Ogni giorno, i dati sul coronavirus dell'istituto universitario Johns Hopkins vengono pubblicati e sudiati in tutto il mondo. Ma chi era l'uomo che ha dato il nome al prestigioso ateneo citato quotidianamente dai media planetari?
Secondo i documenti resi pubblici dalla stessa Johns Hopkins University possedeva degli schiavi. Lo studio contraddice quanto finora ritenuto, ossia che il filantropo, con la cui donazione fu fondato l'omonimo ospedale e centro di ricerche in Maryland, fosse invece un abolizionista.
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La ricerca dell'università sostiene che in casa Hopkins fino al 1850 c'erano schiavi mentre si riteneva che nel 1807, quando il giovane Hopkins fu richiamato a casa dal collegio per lavorare nella piantagione di tabacco di famiglia in Maryland, il padre aveva liberato tutti gli schiavi di cui era proprietario. Ma ora questa rivelazione getta nuova luce sui rapporti complessi delle istituzioni con lo schiavismo. La Johns Hopkins è solo l'ultima in ordine di tempo a fare i conti con il suo controverso passato.
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"Ora abbiamo i documenti del censimento del governo che affermano che il signor Hopkins era il proprietario di almeno uno schiavo nel 1840 e di quattro schiavi elencati nel 1850", hanno scritto il presidente Ronald J. Daniels e altri funzionari scolastici in una lettera alla comunità Johns Hopkins.
Una scoperta dolorosa, secondo il presidente della Johns Hopkins University, il quale però sottolinea che la pratica di possedere schiavi non è ciò che ha definito l'istituzione. Resta ora da capire come la notizia verrà accolta a Baltimora, una città a maggioranza nera che con l'università ha avuto spesso delle relazioni tese anche perché i residenti sono stati spostati dai quartieri intorno alle strutture della Johns Hopkins durante i progetti di espansione e riqualificazione.
Alcuni, nella comunità scientifica segnalano anche il caso di Henrietta Lacks, che risale al 1951, come ragione per cui diffidano dell'istituzione. Alla donna, morta per un cancro, durante una biopsia furono prelevate alcune cellule tumorali uterine che successivamente furono commercializzate rivelandosi una grande scoperta scientifica e una miniera d'oro. Nessuno chiese il suo consenso, ma le sue cellule sono state ampiamente utilizzate nella ricerca biomedica.
I funzionari hanno affermato che la scuola continuerà a fare ricerche sulla vita di Hopkins nei prossimi mesi per "avere un quadro completo", poiché non esiste una biografia completa del fondatore dell'università e come parte dell'impegno della scuola "per approfondire la nostra comprensione storica dell'eredità del razzismo nel nostro paese, nella nostra città e nelle nostre istituzioni".
Hopkins morì nel 1873 e lasciò 7 milioni di dollari per aprire un'università, un orfanotrofio e un ospedale. La donazione all'epoca era considerata il più grande dono filantropico fatto negli Stati Uniti. Oggi la scuola conta circa 27.000 studenti e i suoi ricercatori hanno vinto 29 premi Nobel. L'università privata ha svolto un ruolo di primo piano a livello mondiale nel monitoraggio della diffusione del coronavirus. Una dashboard online del Center for Systems Science and Engineering dell'università tiene traccia dei casi segnalati quasi in tempo reale, fornendo informazioni ai funzionari della sanità pubblica, ai media e al pubblico.
Martha S Jones, una professoressa di storia di Hopkins, ha scritto in un articolo per il Washington Post che le nuove informazioni sul fondatore dell'università scuoteranno la comunità scolastica. "Quest'anno, molti di noi alla Johns Hopkins sono orgogliosi di far parte di un'istituzione che ha affrontato brillantemente la pandemia di coronavirus", ha scritto. “Quell'orgoglio, per me, ora si mescola all'amarezza. La nostra università è stata il dono di un uomo che ha scambiato la libertà e la dignità di altri uomini e donne ".
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