La paura è tanta. L'aria è pesante. La possibilità che tutto possa saltare è sempre più concreta. Così come è crescente la volontà di tenersi incollati alla poltrona per più tempo possibile. Il subbuglio che si è creato all'interno del Movimento 5 Stelle nasce dall'appuntamento fissato per mercoledì 9 dicembre, quando il Parlamento dovrà ratificare l'accordo raggiunto all'Eurogruppo dopo aver ascoltato il premier Giuseppe Conte che presenterà la risoluzione di maggioranza su Mes e Recovery Fund. I numeri preoccupano e non poco: a palazzo Madama il governo ha un margine di soli 6 voti. E a questo si aggiungono tra i 6 e gli 8 senatori che minacciano di votare "no" alla riforma.
Dal M5S si vuole puntare la comunicazione sul fatto che non si darà il via libera al Meccanismo europeo di stabilità ma semplicemente alla riforma, per dare pieno mandato al presidente del Consiglio per presentarsi ai tavoli europei. "Sono molto preoccupato", ammette Stefano Buffagni. Il viceministro allo Sviluppo economico non ha fatto mancare comunque segnali di critica ai vertici del Movimento: "Questo nodo dovevamo affrontarlo prima, serve una maggiore condivisione delle scelte per non arrivare a situazioni come questa".
Scatta l'espulsione?
Il capo politico Vito Crimi è convinto che la risoluzione che verrà trovata sarà unitaria e porterà a guardare oltre: "Non è tanto la riforma del Mes, ma quello che avverrà dopo. Il governo non cadrà". "Non solo auspico che vi sia massima unità e compattezza ma io credo sia da irresponsabili votare contro Conte mercoledì", è la posizione di Luigi Di Maio. Si teme per gli impulsi ribelli di Bianca Granato, Mattia Crucioli, Elio Lannutti, Barbara Lezzi e Orietta Vanin. Invece si spera che alla fine Rosa Amato, Fabio Di Micco, Cataldo Mininno e Nicola Morra possano ripensarci e dare l'ok alla riforma.
Un membro pentastellato del governo confessa: "Si respira la stessa aria degli ultimi giorni di governo con la Lega". I dissidenti però non sarebbero così compatti come sembra, e quindi qualcuno di loro "potrebbe limitarsi ad uscire dall'Aula al momento del voto". I vertici del Movimento 5 Stelle sarebbero pronti ad adottare il pugno duro contro i ribelli. Come riportato da La Repubblica, il reggente Vito Crimi sostiene che "chi voterà contro la risoluzione scritta dai gruppi di maggioranza rischia quel che rischia chi va contro le decisioni del suo gruppo". In sostanza, chi si schiererà con il "no" potrebbe essere espulso senza scuse e appelli.
La "bomba" su Rousseau
In tutto ciò, uno dei massimi dirigenti dei 5 Stelle non ha usato mezzi termini per smascherare le intenzioni di Davide Casaleggio: "Vuole far cadere Conte". Nel ventaglio delle ipotesi ci sarebbe però una soluzione rapida: sempre stando a quanto appreso da La Repubblica, l'intenzione sarebbe quella di dire stop ai finanziamenti diretti a Rousseau. Subito dopo il voto sul documento uscito dagli Stati generali e la nomina di Claudio Cominardi come nuovo tesoriere, potrebbe nascere un nuovo conto corrente intestato al M5S dove far confluire le donazioni che attualmente vanno all'associazione. A finire nel mirino è stato anche Alessandro Di Battista. "È lui il colpevole di tutto questo", si è sfogato un parlamentare giallo.
C'è però chi, come il sottosegretario Alessio Villarosa, che continua a credere nel progetto di Rousseau e chiede il coinvolgimento della base su un eventuale accesso al fondo salva-Stati: "Per cambiare linea sulla riforma del Mes serve far esprimere i nostri iscritti su Rousseau". Ma apriti cielo. Sulle chat scoppia l'ira dei colleghi al governo: "Non se ne può più".
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