Tarcisio Burgnich, la Roccia della difesa dell'Inter di Helenio Herrera, a fine carriera giocò per tre stagioni a Napoli. Oggi ha 81 anni e si prepara a seguire la sfida fra le squadre di Antonio Conte e Rino Gattuso.
Chi vincerà a San Siro?
"Credo che l'Inter possa farcela. Rispetto al Napoli mi sembra più organizzata, forse anche perché ha da più tempo lo stesso allenatore".
Chi vede come favorito per lo scudetto?
"Dico di nuovo l'Inter. I ragazzi sono volenterosi, è un gruppo già formato, con entusiasmo e voglia di fare bene".
Come allenatore è meglio Conte o Gattuso?
"Conte ha più esperienza. Sa come si vince un campionato, ed è un vantaggio non da poco. Anche se Gattuso mi piace moltissimo, per spirito e per carattere".
E come giocatori chi le piaceva di più fra i due?
"Gattuso ha dato moltissimo anche in Nazionale. È campione del mondo e questo non si dimentica. Non è stato bandiera di una squadra soltanto, ma di un intero Paese. Tecnicamente i due c'entrano poco, ma per personalità mi ricorda il nostro Luisito Suarez, che grazie alla sua personalità dominava il centrocampo".
Qualche anno fa disse che la Juventus era la squadra che più le piaceva guardare in tv, per il gioco che esprimeva. Le piace anche quella di oggi, allenata da Pirlo?
"Per la prima volta dopo tanti anni mi sembra che la Juve sia al livello delle altre squadre migliori, non un gradino sopra come in passato. Posso sbagliarmi, ma l'impressione è quella. Di calcio, comunque, ne guardo molto meno di un tempo".
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Le piace il modo di difendere delle squadre di oggi?
"Non saprei dire, è davvero molto diverso. Ai miei tempi noi difensori marcavamo davvero e si segnavano meno gol. Il nostro mestiere era stare addosso all'attaccante. Oggi anche in difesa si gioca un calcio più articolato, non so se più efficace. Mi piacerebbe vedere come se la caverebbero in questo calcio i centravanti dei miei tempi".
Lei, che lo marcò a Messico '70, ha sentito Pelè per i suoi 80 anni?
"No, non siamo rimasti in contatto. Abbiamo giocato contro in campo, ma non posso dire di essergli mai stato amico, come invece è successo con tanti grandi attaccanti italiani. Quello a cui ero più affezionato fra gli avversari era Gigi Riva, il più forte di tutti, una persona eccezionale".
È stato più grande Pelé o Maradona?
"Sono stati grandissimi entrambi. E metto nel gruppo anche Crujff e Di Stefano, che spesso viene dimenticato ma che era un campione formidabile. Se mi si costringe a scegliere comunque dico Pelé. Aveva qualcosa in più di tutti gli altri dal punto di vista tecnico".
Qual è stato il momento più bello della sua carriera?
"Ogni singola volta che sono entrato in campo a San Siro con l'Inter del Mago Herrera. Eravamo troppo forti per chiunque, ci sentivamo una persona sola, ciascuno di noi si scioglieva nella squadra. Una consapevolezza che si rinnovava ogni volta che mettevamo piede in campo, nel nostro stadio soprattutto".
Ricorda con più affetto il momento dell'entrata in campo rispetto al gol che segnò in Italia-Germania 4-3?
"Ma certo. Quella è stata una giocata soltanto, una palla fortunata finita in porta, un attimo appena. Me lo ricordate ogni volta voi giornalisti. Ma per me il fatto di avere fatto parte dell'Inter del Mago è una cosa più grande. Per costruire quel gruppo impiegammo anni, fu il frutto di un lavoro enorme".
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E del suo passaggio al Napoli, già trentacinquenne, cosa ricorda?
"Eravamo una bella squadra, arrivammo a giocarci lo scudetto. Io ero a fine carriera, eppure l'allenatore Vinicio mi chiese di imparare a giocare a zona. Fu una scoperta tardiva, molto divertente. Anziché stare addosso all'attaccante, che era la mia specialità, potevo alzare la testa e giocare a calcio. Non ero abituato, ci presi subito gusto".
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