Nino Cartabellotta, è un medico ma è soprattutto presidente della Fondazione Gimbe, ente indipendente che opera allo scopo di "favorire la diffusione e l'applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica". Oggi, il presidente Cartabellotta è stato intervistato dal quotidiano La Stampa per fare un punto sull'attuale situazione epidemica italiana e le sue conclusioni sono tutt'altro che rosee. Dai suoi social network emerge quotidianamente la preoccupazione per la gestione dell'epidemia di coronavirus e, in particolare, per la decisione di rendere l'Italia un'unica zona gialla nei prossimi giorni. Gennaio sarà un mese cruciale per il Paese e rischiamo di non arrivarci preparati.
"Tutti gli inverni l'influenza affolla gli ospedali e a gennaio c'è il rischio di una strage se, invece di chiudere la seconda ondata di Covid, facciamo partire la terza. Per questo serve il massimo rigore durante le feste", ha detto nel corso dell'intervista. Un rigore che non sembra essere stato recepito da tutti gli italiani, come dimostrano le immagini degli assembramenti di ieri pomeriggio a Riccione, lungo l'iconico Viale Ceccarini, dove sono state issate le luminarie di Natale. La percezione nel Paese è che la situazione sia migliorata, il tutto mentre in Italia continuano a contarsi oltre 600 morti al giorno, in una settimana che ha visto il picco di decessi dall'inizio dell'emergenza sfiorando i 1000 in un solo giorno. Nino Cartabellotta con la fondazione Gimbe si spende tutti i giorni nel chiedere l'accesso ai dati completi, in modo da poter fare un'analisi ancora più efficace dell'andamento epidemiologico e capire da dove arriva una letalità così alta: "Non sappiamo per esempio dove sono morti: reparti ordinari, terapia intensiva, Rsa o casa? Solo alcune Regioni lo comunicano. Non esiste un aggregatore di queste informazioni. L'età media dei deceduti è 80 anni e si può ricavare che la gran parte arrivi dai reparti ordinari, perché l'età media dei morti in terapia intensiva è tra 50 e 70 anni".
La gestione della seconda ondata di coronavirus è stata diversa rispetto alla prima, quando il Paese è stato in lockdown totale e generale per due mesi. Stavolta si è cercato di trovare un equilibrio tra contenimento contagi e tutela dell'economia e quindi sono state messe in pratica misure più leggere. È bastato? Forse, "ma tutto dipende dal tipo di verifica". Infatti, il presidente di Fondazione Gimbe spiega che "l'Rt scende, ma i contagi pur rallentando continuano a aumentare e i dati ospedalieri pure. Non conosciamo ancora l'effetto reale dei provvedimenti e l'Italia tutta gialla è un grande rischio dovuto più al desiderio politico che alla realtà epidemiologica".
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