Ritorno a Bologna. Dopo 19 anni nella sua Sardegna, Igort è di nuovo nella città che per alcuni anni, anche grazie a lui, è stata la capitale non solo italiana del fumetto: «Volevo cambiare e qui sento fermento. Ho voglia di organizzare nuove cose: incroci tra fumetto, music, cinema e so che qui è il luogo ideale». Nel frattempo sta per uscire Quaderni giapponesi 3, un volume densissimo che apre la porta su un Giappone sconosciuto ai più, raccontato attraverso illustrazioni –è il caso di dirlo– straordinarie: «È il frutto di un anno di lavoro senza interruzioni».
Perché hai deciso di aggiungere questo terzo capitolo?
«Funziona sempre così: all’inizio ci sono come dei piccoli bagliori, delle intuizioni, delle immagini che mi parlano e poi a poco a poco si crea un filo che connette le cose. Alla fine mi sono reso conto che questo è un volume che parla di che cos’è leggere, dove ci porta. E quel luogo è sempre la scoperta di un universo altrui».
Il libro si apre con una doppia citazione: la scoperta dei kibyoshi, ovvero i fascicoli illustrati che venivano stampati verso la metà del periodo Edo (fine del 1700), che sono considerati gli antenati del fumetto per adulti e il bellissimo film di Hiroyuki Okiura, "Momo e no tegami" ("Una lettera per Momo", 2011, si può vedere su Netflix). Tu ridisegni proprio alcune scene di questo film…
«Sì perché è uno di quelli che amo di più anche se in Italia non ha avuto successo: fino a poco tempo fa infatti era anche molto difficile da vedere. La protagonista è Momo, una bambina che esplorando la soffitta dello zio trova dei kibyoshi in cui si vedono figure di yokai, spiriti della tradizione giapponese dagli aspetti più incredibili: qui inizia il viaggio. Quello di Momo e anche il mio».
Ti ha colpito in particolar modo la figura di Santo Kyden.
«Per molti motivi: i giapponesi hanno in pratica creato il fumetto prima di tutti anche se non hanno mai sentito l’esigenza di rivendicarlo se si pensa che i primi fumetti americani arrivano alla fine del 1800. Inoltre lo sento particolarmente vicino perché ha affrontato anche il “genere”, quello che poi sarebbe stato chiamato feuilleton. Le sue storie erano ambientate nei bordelli e avevano spesso anche una vena ironica dissacrante, tanto che venne condannato per questo a restare in catene per cinquanta giorno. Dopodiché si piegò mettendosi a fare romanzi storici».
A lui è legato anche un altro grande maledetto giapponese: Yoshitoshi…
«Esatto. Lui fu l’ultimo grande maestro della tradizione delle stampe giapponesi che però prese letteralmente a calci la tradizione creando le "muzan-e" ovvero “stampe sanguinarie”, una specie di teatro della crudeltà, in cui appaiono samurai pieni di sangue, alle prese con ferite mortali. Anche la sua storia è crudele: da giovanissimo conosce un grande successo ma poi a soli 32 anni finisce nel dimenticatoio e così prova la miseria, la fame al punto da dover rompere le assi della casa per potersi riscaldare, le sue compagne vendono il kimono e finiscono per prostituirsi per comprare qualcosa da mangiare, ha una prima crisi nervosa e per fortuna un po’ di anni dopo la sua arte torna ad essere riconosciuta ma i problemi mentali aumentano e finisce in manicomio. Sono storie molto forti e a me interessava riflettere su cosa significa essere ai margini in una società come quella giapponese. I personaggi di cui parlo in questo libro sono come dei sacerdoti di un culto del bello anomalo, il "ryouki" ovvero la ricerca del grottesco, del bizzarro. Una ricerca molto lontano dal culto della bellezza raffinata che conosciamo del Giappone».
Quello che in Occidente Mark Fisher definisce “weird” nel suo saggio "The Weird and the Eerie" (in Italia pubblicato da minimum fax), che lui va a ricercare in Philip Dick, in Lovecraft ma anche nei fim di Lynch o nelle canzoni dei Fall. Oppure la “bellezza di Medusa” di cui parla Mario Praz in La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica o ancora “il bello estremo” della Societas Raffaello Sanzio.
