Sono undici gli avvisi di garanzia arrivati ad altrettanti medici dell'Humanitas, l'ospedale milanese dove era stata curata la modella e supertestimone del caso Ruby Imane Fadil nelle settimane prima della sua morte. L'iscrizione, decisa dalla procura di Milano in questi giorni, è avvenuta nell'ambito del fascicolo sulla morte della modella marocchina 34enne ospite delle cene eleganti di Arcore.
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L'indagine, affidata al pm Luca Gaglio del dipartimento dell'Aggiunto Tiziana Siciliano, nasce dal respingimento della richiesta di archiviazione siglato dalla gip Alessandra Cecchelli nelle scorse settimane. La giudice infatti aveva fissato "un termine di sei mesi" per il compimento di ulteriori indagini sulla morte della modella finalizzate, in particolare, "a determinare se sia ravvisabile un nesso eziologico tra la condotta dei sanitari e la morte di Fadil". La modella marocchina è morta a 34 anni nella clinica Humanitas di Milano il primo marzo del 2019 per un'aplasia midollare associata a un'epatite acuta, un'entità clinica estremamente rara e grave.
La prima ipotesi, poi esclusa era stata di avvelenamento.
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In una nota "Humanitas esprime ferma convinzione dell'assenza di responsabilità a carico dei professionisti che si sono prodigati nelle cure di Imane Fadil, esprimendo un'altissima competenza professionale e appropriatezza delle cure. A seguito delle decisioni del GIP, gli avvisi di Garanzia ora emessi dalla Procura consentiranno ai sanitari coinvolti di meglio dimostrare la linearità dei loro atti, anche grazie al contributo di propri consulenti tecnici. Da subito l'Istituto ha collaborato alle indagini e ha fornito tutti i chiarimenti necessari all'Istruttoria, al punto che i PM avevano chiesto l'archiviazione del caso non ravvisando alcuna colpa medica".
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