Facebook si sente minacciata dai fondamentalisti indù e non applica le misure di controllo e di censura online contro l’istigazione all’odio e alla violenza in India con lo stesso rigore che altrove, compresi gli Stati Uniti. La ragione è tangibile, non immaginaria: il team di sicurezza del colosso dei social media ha avvertito il quartier generale che lo staff e i cinque uffici indiani, compresi quelli della capitale a Delhi e di Mumbai, sono a serio rischio di ritorsioni violente da parte dei picchiatori dei gruppi militanti induisti.
E’ quanto emerge da un documento interno, pubblicato anche dal Wall Street Journal, che avverte chiaramente che il rischio di far infuriare la casta politica induista al potere, bannando organizzazioni estremiste a essa legate, potrebbe causare attacchi ai dipendenti e danni alle proprietà di Facebook. E così la multinazionale di Mark Zuckerberg, che in America ha espulso da Facebook il leader della Nation of Islam Louis Farrakhan, l’estremista di destra Alex Jones e la militante conservatrice Laura Loomer, in India tentenna e lascia correre.
Perché? Prima di tutto perché Facebook e la controllata WhatsApp trovano qui il loro più grande e promettente mercato al mondo. Sono 310 milioni gli utenti FB, e 340 milioni gli utenti della piattaforma di di messaging.
Quest’estate, Zuckerberg ha stretto un’alleanza importante, promettendo di iniettare 4,7 miliardi di euro, quando ha unito le forze con l'azienda di telecomunicazioni Jio, controllata da Reliance e quindi dall’uomo più ricco dell’India e dell’Asia intera, Mukesh Ambani. Il quale è anche in ottimi rapporti con il premier Narendra Modi e il suo partito fondamentalista, il Bjp.
E il Bjp regge il suo potere anche su un reticolo di associazioni, confraternite e sette induiste che garantiscono il sostegno dell’elettorato, costruendo una base sempre più prepotente che in questi anni ha schiacciato con crescente protervia le minoranze di musulmani, i Dalit, la casta degli oppressi, e le tribù indigene che popolano le zone rurali.
Ma le gang avvolte in camicioni kurta e turbanti color zafferano mirano anche ai cristiani. In giugno, dozzine di estremisti hanno fatto irruzione in una chiesa pentecostale fuori Delhi, sostenendo che era stata costruita su un tempio indù. Hanno spintonato i credenti e tirato un pugno in testa al pastore, istallando un idolo di una divinità induista. I membri della Bajrang Dal, associazione che ha duemila sedi in India, hanno postato il video su Facebook, che ha avuto più di 250 mila visualizzazioni. Nonostante il team di sicurezza di Facebook abbia già bollato il Bajrang Dal come “organizzazione pericolosa” per la sua istigazione alla violenza contro le minoranze in tutta l’India, la direzione del social medium ha deciso di ignorare il consiglio, per timore di ritorsioni. Secondo un portavoce di Facebook, Andy Stone, “noi applichiamo la nostra politica contro le organizzazioni e gli individui pericolosi senza riguardi per la loro affiliazione politica o partitica.” Ma il bando del Bajrang Dal, di cui molti adepti sono in prigione per omicidi motivati da discriminazione religiosa, resta “un argomento di discussione parte di un procedimento standard”. Insomma, uno svicolare in burocratese per non affrontare un tema di cui si parla da mesi.
Oltre al Bajrang Dal anche il Sanatan Sanstha e il Sri Ram Sena sono finiti nella lista nera di Facebook, che però li ha solo “avvisati” consentendo loro di continuare a promuovere l’incitazione all’odio religioso e di casta nelle loro pagine online.
Tutto ciò ha portato a rivelare che l’India, oltre alla Birmania, lo Sri Lanka e il Pakistan, è nella “Categoria Uno” dell’elenco compilato dal team di Facebook dedito a proteggere i diritti civili: luoghi dove la violenza nella società richiede un’attenzione particolare da parte del colosso americano. Che però al momento, per opportunismo economico, non sembra intenzionato a intervenire contro l’istigazione a delinquere e commettere crimini su base religiosa e discriminatoria. Ma, dopotutto, oltre alle pressioni economiche di un partner vicino al governo fondamentalista, ci sono i dati: la rete dei Bajrang Dal quest’anno, secondo gli analisti di CrowdTangle, ha avuto più di 5 milioni e mezzo di interazioni.
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