Il capomafia di Bolognetta, grosso centro alle porte di Palermo, è in carcere da due anni. Gli affari del clan erano affidati a due insospettabili imprenditori, che erano riusciti a imporre il loro monopolio nel settore delle pompe funebri. Un vecchio affare per i padrini e i loro complici, che torna sempre di attualità quando c’è bisogno di fare cassa. E in questo momento Cosa nostra ha bisogno di tanta liquidità per fare fronte al sostentamento delle famiglie dei tanti carcerati. I blitz si susseguono, ma l’organizzazione non sembra avere battute d’arresto. Questa notte, i carabinieri della Compagnia di Misilmeri hanno eseguito un provvedimento di fermo d’urgenza emesso dalla procura di Palermo nei confronti di Carlo Salvatore Scalafni, 46 anni, e Mario Pecoraro, 47, sono i due imprenditori di Bolognetta che continuavano a ricevere ordini dal carcere, dal capomafia Stefano Polizzi, arrestato nel blitz del dicembre 2018 che ha bloccato la riorganizzazione della Cupola di Cosa nostra.
Palermo, Cosa nostra si riorganizza con il racket del caro estinto. Fermati due imprenditori
Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Salvatore De Luca hanno svelato che i due imprenditori avevano pure buoni contatti all’interno del Comune di Bolognetta ed erano riusciti ad ottenere diversi lavori per le proprie ditte edili. I carabinieri parlano di una “situazione di infiltrazione dell’amministrazione comunale, che, condizionata nel suo operato, ha affidato alle ditte dei due indagati commesse pubbliche senza seguire i previsti iter amministrativi in violazione del principio di trasparenza ed imparzialità”.
Con il fermo è scattato anche il sequestro di tre società, che valgono quattro milioni di euro, una ditta opera nel settore delle pompe funebri. Chi non sottostava al monopolio del caro estinto gestito dal clan veniva intimidito: “Una vera e propria minaccia fu fatta a un imprenditore – spiegano gli investigatori – per limitare l’operatività della sua azienda e non danneggiare quella riconducibile ai due indagati”.
Un altro capitolo dell'indagine riguarda la preparazione di unadocumentazione falsa da produrre alla Corte d'appello di Palermo, per ottenere la revoca della dichiarazione di fallimento di una società.
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