Per Nicola Zingaretti sono i giorni più complicati dall'agosto 2019. Lì, caduto il Conte primo, il segretario del Pd rinunciò controvoglia alla linea del voto anticipato per imbarcare il Pd in una difficile alleanza di governo con il M5S. Stavolta, in bilico il Conte secondo, si tratta di sottrarre il suo partito agli effetti di una crisi che di fatto è già aperta. La grande differenza con il 2019 potrebbe essere, secondo Zingaretti, il dopo: un anno e mezzo fa il Pd avrebbe dovuto affrontare le elezioni da solo, e fu una delle ragioni che affossarono l'opzione del voto, stavolta potrebbe farlo insieme al M5S.
L'INTERVISTA
Rosato (Italia Viva): "Conte non è l'unica soluzione per il Paese"
di
Emanuele Lauria
Scenari, ipotesi, scommesse. Nessuno ha certezze sull'esito della verifica. In queste ore tutti i leader sono impegnati a prefigurare le mosse proprie e quelle altrui, incastrandole secondo tutte le variabili. Zingaretti sta affrontando la fase con un profilo basso: poche dichiarazioni, messaggi mirati, molta preoccupazione. C'è da evitare un doppio concreto rischio: che il Pd appaia subalterno all'azione di Renzi contro Conte, o peggio, mandante occulto; ma anche evitare che passi come difensore dello status quo. Perché su questo punto Zingaretti è deciso e non ha nascosto il suo pensiero a nessuno degli interlocutori: il governo è paralizzato, il programma langue, avanti così non si può andare. I dem si aspettano che Conte abbia il coraggio e la volontà di proporre le mediazioni più avanzate per disincastrare i troppi dossier fermi (Mes, fondi Ue, riforme economiche e istituzionali) e anche quello di rafforzare una squadra di governo con troppi ministri in difficoltà. Ma non si può dire che in questo momento prevalga l'ottimismo.
Visti dal Nazareno i punti fermi sono questi: quello di Matteo Renzi non è un bluff; se Conte non trova una formula per sbloccare l'impasse, Renzi aprirà la crisi; lo farà perché il progetto politico di Italia viva è tecnicamente fallito (la lapide è stata il 4 per cento alle regionali toscane) e non ha più interesse a tenere viva la formula di governo che lui stesso ha propiziato l'estate scorsa; se accadrà, il Pd non ha intenzione di partecipare a formule di governo tecniche o di cosiddetta unità nazionale.
Su questo la divergenza con Renzi è netta, anche se nel Pd non tutti la pensano come il segretario. Che invece ne fa una questione dirimente e non di minaccia tattica. Zingaretti lo ha spiegato così a un suo dirigente: trovo curioso che molti di quanti contestano l'innaturalità del governo con il M5S siano gli stessi che ora ci propongono di farne uno con Salvini e Meloni. Dice Zingaretti: not in my name, non a nome mio.
Queste le intenzioni. Poi c'è la realtà, con i suoi sviluppi non del tutto prevedibili. Renzi, per esempio, si dice certo che, caduto Conte, nascerà sempre e comunque un nuovo esecutivo: troppe emergenze in corso, il Covid, il Recovery Plan da definire, e troppe forze politiche terrorizzate dal ritorno al voto, a cominciare da M5S e Forza Italia, che ne decimerebbe le truppe parlamentari. Ma qui, appunto, c'è la convinzione di Zingaretti che la prospettiva di un accordo elettorale tra dem e grillini sia la grande novità. Obiezione: il M5S ce la farebbe a sostenere politicamente una intesa del genere senza finire in pezzi? Senza che Di Battista e altri arrivino fino alla scissione? Contro-obiezione: potrebbe il M5S sostenere un governo tecnico con Berlusconi, Salvini e lo stesso Renzi fresco reduce dello sgambetto a Conte? Oppure andare al voto in solitaria rischiando di perdere il 100 per cento dei collegi uninominali?
Domande senza risposte certe, perché in questa legislatura il M5S, come e più delle altre forze politiche, Pd compreso, ha dato prova di notevole spregiudicatezza. Dunque nulla si può escludere. Bisogna considerare anche che i rapporti tra Conte e Di Maio, freddi da tempo, autorizzano a non dare per scontate le scelte del ministro degli Esteri. Nel Movimento continua ad avere una primazia anche senza i gradi di capo politico.
"Io aspetto a braccia conserte", è la sintesi che Zingaretti ha consegnato a un compagno di partito. Inteso: se Conte contribuisce alla svolta, si va avanti con convinzione. Altrimenti c'è da provare a battere Salvini e Meloni nelle urne. Senza provare a farci prima un governo insieme.
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