Più di 350mila euro versati dallo Stato per il reddito di cittadinanza sono per lo più finiti nelle tasche dei clan della Piana di Gioia Tauro. Altri 21mila erogati per i buoni spesa nei mesi del primo lockdown se li sono accaparrati gli ‘ndranghetisti della Locride e i loro familiari, inclusa la sorella di un latitante che nello stesso mese in cui riceveva il sussidio firmava buoni fruttiferi per 7mila euro. Si sono appropriati anche delle briciole e degli aiuti destinati alle famiglie in difficoltà i clan della provincia di Reggio Calabria. A scoprirlo i carabinieri del comando provinciale e delle stazioni del territorio, che per mesi hanno passato al setaccio gli elenchi dei beneficiari di indennità e sussidi.
Risultato, fra Gioia Tauro e Rosarno, 50 persone sono state denunciate per indebita percezione del reddito di cittadinanza. Fra loro ci sono anche condannati in via definitiva per mafia, inclusi diversi boss dei clan locali, e familiari diretti di elementi di spicco della cosca Bellocco – Pesce di Rosarno, negli anni passati raggiunti da sequestri milionari. Molte delle richieste – hanno accertato i carabinieri – erano state presentate da donne che hanno “dimenticato” di segnalare la presenza di condannati o detenuti per ‘Ndrangheta all’interno del proprio nucleo familiare, in modo da aggirare le norme che le avrebbero escluse dai sussidi. In altri casi invece, c’è chi ha scelto di barare sulla reale residenza. Sulla carta, madre e figlia o zia e nipote, ad esempio, vivano in due abitazioni diverse, ma in realtà dividevano la stessa casa. Risultato, entrambe ricevevano per intero il sussidio mensile di circa 800 euro al mese, cui per reddito e condizioni non avrebbero avuto diritto. Abusi, imbrogli e irregolarità che alle casse dello Stato sono già costate circa 357.000mila euro e se non fossero stati accertati avrebbero significato un ulteriore esborso di 127mila euro.
Non si tratta dei primi casi. Nei mesi scorsi, un’altra operazione dei carabinieri ha permesso di individuare altri 87 furbetti del reddito di cittadinanza, che per mesi hanno ricevuto indebitamente i sussidi. In totale, si tratta di oltre un milione di euro di aiuti finiti anche nelle tasche dei clan, per i quali sono stati avviati procedure di recupero e procedimenti penali.
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Alessia Candito
Ma negli ultimi mesi, è emerso dalle indagini, la ‘Ndrangheta ha deciso di mettere le mani anche sui bonus spesa, il sussidio mensile che va dagli 80 ai 200 euro, ideato dal governo e affidato ai Comuni nei mesi del lockdown, per permettere a famiglie e soggetti in difficoltà di acquistare cibo e beni di prima necessità. È successo ad Africo, Bianco, Brancaleone, Bruzzano, Caraffa del Bianco, Casignana, Ferruzzano, Palizzi, Samo, San Luca, Sant’Agata del Bianco e Staiti. Sono tutti Comuni della Locride ed è qui che, controllando gli elenchi dei beneficiari, i carabinieri hanno scovato e denunciato 135 persone, per metà residenti a San Luca, feudo storico dei più antichi e potenti clan della zona, che hanno barato sulle proprie reali condizioni, pur di strappare il sussidio. Fra loro c’è chi ha barato sulla reale residenza, chi sulla composizione del nucleo familiare, chi ha dimenticato di dichiarare gli altri aiuti e indennità percepite. E almeno un terzo dei “furbetti” del bonus – hanno scoperto gli investigatori – è legato a famiglie di ‘Ndrangheta. In elenco c’è anche un sorvegliato speciale di Pubblica Sicurezza, già percettore del reddito di cittadinanza, nonché la sorella di un uomo tuttora latitante, che nello stesso mese in cui ha percepito il “buono spesa covid-19” ha anche sottoscritto buoni fruttiferi per 7mila euro. In totale, oltre 21mila euro destinati a soggetti in difficoltà sono finiti in mano a chi non ne aveva diritto. Soldi che adesso dovranno restituire, mentre le accuse contro di loro sono al vaglio della procura di Locri.
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di
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