Appena tornato dall’Indonesia, Daniele Leali è in un caffè del centro di Milano, all’ultimo piano della Rinascente. Da molti viene definito il “braccio destro” di Alberto Genovese e anche l’anima della vita notturna e delle feste organizzate dall’imprenditore napoletano arrestato con l’accusa di stupro nella sua “Terrazza Sentimento” lo scorso 10 ottobre, proprio dopo una di quelle serate. Lo incontriamo con il suo avvocato, Sabino Di Sibio dello studio legale Lexant, a poche ore dal suo atterraggio. Felpa scura, faccia abbronzata, accento milanese.
Leali, a più di due mesi di distanza dai fatti, cosa pensa oggi di quella notte?
«Che era una serata normale a cui partecipavo con la mia fidanzata, in una giornata piacevole in cui c’erano molte altre coppie di nostri amici, di età media sopra i trent’anni. Su sessanta invitati solo cinque avevano meno di 25 anni».
Una di queste, la più piccola, è stata vittima di uno stupro. Davvero lei se la sente di dire che Genovese non aveva mai dato segnali preoccupanti?
«La verità è che non c’era nulla che facesse pensare che una nottata piacevole con gli amici si sarebbe conclusa con un epilogo così drammatico. Nulla di Alberto poteva far presagire che sarebbe successo quello che è successo».
Non trova che i fatti di quella notte, descritti dagli inquirenti, siano brutali?
«Sì, certo. Ma bisognerà vedere se corrisponde tutto alla verità, quella che abbiamo sentito è solo la parte accusatoria».
Qualcosa di grave però è accaduto.
«La mia idea è che il mix di alcol, droghe e sesso lo abbiano portato ad andare oltre, a oltrepassare degli eccessi che sono considerati da molti al limite. Quella notta qualcosa non è andato per il verso giusto. Se dovessero essere confermate le accuse, significa che Alberto aveva una doppia faccia e che questa seconda io non l’avevo mai conosciuta».
Gli investigatori hanno trovato foto e video hard spediti nelle chat con gli amici, con i commenti espliciti sulle ragazze. Lei di questo non sa nulla?
«Sapevo che facesse pratica di sesso estremo, ma non ho mai scambiato con lui materiale di quel tipo. So che faceva parte di una chat, ma io non c’ero. Io ero in un’altra chat, la “Sentimento Crew”, una semplice tra amici. Aveva un rapporto libertino con la sua fidanzata, ma io non giudicavo, non mi interessava. Quando cercava di buttarla su quei discorsi di sesso lo stoppavo subito e gli dicevo: “Albi no, non mi interessa”».
Lei è indagato per spaccio. Una ragazza dice di averla vista con un vassoio di droga in mano. Cosa c’è di vero?
«Nulla, respingo tutte le accuse. C’era chi usava droga, ma lo faceva in modo appartato».
Come erano arrivate in casa le sostanze?
«Non lo so, io non c’entro. L’avrà comprata Genovese, ma non so da chi».
Ha più sentito la ragazza che ha denunciato la violenza del 10 ottobre?
«Sì, ci siamo visti circa 20 giorni dopo la festa. L’ho incontrata per sapere come stava e anche per conto di Genovese che voleva che gli avvocati si parlassero. All’inizio era un po’ tesa. Poi mi ha abbracciato».
Non si sente un po’ responsabile?
«Assolutamente no. Lei stessa continua a ribadire che io non c’entro niente con quanto accaduto quella notte. E per me è importante. Ci siamo sentiti fino a pochi giorni fa, dice che tutto il clamore mediatico è ingiusto per entrambi. Dice di allearci tutti e due dal lato della giustizia e che ne usciremo vincitori».
Genovese era aggressivo?
«No, era autoritario con le persone che lavoravano per lui. Il successo delle sue aziende probabilmente è dovuto anche a questo. Ma non era aggressivo. Aveva sempre paura che qualcuno potesse fargli del male, aveva sempre paura del dolore fisico, non sciava per paura di spaccarsi una gamba. Non voleva neanche guidare. Anche le telecamere in casa ce le aveva per paura».
Ci sono altre tre ragazze che si sono fatte avanti denunciando e raccontando. Conosce quelle storie?
«Le ultime due non ho idea di chi siano, quella che ha parlato dei fatti di Ibiza la conosco, eravamo insieme in vacanza. Di quella sera ricordo che la notte Alberto, la fidanzata e quella ragazza se ne andarono tutti e tre in una camera. Era una stanza vicino alla mia. La mattina dopo li vidi uscire tutti e tre abbracciati. Nessuno aveva idea che ci fosse stata una violenza sessuale, magari una serata con della droga ed eccessi, ma non violenza. Lei il giorno dopo mi chiese: che cosa è successo ieri sera? Io le ho detto “non lo so, se non lo sai tu”. Mi fece vedere i lividi ai polsi e le dissi: “Avete esagerato ieri sera, ci avete dato dentro”».
Cambierà il suo modo di lavorare da adesso?
«Sicuramente darò meno confidenza alle persone. Quello che è successo ha rovinato la mia immagine di professionista: ho perso la stima di tante persone in quel mondo lì che mi vedevano fare tutto, ero un plus, un grande organizzatore che stava gestendo il party di un imprenditore della madonna. Poi mi si è rigirata tutta contro e pensano che io fossi l’organizzatore di chissà quale meschinità».
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