A chi non l'ha visto non mi sento di rovinare questo gioiello di Fritz Lang rivelando qual è la sequenza del sogno. Non me lo perdonerebbe. Ma volendo parlare di sogni nel cinema è impossibile ignorare La donna del ritratto (The Woman in the Window, anno 1944, su YouTube). Fin dai titoli, originale e in versione italiana, gli specchi si moltiplicano: la tela del ritratto, la vetrina dove è esposto e, naturalmente, la macchina da presa che ritrae la donna ritratta. Rifrazioni che rendono visibile l'invisibile, cioè l'inconscio onirico che è il vero protagonista del film.
Dopo avere accompagnato alla stazione moglie e figli in partenza per le vacanze, Richard Wanley, criminologo e professore di mezza età, raggiunge gli amici per una serata al club. Strada facendo, rimane colpito dal dipinto di una donna che fa mostra di sé nella vetrina di un negozio. Imprevedibilmente la donna si materializza alle sue spalle e con lei prende corpo un superbo noir: un delitto, l'inchiesta giudiziaria, molte tracce. Inquadrature nude di oggetti totemici la cui icasticità in bianco e nero enfatizza il tumulto emotivo dei personaggi.
Noi spettatori sappiamo già chi è l'assassino, eppure gli indizi – le impronte di pneumatici, una ferita alla mano, la stoffa di un abito impigliata nel filo spinato – ci fanno ogni volta sussultare. Come se la macchina da presa continuasse a girare il dito nella piaga. Cioè nelle fantasie e nei fantasmi di un signore "per bene", nel riflesso dei segreti che tutti nascondiamo e che il demone degli incubi è così bravo a stanare. Le scritte in sovraimpressione del vecchio trailer annunciano in chiave pop l'eterno schema analitico desiderio-tentazione-trasgressione-colpa: "Lo sguardo negli occhi di una donna e la solitudine nel cuore di un uomo infiammano un'avventura pericolosa". Che è sempre l'avventura del cinema.
Sul Venerdì del 18 dicembre 2020
Commenti recenti