Il titolo originale dice Auschwitz Untold in Color e l'effetto della colorizzazione delle immagini storiche dal campo di Auschwitz-Birkenau è di quelli sottoposti a dibattito. Due correnti da sempre, chi pensa che le immagini del drammatico bianco e nero di allora non vadano toccate né restaurate in alcun modo e chi, compresi testimoni di allora, ritiene assai più realistica la resa coi colori e dice: non eravamo in bianco e nero, ad Auschwitz. Ma poi a ben guardare si scopre che in questo doc che Rai Storia presenta in prima tv mercoledì 27 gennaio, alle 21.10, per il Giorno della Memoria, conta soprattutto altro.
'Testimoni di Auschwitz', racconti dai campi di sterminio – clip
E sono le testimonianze di quindici sopravvissuti di allora, bambini ad Auschwitz, alternate alla rievocazione per immagini e forse mai ascoltate e riportate con questa forza feroce nei particolari. E c'è anche un agghiacciante ponte con il presente: solo alla fine si scopre che l'anziano signore ebreo che è stato protagonista di molti interventi durante il documentario oggi vive a Pittsburgh: dove le videocamere lo seguono alla guida della sua auto, lui va a e parcheggia davanti alla Sinagoga. Come fece quel giorno del 2018, salvo sentire delle detonazioni, provare a uscire dall'auto e incrociare lo sguardo di un tizio con fucile in mano: pochi secondi di sospensione per entrambi, poi il tizio se ne andò. Nella Sinagoga aveva appena ucciso undici persone in preghiera e sfamato così il suo delirio suprematista.
Ma le storie sono molte, in questo doc (in italiano: Testimoni di Auschwitz) perché i testimoni che raccontano sono quindici e le vicende si intrecciano, passando dall'efferato al sublime: come per una bellissima signora ottantenne che racconta essere nata il giorno prima della liberazione di tutti da Auschwitz, dentro il campo: la mamma era riuscita a nascondere una gravidanza nata in un incredibile attimo di amore fisico rubato nove mesi prima, con un compagno di prigionia, in barba ai carcerieri, che da quelle parti sparavano a vista per molto meno.
Non è il solito documentario, questo. A patto di immergersi con attenzione nel racconto senza trattarlo alla stregua della consueta testimonianza dai campi di sterminio. Lo ha realizzato la Fulwell 73 che è una casa di produzione inglese di rango e di molte produzioni attuali per Netflix e compagnia (tra i soci c'è anche l'attore e conduttore James Corden, famosissimo in Gran Bretagna): per la voce narrante si è prestato un gigante come Ben Kingsley e l'intenzione, più o meno dichiarata, era quella di far compiere un passo avanti, come se fosse un pezzo di una docuserie moderna, alla narrazione relativa agli anni più tremendi del Novecento. Missione abbastanza compiuta, in un lavoro che lascia il segno ma soprattutto, come detto per la vicenda incredibile del signore ebreo di Pittsburgh – sopravvissuto a vita e a dispetto di tutto e tutti contro la ferocia e la barbarie – apre a riflessioni e paralleli con la situazione attuale e con il pericolo mai interrotto della sopraffazione violenta, quella con la dignità stessa dell'essere umano al centro del mirino.
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