Tra cinema e teatro, tra linguaggi crudi e invenzioni poetiche, tra periferie sociali e paradisi struggenti, in un percorso sempre fatto di testi corsari e vuoti a perdere, col sostegno culturale di Nanni Moretti o di Mario Martone, e con progressiva fiducia della scena pubblica, l’indipendente Eleonora Danco ha sconfinato nel 2014 nel lungometraggio con un film-manifesto, N-Capace, che ancora suscita devozione e ammirazione, tant’è che Rai5 lo mette ora in onda lunedì 18 alle ore 22.45.
Eleonora, se lei dovesse rifare il punto su questo suo film, cosa direbbe oggi?
"È un film senza tempo, perché non ho lavorato sull’attualità. Ho preso a spunto l’animo umano, la condizione inconscia dei personaggi. Ho tolto l’epoca, la quotidianità dai luoghi, ho evitato denunce visive, cronache databili. Ho coinvolto le età estreme di anziani e adolescenti, e l’unico trait d’union sono io, anima in pena".
Che temi mette in campo, 'N-Capace'?
"Lotta con i luoghi e coi ricordi, con figure di un’infanzia mentale e fisica, e ritrae creature della strada, oltre a mio padre e alla sua badante. La strada è essenziale come elemento di potenza visiva. Ho cercato di creare un’astrazione con inquadrature fisse, per farci vivere dentro delle cose, con un’immediatezza che passasse più per lo stomaco che per la testa. Volevo che arrivasse anche alle persone più semplici, a un pubblico trasversale, usando materiali apparentemente sconnessi che m’avevano colpita".
Il film ha colpito tutti. Ha ricevuto due menzioni speciali al Torino Film Festival. E adesso lei è alle prese con l’avvio del progetto del suo secondo film. Di che si tratta?
"Lo devo ancora girare. Per ora ho vinto il bando del ministero come miglior trattamento per una sceneggiatura, che ho scritto. Mi sto organizzando per partire prima possibile, con un consenso produttivo. Il titolo provvisorio è “Disco inferno”, sarà un film a basso costo, per avere maggiore libertà. Al centro c’è il mondo conflittuale degli adulti, dai 20 ai 60 anni, di diversa estrazione sociale. Qui i personaggi dovranno dire cose scritte da me, li rendo incasinati, li metto sotto torchio in modo divertente. E li mostro in difficoltà non solo economica, anche emotiva. Io dovrei fare la parte di una regista tormentata".
Che Eleonora Danco dovremo immaginarci?
"Un soggetto stressato dall’universo creativo e produttivo, che testardamente vuole fare il suo lavoro, con le proprie idee, in una storia senza trama, generata dalle condizioni più intime della vita, dalle cose che non riusciamo a dire fino in fondo. Starò al centro di una decina di personaggi corali, della strada, senza magari escludere due interpreti che stimo, tutti coinvolti con un linguaggio interiore, viscerale, fatto di stati d’animo. Sarà un film molto fisico, con tanti flash, incursioni, disimpegni. Non voglio che sia morale, dovrebbe trasmettere il senso d’un gioco, il gioco dell’esistenza".
Ci sarà qualcosa d’autobiografico? E in che tipo d’ambientazioni?
"Molta Roma di periferia e di centro, l’alto e il basso, e il mare dove sono cresciuta, Sperlonga e Fondi. Ogni film ha qualcosa di personale. Qui non ho paura di mettermi in mutande, di calpestarmi un po’".
E cosa la riporterà a teatro?
"Ho un testo a cinque voci che nel 2022 dovrebbe realizzarsi, a cui sono interessati il Teatro di Roma, lo Stabile di Napoli e forse un altro teatro. Un copione con le vicende di una famiglia in due atti, “Bocconi amari” ai tempi della lira, e “Semifreddo” che è il sequel in regime di euro. Cambia tutto e non cambia niente, con gran distorsione dei rapporti. Intanto ho anche in mente, solo come autrice, un monologo che dà voce a chi ha tentato di andar via dalla provincia, ha fallito, e torna alla base d’origine. Succede".
Che pensa di questo periodo, per voi esponenti dello spettacolo?
"Un gran danno per noi individualmente e per il settore, ma dobbiamo sforzarci di reagire. Goethe ha scritto a suo tempo “Nulla è più sicuro dell’arte per sfuggire al mondo, e nulla è più sicuro dell’arte per unirsi a esso”. Contano le idee, in mancanza di mezzi. Io faccio i fare teatro a chiunque nei video sulla città che il Teatro di Roma mi ha ora chiesto. Viviamo comunque una difficoltà tremenda".
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