Non è stato un anno facile, ma di sicuro la pasta è stato un punto fermo: vendite cresciute in Italia e all’estero, consumi aumentati nelle case. E grande attenzione prestata dagli chef – nei periodi di apertura a intermittenza – per quello che si conferma un cibo rifugio, rassicurante, appagante. Nonostante lockdown, zone gialle-arancioni-rosse e momentanee riaperture, il numero di piatti di pasta secca assaggiati sono stati comunque numerosi e siamo così in grado di stilare l’ormai tradizionale classifica dei migliori dell’anno. Uniche regole: devono essere piatti di pasta secca, in carta nel 2020, con l'esclusione dunque di grandi classici che restano tali, monumenti intoccabili, da assaporare nei ristoranti, trattorie e osterie del cuore
1. I ravioli ripieni di pasta al brodetto viareggino di Cristiano Tomei dell’Imbuto di Lucca (foto Brambilla Serrani)
Una pasta ripiena di pasta, si ottiene surcuocendo della pasta secca, “perché lo vogliamo fare o semplicemente per riutilizzare gli avanzi rimediando a un eventuale errore quando la cuociamo troppo”. Con la pasta stracotta si ricava una purea “non frullata ma setacciata” in modo che resti intensissimo il sapore del grano. A questa si aggiunge un poco di farina e si stende come la pasta fresca. Il ripieno? Uno spaghetto spezzato condito con un brodo di pesce alla viareggina: ricchissimo di collagene, si mette in frigorifero dove condensa a mo’ di gelatina e si usa per riempire i ravioli. Il tutto poi si cuoce al vapore e si serve su letto di lattuga di mare mediterranea. Quando si morde il raviolo il brodo si è sciolto e dà sapore al tutto. Effetto wow assicurato.
2. Gli spaghettini alle mandorle e basilico di Andrea Berton (foto Stefano Caffarri)
Nel film un tassinaro a New York, interpretato e diretto da Alberto Sordi, il protagonista viene invitato a cena dalla fidanzata americana del figlio, e si vede servire spaghetti dolci: coperti di ciliegie candite, marshmallow e caramelle gommose. Un disastro. Quando si parla di pasta in versione dolce noi italiani abbiamo sempre qualche pregiudizio (nonostante in effetti nel medioevo la pasta fosse spesso cotta nel latte e condita con miele e cannella e ancora oggi alcune specialità tipiche, come la nociata umbra, prevedano proprio pasta, cioccolato, zucchero e noci). Ma Andrea Berton ha saputo vincere la sfida di provare una pasta in versione dolce centrando l’obiettivo, creando un grandissimo piatto. La mossa vincente è stata non usare zucchero (gli spaghettini vengono cotti in acqua salata come di consueto), ma sfruttare la naturale dolcezza del grano, dei carboidrati. Gli spaghettini sono mantecati a freddo con una crema di mandorle e armelline ottenuta al PacoJet, liscia e vellutata. Poi profumati di una salsa di basilico. Per finire una grattugiata di banana congelata. Non zuccherosità, nulla di stucchevole, ma l’esaltazione della naturale dolcezza della materia prima.
3. Spaghetti al Pomo d’oro di Giuseppe Postorino, ristorante L'Alchimia Milano
Quanti spaghetti al pomodoro abbiamo mangiato nella vita? Non è possibile contarli. Sono il simbolo stesso della pasta (non a caso l'emoticon per pasta online è un piatto stilizzato di spaghetti al pomodoro), sono un vessillo della cucina italiana, ma, proprio perché ciascuno ha un benchmark idolatrato, diventano il banco di prova di cuochi casalinghi e professionali, messi di fronte a una prova difficilissima. Postorino lo prepara con salsa al pomodoro giallo alla base, cottura finale nell’acqua di pomodoro, caviale di pomodoro, foglia d’oro. Vuole essere un omaggio alla nascita del pomodoro, originariamente giallo (d'oro appunto) con l'idea di sottolinearne la preziosità con l'elemento che nell'immaginario collettivo è prezioso per eccellenza. Ecco allora la foglia d'oro commestibile e il (finto) caviale, anche questo ottenuto da pomodoro giallo. Per rendere onore a un piatto che è tra i più ricchi di significato nel sentimento nazionale. Accanto, sono serviti una mini concotte con pappa al pomodoro – per richiamare la scarpetta – e in bicchierino di bloody mary con acqua di pomodoro e vodka.
