavvertitamente causato sofferenza ad alcuni nella comunità ebraica”.