ROMA – Sarà che è un weekend di festa, sarà che soltanto oggi la Camera licenzierà la legge di Bilancio, fatto sta che a 24 ore dal riavvio della verifica sul Recovery plan – annunciato da Conte all'ultimo Consiglio dei ministri – nessuno ancora sa con precisione chi incontrerà chi. Se cioè la revisione del piano nazionale di ripresa, affidata al Tesoro, comincerà già domani, oppure toccherà aspettare che entro sera il premier riceva dai partiti di maggioranza i rilievi alla bozza consegnata prima di Natale. Così da poterli rivedere, mercoledì, per il vertice risolutivo.
Ma un calendario, al momento, non c'è. E neppure la road map necessaria a imprimere quell'accelerazione invocata dal premier in tv. Anche se non è una novità: le convocazioni last minute di Palazzo Chigi sono ormai la regola. L'unica cosa certa è quel che l'avvocato ha detto nel pomeriggio dell'anti-Vigilia ai ministri riuniti per il varo del Milleproroghe: si lavorerà il 28, 29 e 30 per mettere a punto sia la stesura definitiva dei progetti, sia la governance. Che, secondo quanto riferito da Franceschini, finirà in un decreto ad hoc, contenente anche i meccanismi di semplificazione per una veloce attuazione del piano. "E se poi non riusciremo entro l'anno, si andrà ai primi giorni del nuovo", ha aggiunto Conte. Deciso stavolta a centrare un accordo in tempi brevi.
Sarà tutt'altro che semplice. Almeno a giudicare dalla mole di correzioni che le quattro forze di governo si apprestano a spedirgli. Sulla cabina di regia, innanzitutto. La richiesta è che l'unità di missione sia più collegiale possibile, mentre la task force dovrà restare nel perimetro delle amministrazioni (centrale e periferica) dello Stato. Niente manager esterni con poteri sostituivi e in deroga: si potranno coinvolgere solo come consulenti. Esplicito il Pd: "La struttura del Recovery dovrà essere sussidiaria, quindi di supporto alla P.A. e non sostitutiva, e dovrà interagire per aiutare Comuni e Regioni che altrimenti potrebbero avere problemi nella gestione dei progetti".
Il documento più atteso è quello preannunciato da Renzi. Fra i punti irrinunciabili, il ricorso al Mes, così da liberare i 9 miliardi di investimenti nella Sanità attualmente previsti dal piano. Più contenuti i desiderata del M5S. L'idea è spingere lungo tre direttrici: svolta green, digitalizzazione e inclusione sociale. Significa più fondi su superbonus, scuola e transizione industriale eco.
E mentre Leu batterà sull'insufficienza della dotazione per la Sanità – il ministro Speranza ha quantificato in almeno 25 miliardi il fabbisogno per investimenti nel comparto – chiedendo inoltre di destinare parte delle risorse per l'alta velocità alle linee regionali e interregionali utilizzate dai pendolari, il Pd presenterà un documento simile più a una riscrittura della bozza, che a una rivisitazione. I progetti relativi a transizione ecologica e innovazione dovranno essere implementati, con i fondi erogati anche a sturt-up e nuovi protagonisti, non solo a grandi imprese. Su parità di genere, istruzione, asili nido e infrastrutture sociali va stanziato di più. E dovranno essere incardinate pure le riforme sul lavoro per evitare di arrivare al termine del blocco dei licenziamenti senza nuovi ammortizzatori sociali e politiche attive. Ma bisogna fare in fretta: "Il Recovery plan va approvato al più presto in Cdm e portato in Parlamento, se ne discute da troppi mesi", incalza i suoi Zingaretti. "Nessuna avventura ma anche nessuna pigrizia", avverte. "Ci siamo dovuti indebitare per fronteggiare l'emergenza e torneremo a farlo per ricostruire l'Italia. Una scelta che peserà sulle prossime generazioni". Giusta a patto di spendere bene i fondi europei. "La vera prova della classe dirigente italiana è questa: ridare ai giovani ciò cui hanno diritto, il futuro".
Commenti recenti