Maggioranze incerte e numeri ballerini: alla fine della sua prima giornata da premier incaricato Mario Draghi ha la consapevolezza che l'impresa che l'attende non è di portata inferiore a quelle che ha affrontato a capo di Bankitalia o della Bce. Dopo aver accettato con riserva il mandato che Sergio Mattarella gli ha consegnato,
Draghi ha lasciato sul campo quattro sfide ("Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese") e un monito a gruppi parlamentari e forze sociali: "Serve unità e capacità di risposta responsabile". Ora attende che attorno a lui, in un mondo politico in subbuglio, si formi una coalizione che al momento non c'è.
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di
Giovanna Casadio
A confermarlo è lo studio dei numeri – esercizio coltivato per una vita – che lo accompagna anche in questo nuovo debutto, mentre si consumano gli incontri rituali con i presidenti delle Camere e con l'ex premier Giuseppe Conte, l'"avvocato del popolo" inghiottito da una crisi in piena pandemia. Draghi, mentre scivolano via questi appuntamenti istituzionali, registra che gli unici partiti a rispondere prontamente al suo appello sono il Pd e Italia Viva, più una galassia di piccole formazioni centriste ed europeiste dalle quali emergono Emma Bonino ("Se non avesse la fiducia sarebbe la catastrofe per il Paese") e un Bruno Tabacci che nel suo personale pantheon l'ha già collocato "fra Pelè e Superman".
Troppo poco, evidentemente, per l'ex capo della Banca centrale europea, che in vista delle consultazioni che avvierà oggi pomeriggio può salutare almeno una risposta positiva della Borsa al suo incarico: lo spread Btp-Bund chiude in netto calo, a quota 105 punti.
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di
Emanuele Lauria
A preoccupare, dunque, sono le altre cifre, quelle parlamentari. Un incontro in remoto fra i vertici di Pd, M5S e Leu partorisce la disponibilità a una "prospettiva unitaria" e Nicola Zingaretti si schiera apertamente con Draghi: "Può farci uscire dall'incertezza creata da una crisi assurda". Ma i 5Stelle sono una polveriera, dentro la quale deflagrano i no a un governo tecnico.
"Leali a Conte", fa sapere Grillo. "Con tutto il rispetto per Draghi, la strada è un'altra: è un esecutivo politico", annota Luigi Di Maio. Anche all'interno di Leu c'è un acceso dibattito. Scenario simile dall'altra parte dell'emiciclo: una riunione fra i leader del centrodestra partorisce solo l'intenzione di marciare uniti ma nei fatti Forza Italia occhieggia a "SuperMario", Matteo Salvini tentenna e solo Giorgia Meloni continua a battere con forza sul tasto delle elezioni.
Aggiungendo che, nei confronti del governo in cantiere, potrà spingersi al massimo all'astensione.
Condizione che mette Draghi di fronte a scenari diversi. Il primo quello di uno schieramento che ricalca l'uscente, puntellato dai "responsabili" e rinsaldato da forze come +Europa, Azione di Calenda e "Cambiamo!" di Toti: questa formula sarebbe sorretta da 366 voti alla Camera e 179 al Senato. Avrebbe la maggioranza assoluta, seppur non amplissima.
Se Forza Italia si unisse a questa coalizione (nel "modello Ursula" che nel 2019 elesse Von der Lyen alla presidenza della commissione Ue) i voti salirebbero a 457 a Montecitorio e 231 nell'altro ramo del parlamento. Ma se M5S (il primo partito rappresentato nei due emicicli) dovesse venire meno, un rassemblement delle forze che vanno dal Pd a Forza Italia, tenendo dentro Leu e gli altri "cespugli", non avrebbe i numeri giusti: 266 seggi alla Camera e 139 al Senato. In questo caso potrebbe nascere solo un governo di minoranza, con l'astensione di M5S che farebbe scendere la soglia per la fiducia.
Ecco perché la posizione di M5S diventa determinante. Ma anche quella della Lega, la seconda forza parlamentare. Come segnalato da un'analisi di YouTrend, realizzata con Cattaneo Zanetto&Co., se il Carroccio dovesse scegliere di votare a favore di Draghi assieme a Fi, lasciando Fratelli d'Italia sull'Aventino, la maggioranza sarebbe praticamente certa anche senza l'appoggio grillino: 400 voti su 630 alla Camera e 199 su 315 a Palazzo Madama. Nota a margine: anche una semplice astensione dei salviniani, che farebbe scendere l'asticella per la fiducia a quota 127, potrebbe far nascere un governo di minoranza, stavolta orfano dei 5S. Tante le ipotesi in campo, per un sudoku che è il primo cimento del banchiere che "scopre" la politica.
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