Chiudere gli occhi e immaginare Palermo nel dodicesimo secolo quando, a sentire John Julius Norwich, ospitava la corte più colta d’Europa, «luogo in cui si incontravano eruditi, geografi, studiosi di scienze e matematici sia cristiani sia ebrei sia musulmani». O forse per vederla, quella capitale ospitale, aperta, multireligiosa, basta tornare alla Cappella Palatina dove «le tre grandi civiltà del Mediterraneo, latina, greca e araba» sono fianco a fianco «in pace e armonia».
Breve Storia del Mediterraneo dello studioso e storico John Julius Norwich, pubblicato dalla casa editrice Sellerio, (pagine 1097, 20 euro), si può leggere come un libro di avventure e di viaggi; come un manuale di storia che mette al centro i personaggi; oppure come una cartolina spedita dal passato per farci comprendere il presente. Negli anni dei barconi dei migranti inghiottiti dalle onde, con il mare trasformato in cimitero, riscoprire la storia del mare di mezzo, definirne i confini, può forse aiutarci a vedere un solo popolo, il popolo del Mediterraneo, da Tripoli a Trieste, da Istanbul a Barcellona.
Con Norwich navighiamo con i Fenici che a Mozia fondano una colonia commerciale, così come a Ibiza e nelle coste del Nord Africa. E ancora con i greci che si spingono fino a Siracusa dove anni dopo, nel 663 dopo Cristo, arriva «un migrante insolitamente illustre», l’imperatore bizantino Costante II, che per cinque anni trasferisce la capitale dell’impero in Sicilia.
È facile pensare al Mediterraneo come un a museo diffuso guardando al mondo greco, che ha lasciato testimonianze a Siracusa e Segesta, a Napoli e in Turchia. Nella Sicilia greca viaggia Eschilo, il primo grande nome dell’età dell’oro della letteratura, ed è in Sicilia che muore, «ucciso secondo la tradizione da un’aquila che scambiò il suo cranio calvo per una roccia lasciandovi cadere sopra una testuggine per romperne il guscio». E sull’Isola viaggia anche un inconsolabile Platone, scosso dalla morte di Socrate.
Norwich ci porta poi nella Sicilia normanna, dove «greci e saraceni convivevano su un piano di parità con normanni e latini». Ci accompagna dentro alla cattedrale di Palermo dove a Natale del 1130, Ruggero II viene incoronato re di un regno poliglotta dove latino, greco e arabo sono tutte lingue ufficiali, con l’Isola principale canale attraverso il quale il sapere greco e arabo giunge in Europa. Non è un caso che la Cappella Palatina nasca con Ruggero il normanno. E sarà nella città più colta d’Europa che crescerà il nipote Federico II, detto Stupor mundi, che parlerà sei lingue, e nella cui corte sarà inventato il sonetto. A lui Norwich dedica un capitolo intero e un tributo speciale: «Se i trovatori provenzali in fuga dagli orrori della crociata contro gli albigesi non fossero stati accolti calorosamente a Palermo insieme ai loro ideali di amore cortese, la letteratura italiana avrebbe potuto prendere una direzione del tutto diversa e forse la Divina Commedia non sarebbe mai stata scritta».
Siamo a bordo della Vanguard quando alle 2 del mattino del 26 dicembre 1798 dopo un viaggio terribile – «il vento più forte di cui abbia mai fatto esperienza dacché vado per mare» – Nelson getta l’ancora al porto di Palermo con a bordo il re di Napoli Ferdinando di Borbone e la consorte, la regina Maria Carolina, sorella della decapitata Maria Antonietta: nel grande libro della storia del Mediterraneo la Sicilia è ricordata anche per la sua lotta per l’indipendenza, dai Vespri al 1848 – quando nel giorno del trentottesimo compleanno di Ferdinando II, il popolo palermitano insorge contro i dominatori borbonici – fino a Garibaldi.
Dai Fenici ai Mille, al centro della storia del mare che ha dato origine alla civiltà occidentale.
Commenti recenti