4. Rigatoni all'uovo di Giuliano Baldessari, ristorante Aqua Crua di Barbarano Vicentino
Assaggiare questo piatto porta a una piacevolmente strana sensazione: è come se un giapponese avesse inventato la carbonara. Lo chef Giuliano Baldessari è celebre per la sua sperimentazione di tecniche antiche di tutto il mondo e i sapori asiatici non fanno eccezione. I rigatoni quindi arrivano in una salsa di tuorlo che però – attingendo dalla tecnica dell’uovo centenario – diventa un miso (non di fagioli, ovviamente) grazie alla lunga marinatura in aceto. Guarnizione con caffè d'alga e kaffir lime, per una potente sensazione di umami.
5. Il caviale di pasta stagionato di Matias Perdomo del Contraste di Milano
Per Perdomo la pasta è una passione fin da quando era ancora a Montevideo e lavorava in un ristorante italiano. Ma l'amore è scevro dal timore reverenziale degli italiani, quindi – come dice – può permettersi di osare di più. Anche in modo provocatorio: "perché la pasta deve sempre e solo essere un appoggio per il sugo o un involucro per il ripieno? – si chiede – mentre formaggi, cioccolato, verdure e carni possono essere frullati, frantumati, grattugiati, stagionati, insomma lavorati liberamente?". Ecco allora il caviale di pasta, che ha le sembianze delle pregiate uova di storione, ma è il risultato della sferificazione di pasta messa a bagno per 24 ore e frullata. Quindi la cottura, in acqua di pomodoro, per dare aroma e acidità. Poi l'affumicatura alla brace e il condimento con l'olio di sugo di pomodoro. Non finisce qui: la pasta viene chiusa eremeticamente in un involucro di mais tuffato nella cera fusa. Dopo cinque giorni in frigo, si apre, scalda e finisce con caviale vero e timo. Una serie di operazioni in realtà molto complicate, con l'obiettivo raggiunto di esplorare nuove sfumature di gusto. "Dicono che potrei usare la fregula sarda che gli assomiglia – ammette – ma in questo procedimento i profumi del grano e quelli del pomodoro si mischiano in un modo unico, come la concia si sposa al suino nella stagionatura".
6. Spaghetti al sugo con frutti di mare di Caterina Ceraudo, ristorante Dattilo a Strongoli
“Per favore mi scaldi gli spaghetti, ti prego anche dieci secondi in microonde?”. La domanda le è stata rivolta davvero qualche volte, quando ai clienti è arrivato il piatto. Perché quegli spaghetti che sono un piccolo capolavoro di equilibrio del gusto, sono freddi. Sì, sono stati pensati freddi. E, sebbene sia scritto chiaro chiaro nel menu, non te lo aspetti, perché scolvolgono le abitudini, perché la mente si fa ingannare dagli occhi e quel piatto di Spaghettone, pomodoro e frutti di mare, la lingua e i denti se lo prefiguravano caldo. La dolcezza iodata delle cozze e vongole, fatte aprire in modo che restino succulente, polpose, morbide, è sostenuta dalla dolcezza acida del pomodoro e dal morso dello spaghettone, il cui cui sapore di grano è tanto più percepibile proprio grazie alla temperatura scelta.
