Non ha saputo resistere alla tentazione. Quella di girarsi a guardare il sinuoso "lato b" di una bella ragazza incrociata per strada. Ed è proprio l'aver indugiato su di lei che l'ha tradito. Un falso cieco, secondo l'accusa del pm Gianfranco Colace, che è finito a processo con l'accusa di essersi intascato circa 30 mila euro in quattro anni di pensioni di invalidità.
Quando usciva per strada non si separava mai dal bastone che lo aiutava a superare le difficoltà e gli ostacoli lungo il cammino. Ma è bastato seguirlo per smascherare l'inganno. Sono stati gli uomini della guardia di finanza a pedinarlo a marzo 2018, scoprendo così che il falso cieco aveva sicuramente notato l'avvenente giovane donna che aveva incrociato sul marciapiede. L'accertamento sulla ua situazione ha portato la procura a contestargli di aver incassato il sostegno fin dal settembre 2014 senza averne diritto.
Secondo il pm, l'uomo, un sessantenne torinese, aveva dichiarato la condizione di "cieco assoluto", presentando documentazione clinica che attestava "un quadro patologico non corrispondente al vero". In questo modo avrebbe indotto in errore la commissione medica per l'accertamento dello stato di invalidità civile dell'Asl To1, e ottenuto "indebitamente" l'erogazione della pensione di invalidità civile con indennità di accompagnamento per un totale di 29 mila 760 euro, ai danni dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Così recita infatti il suo capo d'imputazione.
A difenderlo nel processo, appena iniziato, è l'avvocata Roberta Alba. L'uomo nega con forza l'accusa di truffa. "Le accuse si basano su luoghi comuni: il fatto che fosse in grado di fare la spesa o non avesse difficoltà a inserire le chiavi nella toppa, oppure che si accendesse la sigaretta e camminasse da solo, non sono elementi che contrastano con la sua invalidità visiva" ha spiegato la legale. "Abbiamo sollevato alcune eccezioni – continua l'avvocata Alba – e sicuramente produrremo tutte le consuelenze mediche che attestano la sua condizione.
L'uomo, secondo la difesa, soffrirebbe di una malattia genetica che gli avrebbe provocato la riduzione progressiva della vista. "Ci sono attestazioni mediche che lo comprovano. Quello che probabilmente è stato ignorato dagli inquirenti è che non bisogna essere in una condizione di buio totale ovvero di non vedere proprio nulla, per essere dichiarati ciechi. Ci sono situazioni molto gravi, come questa, dove comunque residua un visione periferica seppur molto limitata, magari in un occhio solo. Esistono cioè diverse sfumature".
C'è poi un'altra carta che è pronta a giocarsi la difesa: "Quando l'Inps ha chiesto la restituzione di tutte le pensioni ricevute, è stato impugnato il provvedimento in sede civile e il ricorso è stato vinto dal mio cliente. È vero che i procedimenti civili e penali viaggiano su binari separati, tuttavia si tratta di un dato significativo di cui speriamo che il tribunale voglia tenere conto". Il processo è stato rinviato al 25 maggio.
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