Sono cinque giganti da 12 mila tonnellate l’uno e 250 metri di altezza, 80 dei quali sotto il filo dell’acqua. Piazzati a 25 chilometri a largo di Peterhead, in Scozia, producono 6 megawatt di energia ciascuno. E galleggiano. Questi giganti sono gli aerogeneratori del primo parco eolico flottante al mondo: Hywind Scotland. Realizzato, quasi un paradosso, da Equinor, energy company che oltre ad essere il principale sviluppatore di questa tecnologia è la corporation petrolifera di Stato norvegese (ex Statoil). Il paradosso è solo apparente però, perché il primato di Hywind è legato anche all’esperienza della vecchia Statoil nelle piattaforme petrolifere galleggianti.
La fattoria del vento. Nel 2015, con un investimento di 2 miliardi di corone norvegesi (poco meno di 200 milioni di euro), Equinor avvia la realizzazione di questa fattoria del vento: 5 turbine in 4 chilometri quadrati di mare, profondità tra i 95 e 120 metri, che forniscono elettricità sufficiente per 36.000 famiglie. Parliamo di turbine eoliche ciclopiche con pale del raggio di 74 metri, poggiate non sul fondo ma su una boa cilindrica galleggiante. E qui sta il grande vantaggio di questa tecnologia: mentre l’offshore tradizionale può essere posizionato in mare non oltre i 60 metri di profondità, quello galleggiante arriva dove l'acqua è più profonda e i venti più forti e regolari. Le stime ci dicono che quasi l'80% del potenziale eolico offshore del mondo si trova in acque più profonde di 60 metri. Secondo l’International Energy Agency, l’eolico in mare crescerà in maniera esponenziale nei prossimi due decenni grazie proprio all’impulso delle soluzioni flottanti.
Via col vento: l'eolico prende il largo
di Luca Pagni
Come funzionano le turbine galleggianti. La boa alla quale viene fissata la turbina è un cilindro cavo di acciaio con un diametro di 15 metri: per far sì che galleggi in posizione verticale viene riempita con 8000 tonnellate di acqua di mare e zavorrata con 5000 tonnellate di rocce o metalli. Per ottimizzare i costi e ridurre i rischi, sia la struttura galleggiante che la turbina sono montate a terra, trasportare separatamente in mare e poi assemblate. In questo passaggio delicato, in Scozia c’è stato lo zampino italiano di Saipem, società di ingegneria specializzata in infrastrutture per oil&gas che proprio con questo progetto entra nel mondo dell’eolico flottante, e che nei primi nove mesi del 2020 ha acquisito ordini per 5,3 miliardi, il 90% dei quali non sono legati al petrolio. Grazie a ‘Saipem 7000’ – uno dei mezzi navali più grandi al mondo: 200 metri di lunghezza, 12 motori e 2 gru capaci di sollevare 14 mila tonnellate – ha posizionato le boe e poi gli imponenti turbo-generatori. Imponenti ma anche intelligenti. Assecondano infatti le condizioni del mare e del vento grazie a sensori e computer che regolano il movimento delle pale e smorzano i movimenti della torre, riducendo la tensione sugli ormeggi e massimizzando la produzione di elettricità.
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Luca Pagni
I numeri dell'eolico offshore flottante. Oggi l’Europa ha la leadership mondiale nell’eolico flottante, con il 70% di quello installato. Un primato legato soprattutto ai 30 megawatt di Hywind Scotland e ai 25 di Windfloat Atlantic Phase 1 in Portogallo – sono invece parchi minori il citato Hywind Demo (2.3 MW, in Norvegia), SeaTwirl S1 (0.3 MW, Svezia), Floatgen (2 MW, Francia), Kincardine Pilot (2 MW, Scozia).
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Transizione energetica, bisogna far crescere subito parco eolico e fotovoltaico
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“La tecnologia flottante è assolutamente dirompente, in generale e soprattutto per mari come il Mediterraneo, dove i fondali immediatamente profondi rendono le tecnologie offshore tradizionali non convenienti. E per l’Italia”, spiega Simone Togni, presidente di ANEV-Associazione nazionale energia del vento: “Proprio per questo – aggiunge – stiamo per inviare al governo, che deve aggiornare gli obiettivi al 2030 del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, uno studio che rivede il potenziale dell’offshore da 900 MW ad almeno tre volte tanto”.Original Article
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