BUENOS AIRES – "Nessuno si occupava del paziente, siamo in presenza di comportamento colpevole dei medici in un caso di grave incuria". Questa la prima conclusione dell'inchiesta della Procura di San Isidro sulla morte di Diego Maradona. A undici giorni dalla scomparsa del campione, si definiscono le responsabilità anche a livello penale: omicidio colposo. Nelle prime relazioni dei giudici si legge che "il paziente non era monitorato, non era sottoposto a continuo controllo medico come le sue condizioni avrebbero richiesto e non assumeva alcun farmaco per le sue patologie cardiache". Inoltre, "senza ogni dubbio il suo medico curante era il dottor Leopoldo Luque, che ha coordinato l'assistenza domiciliare così carente".
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Maurizio Crosetti
Sotto indagine è la firma della lettera di dimissioni dalla clinica di Olivos, dove Maradona venne operato al cervello il 3 novembre. Quel foglio lo firmarono Leopoldo Luque e Pablo Dimitroff, direttore sanitario dell'ospedale. Anche le terapie decise per Maradona non convincono i magistrati, e qui entra in causa la psichiatra Agustina Cosachov. Si legge che "l'assistenza domiciliare del paziente si svolgeva in totale disorganizzazione". Il giudice Orlando Diaz ha tuttavia deciso di non imprigionare Luque "perché non si ravvisa un pericolo di fuga".
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Maurizio Crosetti
Emerge un quadro preciso e inquietante riguardo il dottor Leopoldo Luque, "un ragazzo che stravedeva per il campione e che voleva passare alla storia come il medico che salvò Maradona: il paziente confidava in lui ciecamente". Dalle indagini emerge un'altra notizia clamorosa: non fu Luque a operare Maradona al cervello, come invece il medico ha fatto credere a Diego e a tutti: Luque faceva soltanto parte dell'equipe chirurgica. Tuttavia, la vera responsabilità dei medici e di Leopoldo Luque in particolare riguarda il post-operatorio e le dimissioni. Quando la società Swiss Medical venne incaricata di seguire Maradona a domicilio, nessuno ha saputo davvero cosa fare, si è improvvisato dal primo giorno scontrandosi anche con la volontà negativa del campione, definito "paziente difficile". Ma lasciar decidere a Diego e alla sua emotività (licenziò l'infermiera Gisela Madrid nelle prime ore di cure) è stato un altro errore fatale. Perché un paziente con un quadro clinico della gravità di Diego Maradona "doveva essere curato secondo prassi, anche contro la sua volontà".
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