Jean-Paul Sartre si legò al Pcf (Partito comunista francese) a causa di certi piccioni non viaggiatori. Il 28 maggio 1952 una pattuglia fermò il capo del partito, Jacques Duclos. In macchina gli trovarono: una moglie, una pistola e una coppia di piccioni; gli contestarono che trattavasi di piccioni viaggiatori, per comunicare con dirigenti sovietici. Duclos obbiettò che erano morti, pronti per essere cucinati dalla moglie: e mantenne questa linea di difesa durante tutto il processo (e in carcere). L’autopsia ai piccioni non rilevò microfilm; Louis Aragon, il poeta comunista, compose una poesia sul “complotto dei piccioni”.
Sartre si trovava a Roma, concependo L’ultimo turista, diario di viaggio divertentissimo, e senza ideologia. L’Italia, per fare turismo, deve semplificare. I Fori Imperiali sono un doppione del Foro Romano: tenere uno dei due. Abbattere le Terme di Diocleziano perché quelle di Caracalla sono conservate meglio; salvare il Colosseo ma sacrificare il teatro di Marcello. Registrare un discorso del papa e avviarlo entrando in San Pietro. In cima a Monte Mario, un gigantesco Diorama riproduca Roma antica. Il Comune, riconosce Sartre, fa già del suo meglio, si dà un concerto al Colosseo “illuminato come al tempo dei martiri” (fiammelle à quinconce). L’illuminazione alla martire compiace lo straniero: questi pagani erano sanguinari e non conoscevano le lampadine elettriche. Fuori, c’è un disavanzo di dieci secoli. A Parigi, le pubblicità appartengono alla stessa borghesia che ha fatto i palazzi; qui a Roma la distanza è enorme, come non pensare alla morte (Via Veneto, ossario dei Cappuccini). Buio pesto anche a Palazzo Altieri, fatiscente; Sartre ascende lo scalone secentesco da cui lo puntano teste mozze e un dito mignolo alto quanto un uomo. Arriva dall’amico Carlo Levi (Cristo si è fermato a Eboli): un’unica stanza immensa e gelata; quadri a terra, e un pupo siciliano strabico: «Per forza, è Orlando». «Roland?» si stupisce Sartre (Rinaldo, in Sicilia, ha una sua gang di ladri). Ci sono due statuine di cavalli: africane? Etrusche? «Sono formaggi, me li mandano dalla Calabria». Levi gli racconta uno sciopero in Sicilia. Il padrone delle solfare, nella locanda, è circondato dai figli, tutti col fucile; è irritato solo da un libello: c’è in copertina un fallo rosso; è in versi.
Ma arriva l’affaire dei piccioni; Sartre, inferocito, corre a Parigi a soccorrere il Partito; e abbandona per sempre il suo profondo e (Dio ci perdoni) elegante talento comico. Dell’Ultimo turista restano un paio di quaderni, pubblicati postumi.
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