Bloccato nella sua Quadri, paese abruzzese di 474 abitanti, sogna di ritornare a vedere la Senna. Anzi, per la precisione, il Canal Saint Martin. Tanino Liberatore, che era tornato in Italia per l'estate, non avrebbe mai pensato di dover mettere il riscaldamento nella casa del luogo che lo ha visto nascere 67 anni fa. La pandemia, invece bloccandolo lì, lo ha costretto anche a questo. Così come ha comportato la chiusura del Mann, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove è stata allestita la sua mostra "Lucy. Sogno di un'evoluzione", organizzata dal Comicon, di cui si possono vedere anticipazioni sul web. Quando finalmente si potrà visitare potremo ammirare non solo i bozzetti preparatori a matita, dedicati allo studio degli australopitechi e delle foreste lussureggianti di quei tempi, ma anche le proiezioni dei disegni finali. Che splendore sia il fumetto Lucy, scritto da Patrick Norbert e disegnato da Liberatore, già lo sa bene chi ha visto il volume pubblicato (sempre dal Comicon) tre anni fa o l'edizione francese di dieci anni prima. La protagonista è ispirata all'australopiteco femmina il cui scheletro è stato ritrovato nel 1974 in Etiopia. Venne chiamata Lucy perché nella squadra dei geologi e paleoantropologi che hanno effettuato la scoperta si canticchiava spesso la canzone dei Beatles che vede una sua omonima "in cielo con i diamanti". La storia disegnata racconta le avventure di ominidi in tempi lontani, come se a venir narrata fosse la nascita delle emozioni. E la cosa particolare è che proprio questo fumetto, che racconta un'avventura datata 3,2 milioni di anni fa, è l'unico ad essere stato realizzato da Liberatore con il computer.
Giusto?
"Giusto. E proprio per questo si presta benissimo alla digitalizzazione. Nella mostra verrà mostrato quanto lavoro ci sia dietro una pagina lavorata al computer e anche la differenza tra una lavorazione tradizionale e quella con il calcolatore. Ma ci sarà qualcosa di sorprendente anche per me e che vedrò quando si potrà" .
Io mi ricordo che nei tempi in cui lavoravi sul libro eri entusiasta delle possibilità offerte dal computer. E ti chiedevi come mai non ci avessi pensato prima. Poi, dopo qualche anno, sei ritornato alla carta.
"Tutto vero. Tra una cosa e l'altra ci ho messo sei anni a realizzare le 70 pagine di Lucy. E quando l'ho iniziato avevo portato a termine il mio studio sui pennarelli, mi ero stancato e non sapevo più come andare avanti. Quindi il digitale è stata un po' una liberazione. Il computer mi permetteva effetti speciali altrimenti complicatissimi con le altre tecniche. Ed erano utili per raggiungere il massimo del realismo possibile. E poi dà anche un altro vantaggio importante: quello di poter correggere sempre, fino alla fine. Qualcosa correggerei anche adesso…" .
E poi? Finito Lucy?
"Mi sono accorto che con il computer non hai gli originali, che sono importanti per la mia professione. Così sono ritornato alle vecchie tecniche, quelle del liceo. Ho iniziato con l'acquerello".
Proprio la tecnica che meno consente correzioni.
"Infatti: l'acquerello è una scommessa in cui bisogna vincere. Ma ho proprio ricominciato a leggere i libri che mi spiegavano come fare. E poi l'olio, il carboncino, e forse il carboncino è proprio lo strumento ideale per me. Ma io passo attraverso fasi diverse: mi entusiasmo, studio, credo di aver trovato la tecnica ideale e poi cambio e ricomincio. Con una sola costante: non sono un grande lavoratore" .
Riprendiamo dalla nostalgia per Parigi. Ti ricordi la prima volta che ci sei andato?
"Come no. Ci andai in autostop. Era il 1979. Mi ero portato la cartella con i disegni ma ci ero andato per una ragazza. E Parigi mi è piaciuta ancora di più di come l'avevo immaginata. Dirò un'ovvietà ma mi è piaciuta la sua grandezza. Usavo le mappe come a Roma ma a Parigi non si arrivava mai, si continuava a camminare. L'impatto è stato fantastico, un colpo di fulmine. Così, scherzando, ho detto al mio editore: se mi trovi una casa vengo subito. E quello l'ha trovata veramente" .
E così hai scatenato l'invidia dei tuoi colleghi.
"Ma che. I miei colleghi mi prendevano in giro. Dicevano, ma che ci sei andato a fare a Parigi che anche qui si lavora tanto bene (ed era vero)? Poi però ci sono venuti tutti" .
Tutti tranne Andrea Pazienza.
"È venuto a Parigi due volte. In una di queste, quando è venuto da solo, ha realizzato "La leggenda di Italianino Liberatore". Se solo avesse avuto tempo sarebbe venuto a viverci anche lui e avrebbe sfondato. In Francia non hanno capito che la sua grandezza stava nella fusione di stili diversi anche in una vignetta sola. Perché, intendiamoci: i francesi parlano parlano, ma pure loro…" .
È stata fondamentale la Francia per il tuo lavoro?
"Fondamentale no. Però è stata una decisione fortunata quella di andare lì. Ho avuto sempre molta fortuna nel mio lavoro. Tanto che adesso faccio proprio quello che mi piace di più. Disegno per le gallerie d'arte e realizzo illustrazioni per un libro di Valerio Massimo Manfredi. Sarà una delle ultime cose, vista l'età (ride)" .
Ancora oggi sei chiamato "il Michelangelo del fumetto", per colpa di quella definizione che ti è stata data da Frank Zappa.
"So che è loffia, però davvero se c'è un artista che mi ha influenzato è stato Michelangelo. Io sono stato colpito moltissimo da bambino dallo sceneggiato televisivo con Gian Maria Volonté. E mi ricordo che appena vista una puntata scappavo in camera per cercare di rifare gli schizzi dei dannati come li faceva lui. Il corpo mi ha sempre attratto moltissimo e come lui se dovevo esprimere la forza non mi facevo problemi a rendere innaturali le figure. Nel mio piccolissimo ho seguito istintivamente le sue orme perché il mio stile è molto viscerale" .
Quindi Frank Zappa ci ha preso.
"Ero con Stefano Tamburini all'Excelsior per la celebre copertina del suo disco "The Man from Utopia" e come mi ha visto ha detto: dopo Michelangelo sei il più grande disegnatore della storia. E lo ha detto senza scherzare" .
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