Milano frena e si contrae. Quello che fino a poco tempo fa era solo un forte timore adesso è diventato realtà, come certificato dai numeri dell'Anagrafe cittadina: i residenti sono scesi a quota 1 milione e 392.802, ben 13.255 in meno rispetto al record di febbraio 2020 quando in città si era superata quota 1,4 milioni di abitanti, il valore più alto degli ultimi 30 anni.
Le cause sono da cercare negli effetti della pandemia, primo tra tutti il triste primato dei decessi, saliti a quota 16.692 (nel 2019 erano stati 13.860) con un surplus di quasi tremila persone decedute in più. Numero a cui si unisce un nuovo calo delle nascite, scese sotto quota novemila (mentre nel 2019 erano 10.325). "In realtà la punta più bassa in termini di nascite le vedremo nel 2021, come ripercussione del 2020 – spiega Alessandro Rosina, docente di demografia alla Cattolica – . Quindi il fatto che Milano sia già scesa prima ancora dell'impatto, mostra tutta la fragilità a livello cittadino in termini di natalità". All'appello però manca ancora una bella fetta di quei 13mila milanesi scomparsi dai conteggi ufficiali. Circa 6mila di questi sono stati categorizzati come "cancellazioni anagrafiche per irreperibilità". E qui entrano in gioco gli effetti collaterali del Covid, ovvero la crisi economica, ma anche la possibilità di lavorare e studiare a distanza, fenomeno che ha avuto anche un impatto pesante sui city users, ovvero i pendolari che hanno optato in larga parte per lo smart working.
A pesare anche le restrizioni sanitarie che hanno di fatto spento le attrattive cittadine. "A contrarsi è la capacità attrattiva della metropoli – aggiunge Rosina – ora che si può lavorare e studiare senza essere residenti. Quella che è stata la forza di Milano finora rischia di perdersi se non si ripensa la città". La scommessa è puntare su altro rispetto all'occupazione: "La nuova capacità attrattiva non dovrà essere basata solo sul lavoro, anche perché fino a oggi la città ha goduto della mancanza di lavoro in altre città. Ora è il momento di puntare sulla qualità della vita e sui servizi, una scelta che guarda oltre il tasso di occupazione. Processi sociali e culturali che Milano deve saper rimodulare per una nuova offerta: si dovrà fare di più perché per sceglierla non basterà più l'offerta di un posto di lavoro, ma servirà qualcos'altro. A quel punto si potrà tornare ad avere un processo di crescita".
Un primo passo in questa direzione Milano lo ha già fatto. Ed è quello che riguarda il processo di digitalizzazione dei servizi, fronte su cui l'amministrazione si era mossa per tempo: "Le conseguenze della crisi pandemica hanno portato a un'improvvisa accelerazione dei servizi digitali – ha detto l'assessora alla Trasformazione digitale e Servizi civici Roberta Cocco – , che abbiamo potenziato e implementato grazie al lavoro fatto a partire dal 2016. Il 2020 è stato l'anno in cui abbiamo lanciato l'app del "Fascicolo del cittadino", che in sei mesi è passata da 7mila a 70mila download. Nel 2020 i certificati richiesti online hanno sfiorato il 90 per cento del totale, così come le pratiche di iscrizione ai principali servizi del Comune, ai concorsi e la richiesta dei buoni spesa".
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