Dopo Maradona, era l’altro orgoglio di questa città. Il Banco di Napoli ha cessato di vivere ufficialmente il 26 novembre 2018. Dopo quella data anche alle poche insegne rimaste in giro non ha corrisposto altro che il nulla. E la memoria rischia di perdersi per sempre. «Eppure la storia di Napoli deve molto al suo istituto di credito», dice Gaetano Bonelli, giornalista e forse il più grande appassionato di “ cose di Napoli” di tutti i tempi, vista la passione con cui parla della città, che considera una parte di sè. « È stata una delle banche più antiche del mondo e non è giusto sottrarre ai giovani una parte della loro storia e delle loro radici».
È con questo spirito che è stata inaugurata “ Banco di Napoli, un grande istituto in mostra” nel Museo di Napoli- Collezione Bonelli all’interno della Fondazione Casa dello Scugnizzo in piazzetta San Gennaro a Materdei, 3, per ora visibile solo sui social con collegamenti via web, ma che sarà aperta fino al 28 febbraio. Poi, una visita la merita comunque nel dopo- Covid, questa preziosa raccolta, che, tutta intera, consta di 20 sezioni, di cui quella sul Banco di Napoli è compresa nel settore “ Economia”. Documenti, oggetti e testimonianze che risalgono al XVI secolo per tutte le sezioni, mentre il documento più antico esposto sull’istituto di credito partenopeo è datato 1720, ed è un contratto di credito con cui un tale Giuseppe Gallo acquistava del vino tre secoli fa attraverso l’istituto di credito, che allora era composto da 8 diversi “ banchi”, e quello al quale si era rivolto il compratore era il cosiddetto Banco dei Poveri.
Bonelli ha voluto aprire la raccolta alla visione pubblica attraverso i social proprio il 26 novembre, esattamente a due anni dalla data di chiusura del Banco, che si concluse dopo dieci anni circa di operazioni che portarono alla sua chiusura definitiva.
« La mostra è un gesto d’amore per un’istituzione che venne soppressa dopo 555 anni di vita – spiega il cultore di storia “materiale” napoletana – e nel promuoverla rispondo al desiderio e al dovere di fare in modo che il suo patrimonio non si disperda. Fu la prima banca italiana ad avere una sede a New York, ma anche succursali nei centri più piccoli d’Italia. Con grande spirito di sacrificio ho cercato di recuperare tutto il possibile, creando una raccolta unica al mondo: l’insieme di documenti e oggetti di carattere antropologico più importante che esista, che include materiali che vanno dal XV al XX secolo, con un corpus principale più consistente dedicato al XVIII-XX secolo: tutta Napoli, anno per anno e capitolo per capitolo.
Documenti, oggetti e cimeli sono divisi per aree tematiche che vanno dall’emigrazione alla fotografia, all’igiene, alla farmacopea, al teatro, allo spettacolo, tutto ciò che concerne e informa una città. Oltre diecimila testimonianze, e molte sul Banco di Napoli provengono da questa straordinaria collezione. La mostra, quindi, è la più importante mai realizzata che sia stata dedicata a una banca, con assegni, medaglie, brochures, libretti di credito e anche qualche curiosità unica: una fede di credito e una madrefede del 1814 e ‘15 a firma del generale Pietro Colletta; ma anche il contratto d’affitto su carta intestata del Banco di Napoli dell’acquisto dell’appartamento di via Filangieri dove si legge la lapide: “ Qui visse e morì Saverio Mercadante”, e l’ultimo autografo del musicista a pochi mesi dalla morte, di cui quest’anno cadono i 150 anni. In mostra c’è anche il libretto di conto corrente più antico che si conosca, datato 1878 » . E poi manifesti, locandine degli anni Venti, Trenta e Quaranta del Novecento, a firma di illustratori famosi, uno per tutti: Ciavatti, quello che disegnava le truppe della Seconda guerra mondiale.
Bonelli, che racconta con passione tutto quello che ha fatto per poter mettere insieme queste testimonianze, che hanno trovato ospitalità da qualche tempo nella sede della Fondazione Casa dello Scugnizzo a Materdei, illustra le sue meraviglie: « Un libro, unico esemplare conosciuto al mondo, dal titolo “ La lirica nel Banco di Napoli in occasione del suo quadruplo centenario”. L’autore, il futurista Francesco Cangiullo, dopo la caduta del regime fascista, si vergognò di aver scritto quel testo, stampato in 125 esemplari su carta pregiata, tanti quanti erano i funzionari del Banco di Napoli. Il “libercolo” conteneva anche echi di antisemitismo, e per questo, pentito, Cangiullo implorò quei funzionari perché gli restituissero tutte le copie della tiratura limitata » . Qualcuno non ottemperò, e oggi quella copia, unica, è arrivata alla collezione Bonelli.
Tra i pezzi più interessanti, poi, l’atto della nuova nascita postunitaria del Banco di Napoli, racchiuso in un regio decreto che attesta l’inizio dell’attività. Il proprietario della raccolta, che provava da molto a realizzare il sogno di una mostra, ha chiesto da anni anche l’intitolazione alla banca sparita «non di una via, perché “ via Banco di Napoli” sarebbe il ricordo incancellabile della fine di una istituzione importantissima per la città, ma piuttosto di un largo o una piazza. Attendo che il Comune produca la designazione per la ». Accontentarlo, vista la sua dedizione alla memoria della città declinata in tutte le sue componenti, sarebbe quanto meno doveroso.
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