7. Sapori del cuore di Valeria Piccini, ristorante Da Caino, Montemerano (Gr)
Il nome del piatto è meno romantico di quanto sembri in apparenza, ma è comunque un inno d'amore alla natura, alla sostenibilità, al senso del dovere: il dovere che ogni cuoco ha di non sprecare cibo, soprattutto quando il cibo era un essere vivente. Gli spaghettoni allora sono conditi da grasso di manzo e cuore grattugiato. Due parti di solito scartate dell'animale. La pasta è mantecata in bianco usando il grasso del manzo, staccato dalla carne, sottoposto a un processo di frollatura, poi emulsionato con acqua di grana. Il cuore di manzo è stato sbollentato ed essiccato fino a che diventa duro come un formaggio dalla lunghissima stagionatura. Al termine, viene grattugiato sugli spaghetti, alla maniera di una bottarga. Zero scarto, grande gusto, tutto il gusto intenso e di fortissimo carattere.
8. #Unico di Gianfranco Pascucci, ristorante Pascucci al Porticciolo, Fiumicino
Il nome del piatto è un gioco di parole attorno al classico binomio della pasta “mare e monti”. Si parte con un infuso di calamaro leggermente tostato, scalogno e ceci. Si prepara un gel di pescatrice ottenuto dal fegato cotto al forno, la testa saltata in padella, la lisca essiccata. Il brodo viene fatto restringere fino ad ottenere un panetto, che si usa poi al posto del burro. Il brodo viene addizionato con colatura di alici e del tè Bancha Kukicha fermentato. Le tagliatelle vengono tirate in questa combinazione, mentre il tocco finale è dato da lentisco e bergamotto, nel piatto assieme a qualche frammento di funghi porcini. Un piatto dal sapore complesso, deciso, dal profumo intensissimo di mare, di alga, di scoglio, al tempo stesso goloso, burroso, morbido.
9. Spaghetti ai ricci di mare di Domenico Soranno, di Langosteria a Milano
In pochi casi esiste un equilibrio così perfetto tra dolcezza e mineralità, piccantezza e acidità, il tutto chiuso da sentori amarostici, in un piatto apparentemente semplice, che gioca sulle distanze nanometriche, sulla mano e la sensibilità dell'esecutore. In un abbraccio Spagna-Sud Italia, insieme agli spaghetti troviamo i ricci di mare della Galizia e le cime di rapa della Puglia. Il palato incontra il pizzicore tipico dell'ortaggio e l’energia del peperoncino, bilanciati dalla dolcezza un po’ grassa e salina propria del riccio.
10. Spaghettini al burro di camomilla di Antonia Klugmann, ristorante L’Argine a Vencò
Un piatto dove non esistono asperità, ma carezze, che riportano alle prime pastine mangiate da bambini. Una pasta che parla all'animo, ma parla da un alto livello di consapevolezza e padronanza. Un piatto tanto rassicurante al palato quanto complesso nell'ideazione. Proprio a questo ricordo fa un omaggio la chef di Dolegna del Collio, ma a modo suo, rielaborando sensazioni lontane con sapienza matura, ed ecco gli spaghetti spezzati, risottati con crema di cavolfiore, mantecati al burro di camomilla e infine impreziositi da geranio odoroso e polvere di camomilla. Note dolci si arrotondano con la balsamicità intensa del geranio odoroso, si spigolano con la tostatura e riduzione della polvere di camomilla, quasi pungente, per completarsi con una simil besciamella di cavolfiore, frutto della risottatura e degli amidi riflessi in cottura. Un piatto tecnico e profondo.
11. Stroncatura di Antonio Biafora, ristorante Hyle San a Giovanni in Fiore (Crotone)
La Stroncatura, ruvida, di spiccata acidità, ricca di crusca, era ottenuta in passato dalla “scopatura” degli scarti sui pavimenti del pastificio. Oggi rivive in piatti di chef calabresi che ne perpetuano il ricordo. “Come avrebbe fatto mia nonna – spiega lo chef – l’ho condita con i talli, ma lei di certo non approverebbe invece la sardella”. Un po’ di tradizione dunque, con i gambi della pianta delle zucchine e un po’ di licenza poetica, ma restando nella regione, visto che la sardella è uno dei prodotti simbolo. Il piatto è di raro equilibrio, la pasta, nonostante imiti una zuppa nella pseudo brodosità, resta ben al dente e porta in bocca una bontà ancestrale, erbacea e sapida.
