ROMA – Il decreto immigrazione torna a rischio. Solo ventiquattr'ore fa è stato approvato dalla Camera dei deputati, dove era arrivato dopo più di un anno di stop and go, ritardi e limature, malumori dei grillini e testo riscritto dal Viminale. La maggioranza giallo-rossa sembrava essere riuscita ad archiviare le politiche sulla sicurezza di Matteo Salvini, mancando solo il voto del Senato. Qui il via libera deve esserci entro il 20 dicembre.
Parlamento
Decreti sicurezza, sul voto in Aula l'incognita 5S. Il Pd in pressing
di
Giovanna Casadio
Ma è arrivata a sorpresa la notizia che la presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati ha deciso di fare esaminare il provvedimento da due commissioni, e non dalla sola Affari costituzionali, bensì anche dalla Giustizia, prima ovviamente dell'approdo in aula con tempi appunto contingentati.
Tecnicismi? Non tanto. La commissione Giustizia infatti è l'unica guidata dalla Lega, che ha annunciato le barricate e di volere in ogni modo ostacolare il nuovo decreto sui migranti. A Montecitorio ieri ha esposto un lungo striscione contro "il decreto clandestini". Il presidente è rimasto il leghista Andrea Ostellari, perché durante il rinnovo delle presidenze delle commissioni la scorsa estate, nel voto segreto è stato fatto fuori il candidato giallo-rosso, Pietro Grasso, ex presidente del Senato ed ex procuratore antimafia.
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"Una cosa incomprensibile e sconcertante, chiederò spiegazioni alla Casellati", è sbottato il dem Dario Parrini, presidente della Affari costituzionali che era riunita per decidere sui nuovi collegi elettorali, quando è stata comunicata la scelta . La discussione si è accesa. Per il Pd "è clamoroso", dal momento che solo quattro pagine su 25 del decreto immigrazione sono collegabili alle competenze della commissione Giustizia. A questo punto, il leghista Roberto Calderoli ha fatto notare che tutti i componenti di quella commissione, grillini e dem inclusi, ne hanno chiesto l'esame. Smentita a stretto giro di posta, con code di polemiche.
E' cominciato il tam tam dei comunicati dei partiti. Il Pd protesta. I capigruppo nelle commissioni Valeria Valente e Franco Mirabelli chiedono spiegazioni: "E' una decisione della Casellati, sollecitata dal presidente leghista? Non ne capiamo il motivo. L'esame di questo tipo di provvedimenti, di pertinenza del ministero dell'Interno, è sempre stato assegnato alla Affari costituzionali, così è stato alla Camera, così è stato anche per i decreti di Salvini".
Stessa osservazione di Julia Unterberger e Gianclaudio Bressa per le Autonomie e di Loredana De Petris per Leu. I 5Stelle a loro volta scendono sul piede di guerra con le capigruppo delle due commissioni Maria Laura Mantovani e Grazia D'Angelo: "E' una scelta singolare. A quanto ci risulta alla presidente Casellati è giunta una richiesta in tal senso da parte della presidenza leghista della commissione Giustizia senza che vi sia stata, di questo siamo certi, una decisione presa a maggioranza tra le senatrice i senatori di quella commissione, nè un pronunciamento dei capigruppo. Chiediamo pertanto che il provvedimento venga riassegnato esclusivamente alla commissione Affari costituzionali nel rispetto dell'abituale organizzazione dei lavori parlamentari".
A difesa di Casellati e del doppio esame è il centrodestra che fa sapere che la doppia assegnazione "è logica", vista la "naturale e ovvia competenza per materia". La nota è firmata dai capigruppo di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia – Simone Pillon, Giacomo Caliendo e Alberto Balboni. Anzi, ritengono che il contrario sia una indebita invasione di campo. Ma la contesa tra le commissioni è solo la cartina di tornasole che fa deflagrare lo scontro tra il centrosinistra e la destra. Al centro le politiche sui migranti di Salvini su cui voltare pagina.
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