"Era un'isola felice, i bambini giocavano in cortile e noi trascorrevamo il nostro tempo al "Brocason", come chiamavamo il circolo ricreativo dove ci sfidavamo a carte e a bocce. Poi sono arrivati gli spacciatori nel parco, hanno iniziato a vendere morte e degrado, e l'isola felice è diventato il loro nascondiglio. Così abbiamo alzato il muro, ma faremo anche una recinzione e la sbarra all'ingresso". È una domenica con più sole nella periferia nord di Torino, vicino al parco Sempione, in quello che è conosciuto come "Villaggio". Come ogni giorno si ritrovano in cortile, ma da un paio di settimane si sentono sollevati "perché stiamo risolvendo il problema. Vogliamo sicurezza e decoro ma da due anni tutto è cambiato così ci siamo organizzati".
Il "Villaggio" è un po' un mondo a sé, una decina di case unite da una stradina privata e oltre 200 famiglie. Un piccolo quartiere nel quartiere da dove si poteva accedere anche al parco Sempione, ma quel varco con il tempo si è trasformato in un problema, così lo hanno chiuso con un muro di una quindicina di metri e il sostegno di circa il 60 per cento delle famiglie. "Ci siamo autotassati con 50 euro a famiglia, ma non hanno partecipato tutti: ai pensionati, ad esempio, non abbiamo proprio chiesto, altri hanno messo quanto potevano", spiega uno dei residenti, Nicola Metta. È tra i promotori che hanno permesso in poco tempo di arrivare a 5mila euro, la somma necessaria per pagare la ditta per costruire il muro, "perché facciamo tutto in regola, è proprietà privata ma noi abbiamo chiesto tutti i permessi: vogliamo vivere in sicurezza, non contravvenire alle regole".
Di esempi, per spiegare la sicurezza che era venuta meno, ne hanno tanti come i ricordi. Dai bidoni con gli escrementi, ai rifiuti che spazzavano da soli togliendo anche siringhe e profilattici e infine agli incontri con i clienti dei pusher stessi. "Arrivano e li vedi con i bei macchinoni, passano sfrecciando, prendono quel che devono prendere e vanno via". Un episodio tra tutti, citano, di una donna "di sicuro una cliente, si è accovacciata per urinare e ha minacciato di denunciarci per molestie perché l'abbiamo invitata a non farlo". Ma ci sono anche le auto che sfrecciano, "una volta addirittura un carro attrezzi, che si è portato avanti due bidoni. E se ci fossero stati bambini?".
È quella la più grande delle preoccupazioni. E non vogliono che sia un deterrente per le giovani famiglie e che il quartiere si spopoli, tanto che in estate hanno provato a ripopolarlo scendendo anche loro in cortile con i bambini a fare chiasso insieme. "La verità è che i primi a soffrire di questo muro siamo noi perché abbiamo dovuto limitare noi in primis la nostra libertà ma è stata una decisione necessaria. I nostri figli devono vivere e crescere al sicuro", dice determinato Raffaele Delle Cave, Raffa per tutti, che vive nella scala vicino al parco. Il suo balcone dà proprio sul muro, e quindi sul ritrovo: "L'altro giorno mia figlia mi dice: "papà vieni a vedere, ma cosa fanno?". E c'erano due che si bucavano. Cosa devo dirle? E non ci dicano che c'entra il razzismo".
Da quando il muro è stato alzato assicurano che la situazione va meglio. Qualche residente non è felice, "perché deve fare il giro per portare il cane a spasso, ma anche chi non ha pagato e sta vedendo i risultati ci sta chiedendo di partecipare". Silvana, ad esempio, ha due cagnolini, Queen e Trilly, e da qualche giorno deve fare il giro ma non è un sacrificio: "L'estate scorsa ho trovato un ladro in casa, abito al primo piano ed è entrato alle otto di sera mentre guardavamo la televisione", ricorda bene. E ora puntano alle prossime tappe: la recinzione, che potrebbe costare quasi tre volte il muro e la chiusura della via. "Siamo la conseguenza dell'abbandono di anni del quartiere, mentre invece curavano la città – spiega Antonino Averna -. Poi sono iniziati anche i lavori del troncone qui in corso Grosseto e tutto è cambiato. Sono arrivati i tossici, e quello che non arriva a pagare la dose può essere pericoloso". Lui è dal 1999 che abita lì, prima viveva in via San Secondo, e ricorda di come si vivesse bene in passato ma anche quello recente, con le minacce a gesti quando qualcuno li spingeva ad andare via. Ora però vedono i risultati: "Noi qua ci gestiamo, lavoriamo tutti insieme, ogni scala ha un referente. Non siamo ricchi ma uniti possiamo risolvere. Non siamo noi a dover andare via".
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