Un marchio che è una leggenda e non solo perché è uguale ad un altro brand famoso in tutto il Pianeta, sinonimo di eccellenza e passione: in una sola espressione il meglio del Made in Italy. Il Ferrari e la Ferrari (copyright del Drake, al secolo Enzo Ferrari, fondatore della scuderia di Maranello) sono due grandi realtà italiane. Sgombrato il campo e scelto in quale stare specie in questi giorni di festa e brindisi, raccontare oggi la realtà delle cantine Ferrari non è un compito facile. Ambasciatrici dell'arte di vivere italiana, le cantine Ferrari hanno saputo conquistare prima gli italiani e poi un vasto pubblico internazionale, avvicinando milioni di consumatori a quelle che appare davvero riduttivo chiamare le altre bollicine. Il Trento Doc non solo è un prodotto di grande qualità ma ormai, da tempo, ha trovato il suo spazio sullo stesso scaffale dei grandi Champagne. Dentro un calice di Ferrari non ci sono non solo i profumi del Trentino, ma anche l'eccellenza enologica italiana, caratterizzata, come spiegano bene enologi, esperti e critici, da un legame indissolubile con il territorio, dalla inesauribile voglia di migliorarsi attraverso l'utilizzo e la sperimentazione di nuove tecnologie, sperimentazione che si accompagna da sempre al duro lavoro in vigna e in cantina.
Del resto a raccontare o come si dice rendere in uno storytelling, questi sforzi basta la storia della Cantine. Fondate nel 1902 da Giulio Ferrari, quando Trento era ancora una provincia dell'impero autro-ungarico, il gruppo ha saputo mantenere la fisionomia di azienda familiare con il passaggio della proprietà, nel lontanto 1952, alla famiglia Lunelli. Grazie all'intuizione del capostipite Bruno, le cantine Ferrari vengono così trasformate in un'azienda moderna, fedele al metodo classico Trento Doc e ben ancorata, se si può dire di una azienda di montagna, al suo territorio d'elezione. Non a caso per gli spumanti Ferrari in tanti parlando di "Genius loci", un'espressione che si può declinare in tanti modo partendo dai suoi contadini e dalle sue tradizioni.
Le cantine Ferrari si apporvigionano esclusivamente da uve provenienti dai terreni di proprietà (che sono ormai il 20% delle campagne trentina) e da circa 600 conferenti selezionati con attenzione e incentivati a migliorare anno dopo la qualità delle uve. Questo vuol dire produrre puntando sempre alla massima qualità con metodi di coltivazione biologici o sottoscrivendo un prootcollo di di viticultra "salubre e sostenibile". Non solo. Le cantine Ferrari stanno incrementando negli anni gli impianti situati in quote elevate per migliorare ancora di più le caratteristiche organolettiche delle uve, in modo da soddisfare la domanda di prodotti di alta gamma come le riserve e i millesinati.
Come racconta ad esempio Matteo Lunelli, terza generazione della famiglia e attuale presiente del gruppo "non bisogna mai scendere a compromessi con la qualità". "I nostri tecnici – spiega – vanno in vigna con l'Ipad, utilizzano software cartografici, sono collegati con centraline meteo che rilasciano le condizioni in tempo reale su tutto il territorio trentino. Conosciamo molte più informazioni, e questa è una grande conquista, sui nostri territori, la loro composizione minerale, le risorse idriche disponibili. Ma il nostro tesoro sono comunque le montagne del Trentino che fanno la diferenza".
In questa direzione va anche l'ottenimento da parte della cantine Ferrari della certificazione "Biodiversity Friend" dalla Wolrd Biodiversity Association, che conferma lo sforzo green dell'azienda, attenta anche a ridurre l'impatto di tutto quello che sta attorno a una bottiglia: dall'etichetta al packaging alla logistica.
Premiati con centinaia di riconoscimenti a livello internazionale a cominciare dal "World Class Sparkling Wine " di Wine Spectator, le cantine Ferrari esportanto il Trento Doc in oltre 50 paesi con quote di mercato rilevanti in Germania, Giappone e Stati Uniti. Negli utili anni alle cantine Ferrari si sono aggiunte anche le tenute Lunelli che sono, se così si può dire, espatriate dal Trentino dopo la prima acquisizione della tenuta Margon per raggiungere la Toscana e l'Umbria. Sperimentata la vinificazione di uve Chardonnay e Pinot nero nei vini fermi, il gruppo Lunelli ha acquisito negli anni Novanta la tenuta Podernovo a Terriciola in Toscana, dove vengono coltivate uve sangiovese che si affiancano ai classici bordolesi come il cabernet sauvignon, il cabernet franc e il merlot. Il risultato sono vini di grande intensità che di basano su due elementi semplici ma fondamentali: la mineralità del territorio (straodinariamente ricco di fossili e conchiglie) e la brezza del vento della vicina costa. Qui alla scrupolosa adesione ai principi della coltivazione biologica si aggiunge il contributo del progetto AnimaVitis, che punta sulla nuova frontiera della cosiddetta agricoltura di precisione. In pratica attraverso l'ausilio di sensori ad infrarossi è posibile stabilire i giusti interventi da effettuare ogni 5 metri di vigna, cioè circa 6 piante. Il risultato sono bottiglie ed etichette importanti dall'intesità olfattiva molto complessa.
Discorso simile per i prodotti della tenuta Castelbuono in Umbria, segnata dall'architettura del celebre carapace, ideato da Arnaldo Pomodoro, modello unico di edificio-scultura, che si integra con il territorio circostante. Qui i protagonisti sono innanzitutto il Sagrantino, vitigno difficile ma capace di regalare grandi sorprese in cantina, e il Sangiovese, il Cabernet e il Merlot utilizzato nella produzione del Montefalco rosso. Caratterizzate da un colore rosso rubino unico, le etichette della tenuta Castelbuono dimostrano un carattere particolare richiamando al naso, in maniera diversa, tanti sentori dalla ciliegia, alla ftutta nera alle spezie.
Tornando alle bollicine, l'attuale produzione della cantine Ferrari, anzi sarebbe meglio dire lo stile Ferrari, si esprime in dodici Trenta Doc, dalle linee Classica e Maximum, alle riserve come il Giulio Ferrari Riserva del fondatore, dedicato all'uomo che ha dato vita, appunto, ad uno stile di bere.
Commenti recenti