BERLINO – Apparentemente, è tutto rimandato. L’embargo sul petrolio non sarà discusso alla riunione dei ministri degli Esteri di lunedì prossimo. Le resistenze delle “solite” Germania e Austria, con l’aggiunta di Ungheria e Bulgaria, hanno impedito ieri di mettere in agenda un blocco del greggio dalla Russia. Da Budapest, dove il russofilo Viktor Orban ha stravinto le elezioni di domenica scorsa, è arrivata la richiesta di discuterne eventualmente a un Consiglio europeo e non nelle riunioni preliminari dei capi della diplomazia. Ogni decisione di politica estera necessita del voto unanime dei Paesi membri.
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All’ordine del giorno ci sarà invece un altro fondo da 500 milioni di euro per le forniture di armi all’Ucraina; il totale delle risorse investite aiuti militari al Paese invaso dalla Russia sale così a 1,5 miliardi. Un’indicazione molto chiara sull’embargo energetico era arrivata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo, che aveva votato a maggioranza una proposta dei Verdi per smettere di comprare ogni fonte di energia da Mosca. Tuttavia, non è detto che la Polonia e i Paesi baltici, più agguerriti sulla necessità di tagliare ogni flusso di denaro a Mosca, non sollevino comunque il tema alla riunione di lunedì, argomenta una fonte comunitaria. I Baltici stanno già dando l’esempio: Lituania, Estonia e Lettonia hanno annunciato che smetteranno di comprare petrolio russo.
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Rosaria Amato
In serata, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha rivelato la strategia tedesca di un embargo per gradi su cui si vocifera da settimane nei ministeri competenti a Berlino. La Germania conta di potersi preparare allo stop del petrolio dalla Russia entro «quest’anno», ha precisato durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro britannico Boris Johnson. Durante la sua visita ufficiale a Londra il cancelliere socialdemocratico ha rivelato che Berlino sta «lavorando attivamente» per diventare indipendente dalle importazioni di petrolio russe, ma che ci vorrà tempo. Nelle stesse ore, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha annunciato invece che «siamo pronti ad andare oltre e a decidere il bando del petrolio e sono profondamente convinto che i prossimi passi e le prossime discussioni si concentreranno sl divieto del petrolio russo».
Il presidente ucraino Volodmyr Zelensky aveva rivolto giovedì un nuovo, accorato appello ai leader europei e aveva formulato una critica durissima ai paesi che frenano come la Germania: «Alcuni politici sono ancora incapaci di decidere come limitare i petrodollari e gli eurodollari alla Russia per non metter a rischio le loro economie». Poi il leader aveva chiesto: “Quanti uomini e donne ucraini dovranno ancora morire prima che prendiate una decisione?». Ieri è stato il suo consigliere, Mykhalo Podolyak, a tornare sull’argomento con un tweet sarcastico: «È tempo di pensare a una nuova ‘moneta di scambio’ europea. Un barile di petrolio russo vale un litro di sangue strappato al cittadino ucraino. E le 140 aziende europee rimaste a lavorare in Russia = il massacro di Bucha. Aggiungi le tue originali ‘idee imprenditoriali nel sangue’”.
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Luca Pagni
L’Alto commissario agli Affari esteri Josep Borrell ha quantificato in 35 miliardi di euro i pagamenti garantiti dall’Europa dall’inizio della guerra alla Russia per le forniture di gas, petrolio e carbone. E un solo miliardo e mezzo è arrivato da Bruxelles all’Ucraina per le forniture di armi, se si contano anche i 500 milioni che saranno approvati lunedì a Lussemburgo.
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