Fulvio Collovati, suo grande amico e campione del mondo nel 1982, ha saputo della morte di Paolo Rossi dalla moglie Federica. “Paolo se n’è andato con il garbo con cui ha vissuto. Ci siamo sfidati in campo, abbiamo vinto insieme il Mundial, abbiamo lavorato insieme in Rai. Non l’ho mai visto senza sorriso, nemmeno nei momenti più complicati”.
Quando vi siete visti l’ultima volta?
“Due mesi fa, in Rai. Ma ci sentivamo sempre nella chat del Mondiale di Spagna, che Altobelli ha aperto qualche anno fa. Paolo rispondeva sempre meno, sempre alla sua maniera divertente e gentile. Abbiamo capito e ci siamo preoccupati. Sapevamo che stava lottando, abbiamo cercato di essergli vicini”.
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Com’era come compagno di squadra in Nazionale?
“Un esempio di leggerezza e nervi saldi. E anche un benefattore, nel senso che ha fatto del bene a tutti noi che abbiamo partecipato alla spedizione. Con i suoi gol ci ha reso tutti campioni del mondo. Una parte della mia vita se n’è andata con lui, e sono sicuro valga per tutti quelli che c’erano, che erano lì”.
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E come avversario?
“In campionato l’ho marcato per dieci anni. Era rapido, fulmineo. Più che la velocità di gamba, stupiva quella di pensiero. Lo tenevi per novanta minuti e negli ultimi due ti andava via. Sapeva dove sarebbe andata la palla. Era intuitivo, fosforo puro”.
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Come amico?
“Una meraviglia. Era rimasto solare, nonostante gli infortuni che lo hanno costretto al ritiro a 31 anni. La vita gli ha dato tanto, ma tanto gli ha tolto, eppure non ha mai perso la sua gioia di fondo, la sua grande serenità. È rimasto fino alla fine il ragazzo che scherzava nelle camere d’albergo in Spagna, quando a noi sembrava più difficile sopravvivere alla noia del ritiro che battere la Germania”.
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