DALLA combinazione di radioterapia e immunoterapia alla “chirurgia virtuale”, passando per la radioterapia di salvataggio, quella palliativa, metabolica e interventistica: trattamenti sempre più personalizzati che si adattano a ogni tipo di tumore e in ogni fase, anche in quella più avanzata. Non c’è dubbio che negli ultimi anni la radioterapia abbia aperto nuovi scenari nella lotta al cancro, grazie a tecnologie evolute e sofisticate, che consentono di intervenire in modo mirato, efficace e con pochi effetti collaterali. Ma non tutti i pazienti, in Italia, hanno accesso nella stessa misura a questi nuovi trattamenti. “Purtroppo ancora oggi l'accesso alle cure radioterapiche innovative è a macchia di leopardo”, dice Vittorio Donato, presidente dell’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia clinica (Airo) e a capo del dipartimento di Oncologia e Medicine Specialistiche dell’ospedale San Camillo Forlanini di Roma: “Sicuramente il Sud è più penalizzato dal punto di vista delle apparecchiature e per l'alta tecnologia che, invece, è diffusa negli ospedali del Nord”. L’appello a rinnovare il parco macchine degli acceleratori lineari, in gran parte vetusto, e di ampliare il numero degli apparecchi nella maggior parte delle regioni, arriva nel corso del XXX Congresso nazionale Airo 2020, “Radioterapia personalizzata: un nuovo paradigma in oncologia”.
Quattro macchine su dieci sono troppo vecchie
Attualmente, oltre il 40% degli apparecchi ha almeno 10 anni di vita, un problema da non sottovalutare, dato che si stima che nei prossimi anni l’impiego della radioterapia nella cura dei tumori crescerà del 15%. Qualcosa, però, si sta muovendo. La regione Lazio, per esempio, ha realizzato un censimento delle macchine disponibili nelle strutture sanitarie pubbliche e ha dato la disponibilità a rinnovare gli apparecchi con più di 10 anni di vita. “Auspichiamo che entro la primavera 2021 saranno installate e disponibili per i pazienti”, sottolinea Donato: “Indubbiamente poter contare su politici e istituzioni sensibili è molto importante”.
Radioterapia: macchine troppo vecchie per combattere i tumori
Irma D'Aria
I trattamenti innovati
Tra le applicazioni più avanzate vi è la radioterapia stereotassica (la cosiddetta chirurgia virtuale), che utilizza radiazioni ipofrazionate in sedute brevi, e la radioterapia guidata dall’imaging morfologico e funzionale, che si serve di un acceleratore lineare associato alla risonanza magnetica, e che rende possibile “centrare” il tumore da trattare e modificare le dosi radianti in base al volume. Queste macchine ibride rappresentano il futuro.
Radioterapia sempre più precisa: segue il tumore al polmone durante il respiro
Tiziana Moriconi
Oggi la radioterapia può intervenire sia con intenti curativi, come nei tumori di prostata e di testa-collo nei casi in cui la malattia è confinata, sia con trattamenti combinati alla chemioterapia o alla chirurgia, sia con interventi mirati che agiscono sulla malattia metastatica. Inoltre, nel tumore del colon retto, la radioterapia si può somministrare anche prima dell’intervento chirurgico.
Non sottovalutate il radioterapista
Insieme all'oncologo medico e al chirurgo, il radioterapista sta quindi assumendo oggi un ruolo sempre più di primo piano all'interno della squadra multidisciplinare per la presa in carico e il trattamento dei pazienti oncologici. Il radioterapista ha infatti il compito di “tagliare su misura” la terapia radiante, dopo aver condiviso le scelte terapeutiche con gli altri membri del team. Eppure, l’importanza di questa figura è ancora poco conosciuta. “Il radioterapista non è colui che spinge un bottone e fa funzionare la macchina”, chiarisce Donato: “È forse la figura professionale meno conosciuta e riconosciuta dai pazienti, come ha evidenziato una recente indagine che Airo ha realizzato insieme a Favo, e proprio per questo c'è bisogno di informazione e di promuovere il rapporto tra radioterapista e malato. Solo il radioterapista – conclude – può personalizzare e somministrare la radioterapia, con il dosaggio e la durata più adeguati caso per caso. E l’integrazione con l’oncologo medico e il chirurgo deve essere massima”.
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