"Ha approfittato della mia fragilità, mi ha plagiato il cervello. Sono stata truffata sentimentalmente senza accorgermene, quell'uomo ha sfruttato la mia fede e la mia religione. Poi ha iniziato a ricattarmi dicendomi che mi avrebbe distrutto, che avrebbe pubblicato mie foto private online. Quanti soldi gli ho dato? Centinaia di migliaia di euro, mi vergogno a dirlo. Gli ho dato il mio fondo pensionistico, tutti i risparmi di mia madre e ho chiesto anche un mutuo. La mia famiglia non ne sa niente ma ho deciso comunque di andare da un avvocato. Bisogna parlarne. Solo così ci si può difendere".
Federica, nome di fantasia, è un'impiegata piemontese di 60 anni. È stata vittima di una truffa sentimentale, un fenomeno sempre più diffuso. Sono addirittura centinaia le vittime della banda, composta da nigeriani e un italiano e sgominata dalla Guardia di finanza di Torino, che aveva dato vita a un giro di riciclaggio di milioni di euro con i soldi spillati alle vittime.
Dodici le donne, tra cui molte straniere, che sono state identificate e che hanno raccontato come siano state avvicinate e circuite da uomini che si spacciavano per piloti di aerei, comandanti di navi, ingegneri petroliferi, militari impegnati all'estero e persino agenti dell'Interpol. La base era a Torino dove in 19 sono stati arrestati. Un fenomeno di cui si parla sempre più grazie a realtà come Acta, associazione contro le truffe affettive e per la lotta al cybercrime, di cui è presidente Jolanda Bonino. Proprio ad Acta si era rivolta Federica.
Quando e come questa persona l'ha avvicinata?
"Su Facebook, era il 24 luglio di quest'anno, lo ricordo bene. Mi ha detto di essere un soldato americano in Siria. Credo abbia visto dei dettagli sul mio profilo che richiamavano all'America. Mi ha chiesto se volessi diventare sua amica e di dargli il numero di telefono. Mi sono detta 'Che male potrà mai farmi, non può essere violento se non ci incontriamo'. Ero fragile e debole. Mi ha mandato il suo passaporto e delle foto, ho iniziato a fidarmi. Poi ha visto che pubblicavo immagini di santi e ha sfruttato questo. Ha iniziato a chiedermi di pregare per lui. Me lo diceva: 'Prega per me che sono in guerra, e per i bambini che soffrono'. E io mi fidavo, ci credevo ed emotivamente ero dispiaciuta".
Bambini malati, documenti falsi, fotomontaggi: gli sporchi trucchi dei "truffatori del cuore"
Bambini ricoverati in gravi condizioni, operazioni chirurgiche, carcerazioni ingiuste, scatole piene di denaro "da riscattare". Erano tanti i trucchi che i "truffatori del cuore" senza scrupoli, che si fingevano soldati Usa al fronte, ricchi possidenti francesi, agenti segreti Interpol, piloti di aereo e così via, usavano per spillare soldi alle loro vittime, per lo più donne over 60 agganciate su Facebook
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Quando ha iniziato a chiederle anche denaro?
"All'inizio era un'amicizia: lui mi scriveva per darmi il buongiorno e raccontarmi il suo impegno sul campo. Poi mi ha detto che un commilitone era saltato in aria, che aveva paura. E mi ha parlato di una scatola con del denaro che doveva riscattare dal governo siriano. Quella volta mi ha chiesto i primi soldi e io ho iniziato a darglieli. Poi dopo la scatola mi ha raccontato di essere andato in Libano dove ha avuto un incidente e doveva operarsi a una gamba: mi ha dato il nome della clinica e del chirurgo e io ho chiamato per accertarmene. Mi ha anche mandato una foto con la gamba ingessata ma poi ho scoperto che erano tutte immagini ritoccate, aveva messo un'altra faccia su una foto esistente, come credo il passaporto. Quando mi ha parlato di una seconda operazione mi ha dato nomi molto strani e mi sono insospettita, così ho chiamato l'ambasciata".
A un certo punto ha deciso di non dargli più denaro, è così?
"Sì, ma lui ha cominciato a ricattarmi. Io ero terrorizzata, gli avevo mandato delle mie foto parzialmente nuda, in alcune si vedeva anche il viso, e lui ha minacciato di pubblicarle. Mi ripeteva spesso tre parole, "destroy", "angry" e "fight", ovvero distruggere, arrabbiato e combattimento, dicendomi che mi avrebbe fatto la guerra, che avrebbe distrutto me e la mia famiglia. Ma mio marito non ha mai saputo nulla".
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di
Cristina Palazzo
Quando ha deciso di denunciarlo?
"Dopo averne parlato con delle colleghe. Mi sono rivolta all'associazione Acta e tramite loro a un avvocato che sta portando avanti la pratica. Si dovrà capire se c'è dietro un'organizzazione. A quel punto ho imparato che sono due le storie che spesso si ripetono: o soldati americani in missione o un signore francese che ha interessi in Costa d'Avorio. Non seguendo più trasmissioni come 'Chi l'ha visto' non sapevo che fosse una truffa ripetuta".
Lo sente ancora?
"Sì. Mi ha scritto anche oggi, continuando a martellarmi e chiedendomi denaro. Gli ho detto che mi hanno bloccato il conto, che non ho più soldi e che quelli che gli ho dato erano per il mio futuro, che doveva restituirmeli. Ma lui continua a ripetermi che è in ospedale, che io sono egoista e che penso solo ai soldi. Ma nonostante questo il mio avvocato mi ha consigliato di mantenere il collegamento".
Ha paura?
"Non può farmi niente, non ho più paura se pubblica le mie foto. Ma ho paura di non riavere i miei soldi. Spero di riuscirci avendo sempre fatto il bonifico su conti italiani, ma forse non li rivedrò più. Erano per il mio futuro e ora mi vergogno. Ma che scelta ho? Uccidermi? No, anzi sono stata fortunata perché mi hanno raccontato di donne finite in carcere. Ma bisogna parlarne sempre".
Cosa consiglierebbe?
"Non dare mai il numero di telefono. Partono da quello. E' facile cadere nella trappola ed essere plagiati: sono truffatori seriali e preparati, quando inizi a cedere si attaccano a te e ti svuotano. Io spero di recuperare almeno una parte di me. Ma quelli ti distruggono dentro".
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