È una di quelle domande gravose. Un quesito che porta in dote un certo grado di mistero: cosa succederebbe tra le mura leonine (e non solo) se il Papa dovesse contrarre il Covid-19? Nel periodo che viviamo, poi, la questione è più attuale che mai. In Vaticano hanno preso tutte le contromisure del caso sin dalla prima quarantena: la Chiesa si è omologata alle restrizioni statali. Il che può aver fatto storcere il naso ai cattolici più intransigenti, ma tant'è. La Santa Sede non può rischiare. Santa Marta, il posto che Jorge Mario Bergoglio ha scelto per risiedere sin dall'inizio del pontificato, ha affrontanto più di qualche positività da Sars-Cov2 nel corso di questi mesi. E il confronto tra l'uomo, vale pure per quelli consacrati, ed il virus avviene mentre vescovo di Roma è peraltro immerso in una "rivoluzione" che non ammette deroghe.
Tra pentole "scoperchiate" dall'interno come sul caso dei fondi della segreteria di Stato su cui si continua ad indagare e la creazione di nuovi cardinali, l'azione del pontefice argentino non si è fermata. Certo, le visite apostoliche non sono possibili, e gli appuntamenti tradizionali – persino i concistori – sono soggetti a necessarie rivisitazioni in chiave contemporanea. Niente Cina, Russia ed Argentina per ora: i tre grandi "sogni" mai riposti nel cassetto. E le "nomine" delle nuove tredici porpore si dovrebbero tenere online. Poi, da un momento all'altro, potrebbe scoccare l'ora della nuova Costituzione apostolica, che nei piani del vescovo di Roma avrebbe il compito di modificare le gerarchie interne, riequilibrare certe logiche e così via. Si fa un gran parlare, ad esempio, di un ridimensionamento per l'ex Sant'Uffizio e dell'estensione dei poteri della segreteria di Stato, ma non c'è nulla di confermato. Il pontificato di Francesco è giunto ad un punto decisivo. Essere costretti a delegare in circostanze così è sconsigliabile o comunque non previsto. Ecco alcuni perché di quella domanda, oltre alle ragioni naturali.
Lo ha notato anche Gianluigi Nuzzi, che ne Il Libro Nero del Vaticano chiede e riflette a sua volta: "Una domanda viene sussurrata con gli occhi rivolti proprio alla residenza del Pontefice, è un interrogativo che crea profondo disorientamento: se il Santo padre dovesse ammalarsi, cosa accadrebbe?". Già, e chi lo sa. Una parte di quell'opera è stata pubblicata su La Stampa. Si tratta dei libri inchiesta che abbiamo avuto modo di conoscere e di apprezzare in questi anni, più altri contenuti mai pubblicati. La risposta in realtà esiste: nessuno sostituisce il Papa della Chiesa cattolica. I cardinali, anche in caso di malanno, hanno il compito di governare la Chiesa, a seconda del ruolo che ricoprono. Ci si ricorderà degli ultimi anni di pontificato di San Giovanni Paolo II e delle polemiche per via di un governo davvero "sinodale", perché composto da un insieme di alti ecclesiastici privi del tutto o quasi della voce esecutiva del Santo Padre.
Bergoglio poi non ha un "numero due". Il ruolo che, con un po' di fantasia, potrebbe essere associato a monsignor Stanislaw Dwisiz, oggi impegnato in patria a difendersi da accuse di coperture mosse da progressisti per l'epoca del Papa polacco ed a padre Georg Gaenswein per quella ratzingeriana. I critici dell'andazzo sostengono che Francesco sia un accentratore. Una ennesima caratterizzazione tesa forse a descrivere il carattere di una personalità che dovrebbe agito senza troppe consultazioni quando ha preso decisioni importanti, ma che può anche essere viziata dal solito pregiudizio "anti-bergogliano". Sappiamo cosa accade nel momento in cui dovesse ammalarsi un premier: quando Boris Johnson ha contratto il Covid-19, le sue funzioni sono state svolte dal segretario della Difesa. E di regole simili ne esistono per ogni eventualità che riguardi le istituzioni democratiche. La Chiesa no, proprio perché non è una democrazia, e neppure un partito politico come ha da poco rammentato proprio l'ex arcivescovo di Buenos Aires, non può prevedere nulla di simile.
Joseph Ratzinger, con la sua rinuncia, ha forse creato un precedente capace di segnare la via per ipotetiche circostanze del futuro. Benedetto XVI, checché se ne dica, ha creato ex novo la figura del "papa emerito", e se un successore di Pietro un domani volesse dimettersi, allora potrebbe sulla scia del nuovo istituto inaugurato dal tedesco. A quel punto scatterebbero la sede vacante ed un nuovo Conclave. Altrimenti no: Francesco, come ogni altro pontefice della storia, non è sostituibile.
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