La scienza è chiara: per fermare il cambiamento climatico, occorre una drastica e rapida riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti rilasciati dalle attività umane in tutto il mondo. Il risparmio energetico, l’aumento dell’efficienza nella produzione e nel consumo di energia o la generazione di energia rinnovabile sono gli interventi diretti e prioritari a disposizione delle imprese e delle istituzioni pubbliche per fornire il proprio contributo al contrasto del riscaldamento globale.
Se gli interventi diretti non fossero sufficienti per limitare il riscaldamento entro la soglia di 1,5 gradi Celsius, reputata sicura dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), il traguardo di emissioni zero entro il 2050 previsto dall’Accordo di Parigi sarebbe impossibile da raggiungere. Pertanto, onde evitare il “suicidio climatico” paventato dal segretario generale della Nazione Unite António Guterres, Ipcc riconosce, in parallelo alla riduzione di CO2, la necessità di ricorrere alla compensazione (offsetting) delle emissioni residue, cioè quelle che un’azienda non può ridurre a causa di vincoli tecnici o economici per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette di anidride carbonica.
Ma come funziona il meccanismo di compensazione delle emissioni di CO2? In concreto, esistono due categorie di mercati in cui il carbonio può essere scambiato come “merce”: i mercati regolati (compliance markets) e i mercati volontari (voluntary carbon markets). Nel primo caso, vale il principio del cap and trade: il meccanismo attraverso il quale ogni Stato fissa una soglia (cap) alla quantità di emissioni che possono essere generate dalle imprese coperte dal sistema. All’interno del cap, le imprese ricevono o acquistano quote di emissioni (i crediti di carbonio) che possono scambiare (trade) tra loro a seconda delle necessità. Il limite sul numero totale di quote disponibili garantisce che abbiano un valore. Se un’impresa riduce le sue emissioni, può mantenere le quote di riserva per coprire le sue esigenze future o venderle a un’altra società che ne è a corto.
Il compliance market più maturo in circolazione è l’Ets (Emissions trading system): il mercato che regola le emissioni di CO2 nell’Unione europea. L’Ets copre oltre il 45% delle emissioni totali di gas serra dell’Ue e coinvolge circa 12mila imprese che utilizzano energia fossile e che operano in settori considerati energivori, tra cui: centrali elettriche e impianti industriali come raffinerie di petrolio, acciaierie e produzione di ferro, alluminio, metalli, cemento, calce, vetro, ceramica, pasta di legno, carta, cartone, acidi e prodotti chimici organici alla rinfusa e compagnie aeree.
Nel mercato volontario invece, i crediti di carbonio sono ufficialmente chiamati crediti di riduzione verificata delle emissioni (Verified emission reduction, Ver) e vengono generati dai grandi progetti di riduzione o sequestro della CO2 tra cui progetti di riforestazione, riduzione della deforestazione, agricoltura smart, acqua sicura e potabile, stufe efficienti, gestione sostenibile dei rifiuti e energie rinnovabili. Progetti che contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico catturando tonnellate di CO2, che volontariamente vengono vendute alle imprese per compensare parzialmente o totalmente le loro emissioni (1 carbon credit corrisponde a 1 tonnellata di CO2 sequestrata o evitata nell’atmosfera). Questi progetti, certificati da organismi internazionali, vengono realizzati soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e forniscono anche un contributo definito cobenefit, ovvero producono impatti sociali sulle comunità locali.
Per capire meglio il funzionamento del mercato volontario dei crediti di carbonio e soprattutto la sua utilità per la sostenibilità del nostro pianeta, nasce Clima Economy: il dossier digitale realizzato dal gruppo Gedi in collaborazione con Carbon Credits Consulting (Ccc), la prima azienda italiana che sviluppa e gestisce grandi progetti di riforestazione e protezione di foreste native a rischio migliorando la qualità di vita delle popolazioni locali. La missione di Clima Economy, come spiega Andrea Cornacchia, fondatore e ceo di Ccc nell’intervista di lancio dell’iniziativa editoriale, è quella di fornire informazioni e strumenti utili ai cittadini e soprattutto alle imprese italiane che stanno intraprendendo, o hanno intenzione di farlo, un percorso di carbon neutrality o net zero. In che modo? Diventando un vero e proprio Osservatorio del mercato volontario dei crediti di carbonio per aiutare le aziende a comprendere le potenzialità e vantaggi di questi strumenti finanziari, per formarle e guidarle nelle scelte corrette nei processi di acquisto di crediti, fondamentali per compensare la propria impronta climatica e realizzare le proprie strategie carbon neutrality o net zero.