Dimmi che dna hai e ti dirò come dimagrirai. È questo più o meno il principio su cui si basa la cosiddetta dieta nutrigenetica, un fenomeno che sta spopolando nel settore dell'alimentazione e del fitness, veicolato dalla rete e dai social network in particolare.
La nutrigenetica è una scienza che studia le interazioni tra il dna e il cibo che mangiamo ma evidenze scientifiche sull'efficacia in ottica di dimagrimento non esistono. "Abbiamo osservato il boom sul web e sui social network di aziende che, dietro pagamento, analizzano il genoma dei clienti e formulano dei piani dietetici personalizzati" spiega Dario Piermatteo, co-fondatore e referente scientifico per le biotecnologie dell'associazione no profit Visionari, nata per promuovere l'utilizzo responsabile di scienza e tecnologia per il miglioramento della società. "L'analisi del dna avviene tramite kit, con cui il cliente preleva della saliva da spedire all'azienda, che si può limitare a sequenziare il genoma e inviare il file al proprietario oppure può fornire il servizio completo, compreso il piano dietetico. Nel primo caso la spesa sarà di circa 150-200 euro, cui si dovrà aggiungere il costo della dieta, nel secondo il prezzo si aggira intorno ai 180-250 euro".
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Il giro d'affari stimato solo di questi kit per l'invio della saliva verso gli Stati Uniti è nell'ordine di 300 milioni di dollari l'anno, con una crescita prevista del 15-20% annuo, stando allo studio che sta portando avanti l'associazione. Un volume di denaro che aumenta vorticosamente se si considera quello movimentato dai servizi di genomica sviluppati dalle startup. "In questo caso si può arrivare anche a 3,2 miliardi di dollari l'anno" continua Piermatteo. "Un fenomeno quello della dieta nutrigenetica che da una parte è agevolato dal fatto che si tratta di una dieta 'one shot', definitiva, perché basandosi sul dna non necessita di controlli o modifiche nel tempo; dall'altra c'è la semplicità e l'immediatezza del digital delivery per la ricezione del kit e l'invio della saliva. Fortunatamente gli effetti sulla salute, per quanto l'efficacia sia oltremodo dubbia, non sarebbero così dannosi: tutt'al più si rischia di non modificare lo status iniziale, ossia non si perde peso".
Per l'utente finale, attratto da slogan e messaggi pubblicitari allettanti è difficile comprendere se quello che sta comprando è effettivamente una soluzione valida alla ricerca del benessere e della forma fisica perché questo metodo nasconde diversi lati oscuri, specialmente per i non addetti ai lavori. Perciò è facile finire in mano a ciarlatani senza scrupoli che hanno come unico obiettivo quello di far dimagrire sì, ma il portafogli del malcapitato.
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"La diete nutrigenetiche non possono funzionare perché ignorano completamente l'epigenetica, la scienza che studia come il dna si modifica non nella struttura ma nell'espressione"- spiega Luca Speciani, medico chirurgo, alimentarista, fondatore col fratello Attilio della dieta GIFT, basata su un approccio terapeutico che unisce movimento fisico, alimentazione, integrazione mente-corpo e minor uso possibile di farmaci. "La nutrigenetica concettualmente è superata perché non considera quei fattori che possono determinare la mutazione dell'espressione di un determinato gene. Questi fattori possono essere tanti, in primis l'ambiente in cui si vive. Per cui formulare una dieta dimagrante sulla base del patrimonio genetico, come fa la nutrigenetica, senza considerare come il dna si esprime (l'imprinting epigenetico) è del tutto fuorviante e inutile. Diverso è il discorso se questa analisi si fa per scoprire se ci sono delle alterazioni a livello metabolico o delle predisposizioni a certi tipi di patologie, o ancora se si vogliono individuare alimenti che provocano un certo disturbo. Ma qui parliamo di tutt'altra finalità. Certamente diversa da quella di attirare clienti con un claim evocativo, come quello che contiene la parola 'gene', per poi rifilare, in fin dei conti, una dieta ipocalorica tradizionale, che necessariamente porta a un dimagrimento. Ma che di genetico ha ben poco".
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