LUGANO – Rischiano di tornare alla famiglia dell’ex-presidente Zine El-AbidineBen Alì, e non alla Tunisia, i 320 milioni di dollari depositati nelle banche svizzere dall'ex presidente tunisino, alla guida del Paese per 24 anni prima di essere cacciato dalla rivolta del gennaio 2001 e di fuggire in Arabia Saudita, dove è morto nel 2019.
Subito dopo la rivoluzione, il governo provvisorio della Tunisia aveva chiesto alla Svizzera, dov’era depositato il "tesoro", di bloccarlo in vista della sua restituzione: si tratta infatti di soldi sottratti dall'ex presidente alle casse pubbliche del Paese. Il blocco decretato da Berna risale al 19 gennaio del 2011 e rimarrà in vigore fino al 19 gennaio del 2021. Ovvero fino a martedì prossimo, quando buona parte di quei 320 milioni – il cui ammontare è stato stimato dall’Ong Public Eye perchè il Governo svizzero non fornisce cifre – potrebbe finire agli eredi di Ben Ali. Dalla Tunisia infatti, non è arrivata tutta la documentazione necessaria a provare la natura illecita del deposito, nè tantomeno una richiesta definitiva di restituzione.
La Tunisia scopre la nostalgia di Ben Ali
Giampaolo Cadalanu
“A meno che – spiega a Repubblica l’avvocato Paolo Bernasconi, padre della legge svizzera anti-riciclaggio – il Governo elvetico decida di applicare la cosiddetta Legge Duvalier". La norma creata nel 2011 prevede la restituzione di averi depositati nelle banche elvetiche allo Stato originario se sono stati conseguiti illecitamente da dittatori o politici corrotti. La norma consente infatti di bloccare, confiscare e restituire gli averi illeciti di persone politicamente esposte (PPE) nel caso in cui una domanda d'assistenza giudiziaria internazionale non possa avere esito a causa della situazione di dissesto del sistema giudiziario dello Stato richiedente.
I diversi governi tunisini potrebbero non essere stati abbastanza diligenti nelle loro richieste alla Confederazione. E il tempo stringe: il congelamento dei beni potrebbe essere anche prolungato. Ma anche in questo caso occorrerebbe una richiesta precisa dalla Tunisia e poi l'avallo svizzero.
Finora, Berna non ha ancora fatto sapere se intende applicare la Legge Duvalier e c’è anche il timore che, se i capitali non verranno sbloccati, la famiglia Ben Ali possa far causa alla Svizzera. “Sicuramente i famigliari procederanno – aggiunge ancora Paolo Bernasconi – gli eredi del dittatore si appoggiano su agguerriti avvocati di Ginevra, abituati a trattare questo genere di pretese”.
Nel frattempo l’attuale capo di Stato tunisino, Kaïs Saïed, ha creato una commissione che si occupa del rientro dei beni trafugati da Ben Ali. L’impressione, tuttavia, è che prima che partano le richieste alla Svizzera, la famiglia Ben Ali potrebbe essere già riuscita a mettere le mani sul denaro.
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