«Esatto. Si parla sempre di un certo Giappone ma io qui voglio raccontare i giapponesi un po’ “storti”, ai margini. Un altro esempio è Suehiro Maruo che sono stato il primo a pubblicare in Italia nel 2000 con Il vampiro che ride. Venne anche a trovarmi in Sardegna, a Carbonia. Quando gli ho chiesto che cosa voleva vedere la risposta è stata: la necropoli. Eravamo in piena estate a due passi dal Pan di zucchero e vicino a posti del mare meravigliosi!».
La prima volta che vidi un’illustrazione di Maruo fu nel 1989, a corredo di "Torture Garden", un disco di John Zorn che metteva insieme free jazz e punk hardcore. Un disco incredibilmente innovativo che aveva anche Yamatsuka Eye in qualità di “urlatore”: una finestra aperta sul giappone “ero-guro” di cui Maruo è oggi il maggior esponente.
«L’ero-guro nansensu è un fenomeno letterario e artistico degli anni ‘20 come espressione del “modernismo” giapponese a cui nel libro dedico diversi capitoli. Racconta il Giappone che si apriva sul mondo. Da qui nascono le “moga”, “modan garu” ovvero “modern girl” e il corrispettivo maschile “mobo”, “modern boy”. Uno dei modi in cui scandalizzavano i conservatori era proprio il sesso».
Infatti uno dei principali scrittori che influenza Maruo è Edogawa Ranpo (un gioco con Edgar Allan Poe: “Edo” è l’antico nome di Tokyo mentre “gawa” significa “fiume”).
«Molte sue storie infatti hanno come tema portante comportamenti sessuali devianti come Il delitto della salita che parla di una donna uccisa dal marito durante giochi sadomasochistici. Maruo mi raccontava che all’inizio lui voleva lavorare per Shonen Jump, una rivista che vendeva quattro milioni di copie alla settimana ma lo rifiutano. All’inizio ci resta male ma poi capisce che era un segno: “mi ha indicato la strada”. E se vai a casa sua capisce che è una strada fatta di nostalgia, con le riviste, i giocattoli, i menko (carte con immagini varie) di quando era bambino ma impervia, difficile perché anche lui pur essendo molto stimato come disegnatore, di fronte a un Otomo che vendeva un milione di copie di ogni volume di Akira o di un Taniguchi che ne vendeva 200mila, lui ne vendeva 2mila. A differenza degli altri non ha mai avuto assistenti ma nel corso degli anni è diventato oggetto di un culto particolare.Quasi tutti questi personaggi sono più famosi in Europa e Negli Stati Uniti che in Giappone, anzi, proprio grazie a questi riconoscimenti all’estero hanno cominciato a considerarli in patria. Del resto volumi come New National Kid erano molto violenti pieni di chincaglieria nazista, sesso estremo, riferimenti a film come Il gabinetto del dr Caligari o Freaks di Tod Browning. Mi ricordo che Fofi una volta mi disse: “Maruo è cattivo”. È vero: è crudele ma ha sempre pagato in prima persona: è uno straordinario disegnatore e se avesse fatto cose più pop avrebbeguadagnato molto di più. Da ragazzo era poverissimo, rubava per vivere ed anche finito in prigione. Ma lui e altri come Takato Yamamoto hanno passato un confine e segnato le regole di una nuova estetica giapponese. Per questo nel libro ho messo anche Tadanori Yokoo che ho conosciuto ed è il graphic designer più famoso del Giappone, amico di Mishima ma anche di Yoko Ono e Nagisa Oshima. Tutti loro sono architetti che hanno costruito il nuovo sguardo giapponese, moderno e iconoclasta».
Tu nel libro reinterpreti alcune opere di questi autori: perché?
«Ho fatto quello che imputiamo a loro: li ho copiati. Perché per me l’unico modo per entrare in quei mondi era farsi attraversare».
Quanto tempo ci metti per fare illustrazioni simili?
«Una settimana. Rischiando. Perché se ti sbagli l’acquerello lo devi rifare completamente, il computer non ti può aiutare».
Cosa hai imparato?
«Moltissime cose: per esempio solo ridisegnando l’immagine di New National Kid mi sono reso conto che quei verdi e quei rossi vengono da Yoshitoshi: Maruo li aveva rubati!. E quella è proprio l’illuminazione attraverso cui capisci tutto: ecco cosa stavo facendo, qual era il filo di quella ragnatela che, senza accorgermene, stavo disegnando!».
La trilogia di Igort sul Giappone
"Quaderni giapponesi 3 – Moga, Mobo, Mostri" (Oblomov, pagg. 176, euro 20) è in libreria e si può trovare anche in uno speciale box con i volumi precedenti
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