12. Le penne lisce alla "Bonne Femme" con tonno di Domenico Stile, ristorante Enoteca la Torre a Villa Laetitia di Roma
Il piatto è l'omaggio alla classica puttanesca. Col tocco del tonno, che la madre dello chef aggiungeva alla conserva di pomodoro fatta in casa e faceva andare a fiamma bassa per un oretta circa con tutti gli ingredienti. Riprendendo i due ricordi, Stile ripropone quello che considera "il piatto della felicità perchè molto saporito". La sua variante stellata vuole esaltare al massimo i singoli ingredienti. Quindi risotta le penne lisce in una salsa di pomodoro ottenuta con le lische del tonno fresco fatte cuocere per circa tre ore. Aggiunge olive nere e verdi mantecando con un filo di olio extravergine. Compone il piatto spolverando le penne solo alla fine con polvere di capperi e una dadolata di tonno rosso crudo marinato all'arancia e un pesto liscio di dragoncello per la nota fresca e balsamica.
13. Fusilloni al pesto di erbe alpine di Edoardo Fumagalli, Locanda Margon a Trento
Si tratta letteralmente di una passeggiata in montagna: nel pesto sono usate tutte le erbette spontanee che lo chef e i suoi collaboratori raccolgono nelle campagne intorno al ristorante trentino. E cento per cento prodotti di montagna sono quelli che condiscono i Fusilloni monograno: le chips di caviale di trota alpina, sapidissime e intense come una bottarga di tonno (che lo chef prepara da solo), il Trentin grana e pinoli, i fiori di campo e i pomodorini leggermente canditi che – a dispetto dell'altitudine – crescono nel suo orticello. Un bel sapore fresco e balsamico.
14. Spaghettoni, melanzana affumicata e ricci di mare di Luca Abbruzzino, ristorante Abbruzzino, Catanzaro
Una sorta di mare e orto 3.0, cremosi, suadenti, dolci. Dopo i suoi famosi fusilli con ricci e 'nduja, Abbruzzino mette a segno un altro grande piatto che si candida a diventare tra i suoi più celebri signature dish. C'è tutta la Calabria, e il suo stile, in queste forchettate da arrotolare: lievi al primo assaggio, il sapore è un crescendo con la masticazione. Indistinguibili la melanzana grigliata – piccantina, amarognola e dal sentore delicatamente affumicato – e i ricci, grassi, dolci, minerali, che insieme formano un'unica salsa cremosa e aromatica.
15. Spaghetti al bbq di Michelangelo Mammoliti, La Madernassa, Guarene (Cn)
Si chiamano al barbecue, ma sarebbe meglio dire "alla braciola". Lo spaghetto bbq è il racconto del sapore della braciola di maiale che prepara il padre dello chef, la domenica per le grigliate in famiglia. Uno spaghetto cotto in estrazione di prosciutto di Cuneo, cotto al barbecue, l’idea era riportare all’interno di un piatto con sembianze diverse il ricordo. Ha usato il prosciutto per la parte proteica, il sapore della carne e poi il burro profumato al bbq per l’affumicato. Sopra pane tostato polverizzato. Alla vista uno spaghetto in bianco, ma in bocca un'esplosione di sensazioni ben sintetizzate. Su pasta dalla cottura perfetta.
Fuori gara, le Linguine allo scoglio del Pesce Baracca a Forte dei Marmi. Come ogni anno, la classifica prende in considerazioni le nuove ricette in carta nell'anno in corso. Ma rende omaggio a uno dei grandi classici ancora realizzati come da decenni si fa nei locali italiani secondo tradizione. In questo caso una ricetta degli anni Sessanta, con prodotti ittici appena pescati, l'olio di qualità e tutti i segreti di casa Vaiani nella ricetta della nonna.
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