TEL AVIV – Israele marcia verso nuove elezioni, le quarte in meno di due anni. In una seduta notturna che ha avuto i tratti di uno psicodramma, la Knesset ha respinto una proposta di compromesso che mirava a scongiurare lo scioglimento automatico dell'assemblea parlamentare, previsto per oggi a mezzanotte, a causa della mancata approvazione della legge di bilancio.
Non è servita la maratona oratoria in cui si sono lanciati alcuni esponenti della maggioranza per consentire al premier Benjamin Netanyhau di trovare un accordo in extremis, e con 49 voti contro 47 è stata bocciata la legge che avrebbe dovuto posticipare al 5 gennaio l'approvazione della legge di bilancio. Salvo un colpo di scena nelle prossime ore, dato ormai come estremamente improbabile, le prossime elezioni si svolgeranno il 23 marzo.
Netanyahu e la partita del voto a marzo
di
Sharon Nizza
Determinante il voto contrario di Michal Shir, parlamentare del Likud che ha sorpreso il premier presente in aula – guadagnandosi gli insulti di alcuni ormai ex compagni di partito – annunciando l'alleanza con Gideon Saar, l'ex ministro del Likud che solo due settimane fa ha fondato un nuovo partito con cui intende contendere la premiership a Netanyahu. Così come i voti contrari di tre parlamentari di Blu e Bianco, il partito di Benny Gantz, ministro della Difesa che a questo punto vede sfumare la rotazione per la guida del governo, che, secondo il patto di coalizione stipulato con l'alleanza dello scorso maggio, avrebbe dovuto realizzarsi a novembre 2021.
Gantz, l'ex Capo di Stato maggiore che aveva fatto il suo ingresso in politica solo due anni fa, è il grande sconfitto dell'intricata situazione. La proposta di legge volta ad allungare i termini per l'approvazione della finanziaria era stata presentata solo ieri mattina dal suo partito, ma paradossalmente questa notte proprio i suoi parlamentari – ad eccezione dei tre dissidenti – si sono astenuti in un ultimo gesto volto a confermare la sfiducia verso l'alleato di governo Netanyhau, che non avrebbe dato sufficienti garanzie all'ancoramento della rotazione. I sondaggi danno oggi Blu e Bianco al limite della soglia di sbarramento, con soli cinque mandati.
Ma anche per Netanyahu le elezioni a marzo non sono lo scenario ideale. Il premier in carica avrebbe auspicato elezioni più avanti, quando sarebbe stato possibile monetizzare al meglio la campagna vaccinazione contro il Covid iniziata due giorni fa. Invece il Paese ora sta vedendo una nuova impennata dei contagi e il governo discute nuove misure restrittive e un possible terzo lockdown, mentre si dirige a elezioni senza aver approvato una legge di bilancio per la prima volta nella storia del Paese e nel pieno della critica per lo sperpero di soldi pubblici per una quarta campagna elettorale in meno di due anni.
Inoltre a gennaio si avvierà la fase dibattimentale del processo che lo vede imputato per frode, abuso di potere e corruzione – argomento che sarà al centro della campagna di tutte le opposizioni, a destra come a sinistra, che mirano a creare una grande coalizione del "tutto tranne Bibi".
La scesa in campo di Gideon Saar, il cui neo-partito "Nuova Speranza" è dato a 19 seggi e potrebbe essere il collante di questo fronte dai tratti disparati, si prospetta infatti essere la minaccia principale alla tenuta del premier più lonvego della storia d'Israele (è in carica dal 2009).
Il Likud rimane in testa ai sondaggi, con 29 mandati (due in meno rispetto all'attuale formazione), ma se non sarà in grado di raccogliere altro consenso, si ripresenterà la stessa situazione delle tre tornate elettorali precedenti, senza possibilità di formare una maggioranza di 61 parlamentari unicamente con i partiti religiosi, gli unici che il premier considera solidi alleati. Dopo l'esperienza di Gantz e del ministro Amir Peretz del Labour, che capitolando a maggio alla promessa di non sedere mai in un governo Netanyahu si sono bruciati il sostengo elettorale, tutti i leader che ora sventolano la stessa bandiera saranno molto più cauti a trovare un futuro compromesso con il Likud, preferendo digerire improbabili alleanze tra destra e sinistra piuttosto che mettere nelle mani dell'astuto Netanyhau il proprio destino politico.
Una delle carte elettorali su cui Netanyahu punterà maggiormente sono gli Accordi di Abramo, raggiunti negli ultimi tre mesi con quattro Paesi arabi – Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco. Proprio oggi, il premier incassa un'altra vittoria in questo senso, con la delegazione ufficiale israelo-americana decollata poco fa da Tel Aviv per Rabat con il volo LY555, il primo collegamento diretto tra i due Paesi.
Quelle firme che fanno la storia
di
Sharon Nizza
La delegazione, che incontrerà il Re del Marocco Mohammed VI e avvierà la discussione sugli accordi diplomatici, è guidata da Jared Kushner, consigliere e genero di Trump, e da Meir Ben Shabbat, direttore dell'Agenzia per la Sicurezza Nazionale, fedelissimo di Netanyahu e lui stesso di origine marocchina, come quasi un milione di cittadini israeliani. Il che rende questo accordo un risultato con un impatto decisamente rilevante anche a livello della politica interna.
Se poi le voci insistenti – al momento solo ufficiose – circa la possibilità che anche il Pakistan si aggreghi all'ondata di pacificazione con lo Stato ebraico si dovessero concretizzare nel breve raggio, Netanyhau cercherà di cavalcare l'onda anche in casa. Ma non è detto che i risultati sul fronte estero saranno sufficienti dinanzi al trasversale fronte di opposizione interna che si sta creando.
Commenti recenti