L'epilogo della storia è di quelli che fanno indignare. Si celebra una volta l'anno la condanna verso ogni tipo di violenza contro le donne, poi la giustizia pende spesso dalla parte dei carnefici più che delle vittime.
La Corte d'Assise di Brescia ieri ha assolto Antonio Gozzini, 80 anni, perché incapace di intendere e volere a causa di un totale vizio di mente per "un delirio di gelosia che ha stroncato il suo rapporto con la realtà e ha determinato un irrefrenabile impulso omicida". L'uomo un anno fa si è macchiato di omicidio, uno di quei delittacci che sconvolgono per giorni una cittadina intera. Il pensionato, che aveva lavorato come assistente di laboratorio, ha ucciso la moglie Cristina Maioli, 63 anni, insegnante di lettere all'Itis Castelli. Poi l'ha vegliata per ore. Il 4 ottobre 2019 ha spezzato quell'amore, nato tra le aule dell'Itis. Non avevano figli, ma erano molto legati. Lei aveva chiesto tre giorni di congedo per seguire il marito, che da tempo soffriva di depressione. E forse proprio nel corso dell'ennesima lite, in cui lei cercava di convincerlo a farsi aiutare, lui è stato assalito da un raptus incontrollabile. Quel pomeriggio ha atteso che la moglie si appoggiasse sul letto per riposarsi e l'ha tramortita con un mattarello. Poi l'ha colpita alla gola e alla testa con un coltello e si è tagliato le vene. Ma è stato salvato da un amico al quale aveva telefonato confessando il delitto.
La difesa di Gozzini aveva chiesto l'assoluzione, ritenendolo incapace di intendere e volere al momento dell'omicidio, come riconosciuto dalla Corte, mentre il pm Claudia Passalacqua aveva chiesto l'ergastolo. In fase processuale, però, sia il consulente dell'accusa che quello della difesa avevano convenuto nel dire che l'anziano "era in preda ad un evidente delirio da gelosia che ha stroncato il suo rapporto con la realtà e ha determinato un irrefrenabile impulso omicida".
E ieri è arrivata la sentenza inattesa, destinata a far discutere a lungo. "Siamo soddisfatti perché rispecchia quanto emerso nel dibattimento e cioè che il mio assistito non era capace di intendere e volere", ha ripetuto il legale dell'assassino, l'avvocato Jacopo Barzellotti.
"Non sono solita commentare le sentenze – ha detto ieri la senatrice Monica Cirinnà – ma di fronte a un'assoluzione di un femminicidio per delirio di gelosia credo non si possa tacere. Sembra purtroppo un dejavù, un ritorno al passato, invece è la triste realtà. Aspetteremo ovviamente di leggere le motivazioni di questa sentenza, ma il senso sembra purtroppo chiaro e terribile: questo femminicidio non è stato riconosciuto come tale e un marito in preda alla gelosia può uccidere la moglie senza essere condannato all'ergastolo".
Una "soverchiante tempesta emotiva e passionale determinata dalla gelosia" contribuì un anno fa a mitigare anche la responsabilità di un altro femminicidio, quello della moldava Olga Mateii. La Corte di assise di appello di Bologna ridusse da 30 a 16 anni la pena per Michele Castaldo, che l'aveva strangolato a mani nude la donna. Erano legati da una relazione di poche settimane.
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