In un quartiere centrale di Berlino sono stati costruiti di recente 90 appartamenti tutti interconnessi, accessibili con una card magnetica, alimentati a energia rinnovabile e dotati di domotica, oltre che di parchi verdi, piste ciclabili, accesso rapido ai mezzi pubblici. E la capitale tedesca non è la sola a muoversi in questa direzione: da Parigi ad Amsterdam, passando per Copenaghen e Milano, sono sempre più numerose le amministrazioni comunali che studiano da smart cities. Ovvero che puntano a realizzare un modello di città più sostenibile attraverso azioni che vanno dalla riduzione delle emissioni di anidride carbonica alla limitazione degli sprechi, fino a un uso più consapevole di nuove materie prime.
In questo contesto risulta molto importante il ruolo svolto dall’edilizia, ormai da diverso tempo chiamata a intraprendere un percorso di transizione energetica che possa favorire un cambio di rotta sul fronte del preoccupante fenomeno legato ai cambiamenti climatici. L'ultimo rapporto della Global Alliance for Buildings and Construction segnala che il settore è responsabile per il 40% dei consumi di energia totali e del 50% delle materie prime estratte dalla Terra. Mentre guardando al Vecchio Continente, secondo i dati della Commissione europea, l’edilizia è attualmente responsabile del 36% delle emissioni di gas a effetto serra dell’Ue. Il 75% del parco immobiliare all’interno dell’Unione europea è infatti inefficiente sotto il profilo energetico. Circa il 35% degli edifici ha più di 50 anni e consuma il doppio rispetto ai modelli più moderni. Molte abitazioni sono ancora riscaldate con impianti obsoleti che utilizzano combustibili fossili inquinanti, come carbone e petrolio.
Per rendere più efficienti le abitazioni da qui al 2030, osserva la Commissione, andrebbe raddoppiato il tasso di ristrutturazione, attualmente pari all'1% circa. In particolare, è necessario aumentare nettamente le ristrutturazioni a livello di involucro degli edifici, integrare le energie rinnovabili e adottare sistemi di digitalizzazione e tecnologie intelligenti. In Italia, secondo i dati Enea, il settore civile è responsabile di circa il 45% dei consumi finali di energia e del 17,5% delle emissioni dirette di anidride carbonica del nostro Paese. Mentre, secondo i dati del Catasto energetico nazionale, la gran parte degli edifici è di tipo residenziale (85%) ed è antecedente al 1972, cioè è stato costruito prima che entrasse in vigore la legge nazionale sul contenimento del consumo energetico. Si tratta dunque di un patrimonio immobiliare fortemente vetusto, come evidenzia anche una ricerca condotta da Abaco Team, società del gruppo Gabetti che ha analizzato più di 140 mila unità residenziali italiane. In base ai risultati, solo il 34% degli immobili analizzati possiede un Attestato di Prestazione Energetica (Ape) e, tra questi ultimi, il 60% ha una classe energetica G o F. A fronte di ciò, solo il 3% del campione totale è stato interessato da interventi di ristrutturazione significativi.
Riqualificazioni in crescita
Un recente rapporto elaborato dall’Istituto di ricerca Cresme evidenzia però come nel 2021 il mercato degli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio abbia visto una forte accelerazione. Secondo le stime, nella sola edilizia residenziale i lavori di riqualificazione hanno raggiunto alla fine dello scorso anno i 75 miliardi di euro (25 miliardi in più rispetto al 2020 e 21 miliardi in più rispetto al 2019); di questi, 51,2 miliardi di euro provengono dalla riqualificazione “incentivata”. Dati che dimostrano il ruolo molto importante svolto dalle agevolazioni che sono state introdotte negli ultimi anni. A questo proposito, una ulteriore spinta è attesa dalla proroga al 2023 del Superbonus 110%, la detrazione che viene concessa a chi mette mano all’immobile conseguendo un miglioramento di almeno due classi energetiche, puntando a incentivare interventi come il cappotto termico e la sostituzione degli impianti di riscaldamento.
I dati rilasciati dall’Enea mostrano un forte aumento delle pratiche presentate: per dare un’idea, si è passati dalle 37.128 asseverazioni depositate al 31 agosto 2021 alle 122.548 del 28 febbraio 2022. L’agevolazione va inoltre ad aggiungersi al classico Ecobonus, che prevede fino al 2024 uno sconto fiscale al 50 o al 65%, a seconda dei lavori effettuati per migliorare l’efficienza energetica di un immobile.
Un grosso aiuto per favorire la transizione energetica degli edifici potrebbe inoltre arrivare dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede quasi 30 miliardi di euro da destinare all’efficienza energetica e alla riqualificazione degli immobili pubblici e privati. Una somma che dovrebbe portare alla ristrutturazione di quasi 50 mila immobili all’anno, con notevoli risparmi in termini di emissioni di gas a effetto serra.
I target europei
Si tratta insomma di un tema sul quale occorre accelerare, anche per mettersi in linea con i target europei. Su questo fronte non mancano infatti le sfide per il nostro Paese che è chiamato ad adattare il Piano nazionale Integrato Energia e Clima per renderlo adeguato ai nuovi target europei, con la riqualificazione di almeno 30 mila condomini entro il 2025. L’obiettivo della Commissione europea, nell’ambito del pacchetto di politica ambientale “Fit for 55”, è inoltre di tagliare le emissioni di gas a effetto serra prodotte dagli immobili residenziali di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai dati del 1990. Questo significa che in Italia, secondo uno studio del Politecnico di Milano, sarà necessario tagliare 94 milioni di tonnellate di CO2. Un risultato che potrebbe essere raggiunto, secondo un rapporto realizzato dall’ufficio studi Gabetti, riqualificando i circa undici milioni di edifici attualmente in classe energetica F e G. Operazione che permetterebbe di tagliare 80 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Il sogno degli italiani? Una casa più sostenibile
Se gli italiani fossero chiamati a esprimere un desiderio sulla propria casa la vorrebbero certamente più amica dell’ambiente. A sottolinearlo è l’indagine di Swg “Gli italiani e l’abitare sostenibile”, basata su un campione di 1475 intervistati. I risultati? Il 40% ritiene la propria abitazione poco o per nulla green. Il 71% dichiara, inoltre, di abitare in un immobile realizzato più di 35 anni fa, che solo in meno della metà dei casi è stato oggetto di qualche tipo di ristrutturazione energetica. Solo l’11% afferma poi che la propria abitazione è stata costruita con materiali sostenibili.
La ricerca evidenzia il forte interesse per il miglioramento della sostenibilità ambientale della propria casa. Il 75% degli intervistati si dichiara infatti disposto a effettuare interventi in questo senso, spinto dal potenziale risparmio sull’energia elettrica e sul riscaldamento, dalla possibilità di dare il proprio contributo alla salvaguardia del Pianeta e dalla convinzione che una casa sostenibile aumenti di valore in caso di vendita. In cima alle priorità degli interventi di miglioramento ci sono i sistemi di isolamento termico e l’installazione di pannelli solari. Infine, due intervistati su cinque sarebbero disposti a spendere il 20% in più per una casa sostenibile.
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