Tempi duri è un romanzo sulle menzogne del potere. Ed è la dimostrazione che solo la letteratura — la menzogna più grande — può ripristinare la verità. Nel suo ultimo libro Mario Vargas Llosa è riuscito a trasformare in metafora sull’arte manipolatoria il golpe organizzato nel 1954 dalla Cia in Guatemala per fermare il governo riformatore di Jacobo Árbenz.
Una pagina di storia apparentemente marginale, a cui lo scrittore attribuisce gravi conseguenze per tutta l’America Latina: se gli americani non avessero fermato la modernizzazione di quel paese — è la tesi del romanzo — si sarebbe evitata la morte di tre generazione di giovani che inseguivano un sogno ancora più radicale. Fin qui l’intenzione politica del racconto. Ma l’elemento di novità va cercato nel backstage della Storia, dove Vargas Llosa s’imbatte nella madre di tutte le fake news. E nell’elegante nipote di Sigmund Freud, il pubblicitario newyorchese Edward L. Bernays, destinato a cambiare la geografia politica d’un continente. È Mr Bernays a intuire per primo che la riforma agraria del nuovo Guatemala avrebbe affossato la società per cui lavora, la Union Fruit, fondata sullo sfruttamento degli indios. Da qui l’idea di sussurrare ai più bei nomi della stampa liberal la grande bugia secondo la quale, dietro la veste illuminata dei governanti guatemaltechi, si sarebbe nascosto il cavallo di Troia dell’Unione Sovietica. Siamo in piena guerra fredda e basta poco per dar fuoco alle polveri nel Centramerica, tra imboscate e colpi di Stato, colonnelli e generalissimi, affari loschi e questioni di sesso ballate al ritmo di merengue.
Sui fatti reali interviene l’immaginazione di Vargas Llosa che, dopo aver compulsato saggi storici e testimonianze, ha il dono felice di dimenticarsene per reinventare i personaggi reali o crearne di nuovi. Per il lettore sarà difficile accomiatarsi dall’enigmatico dottor Efrén García Ardiles, un intellettuale democratico capace di un gesto mostruoso, e dallo sguardo penetrante di Marta, la donna innamorata della politica più ancora che della vita, che ritroviamo alla fine del romanzo spogliata delle vesti del personaggio di finzione: lo scrittore va a trovarla nella sua casa vicino a Washington, ma la figura in carne ed ossa appare ancora più misteriosa e intrigante di quella inventata nelle pagine precedenti. Trattandosi di Vargas Llosa, non ci si aspetti un racconto lineare. Il ritmo della narrazione non segue quella della cronologia, tra salti temporali e qualche agguato. Ma è impossibile scappare da un’architettura narrativa che, nel gioco di specchi tra Storia e immaginazione, amplifica la libertà dello scrittore.
Il libro. Tempi duri di Mario Vargas Llosa è edito da Einaudi (pagg. 328, euro 20)Original Article
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