ROMA – Servono gli investimenti per superare la crisi innestata dal Covid 19. Eppure il 41 per cento delle imprese italiane investirà meno di quanto aveva preventivato prima che il Covid 19 apparisse all'orizzonte. Chi lo farà metterà soldi soprattutto nel digitale, innovando così la struttura aziendale. Nella convinzione, soprattutto nel settore manifatturiero, che la risposta al virus non può che arrivare dall'innovazione tecnologica. Quella che in fondo in questi mesi ha salvato tante piccole e medie aziende dal fallimento.
Un quadro d'insieme che è emerso dalla tradizionale indagine della Banca europea degli investimenti, la Bei, che ha analizzato il futuro andamento degli investimenti a livello europeo e di singolo Paese. Che un rallentamento fosse all'orizzonte era nell'aria, anche se ciò che fa da volano per uscire dalla crisi sono proprio gli investimenti. Il fatto positivo è che le aziende italiane hanno deciso di innovarsi in un mondo dove il Covid 19 ha ucciso molte certezze. Tant'è che l'incertezza secondo l'analisi della Bei è uno dei maggiori ostacoli agli investimenti delle imprese, tanto da rappresentare un limite per il 96% di quelle italiane.
"L'indagine della Bei dimostra che prima dell'epidemia di Covid le imprese italiane stavano investendo nella giusta direzione, con una spesa per l'innovazione superiore a quella della media dell'Ue. Ora la pandemia sta frenando gli investimenti e rischia di compromettere la nostra capacità di affrontare le sfide del XXI secolo – dichiara Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei – c'è dunque bisogno di un'azione congiunta a livello europeo per superare l'incertezza in quanto fattore che condiziona le società italiane più di quelle di altri Paesi. È necessario investire ora e guardare oltre la ripresa in un'ottica di transizione climatica e digitale. Il Gruppo Bei è uno dei maggiori investitori europei nel campo dell'innovazione e rappresenta inoltre la 'banca dell'UE per il clima'. Di conseguenza è in grado di assumere un ruolo importante in relazione a queste sfide e al sostegno necessario per far decollare gli investimenti."
Prevale il pessimismo
L'indagine mostra come, con il 50% delle imprese che intendono ridimensionare i propri piani di investimento in risposta alla pandemia di coronavirus, il settore manifatturiero sia quello maggiormente interessato dal calo degli investimenti. Le imprese italiane, scrive la Bei, si caratterizzano per un'impronta pessimistica delle previsioni a breve termine in relazione alla maggior parte degli aspetti toccati dal sondaggio. In Italia le imprese che si aspettano un deterioramento del contesto politico-regolamentare, del clima economico, delle prospettive di business e della disponibilità di finanziamenti interni nei prossimi dodici mesi sono più numerose rispetto a che al contrario si attendono un miglioramento.
Tuttavia, a differenza della sensazione generale a livello europeo, la percentuale di imprese italiane secondo cui la disponibilità di finanziamenti esterni è destinata a migliorare è superiore del 21% rispetto a quella delle analoghe realtà che si attendono invece un peggioramento in questo senso (contro una media negativa dell'Ue pari a -2%). Con ogni probabilità il dato italiano tiene conto degli effetti delle politiche economiche attuate. Infine, per quanto attiene gli ostacoli agli investimenti a lungo termine, quasi il 96% delle imprese italiane intervistate vede l'incertezza sul futuro come un importante impedimento. La percentuale di imprese che si pronunciano in questo senso è aumentata rispetto alla precedente edizione dell'indagine ed è anche leggermente più elevata rispetto alla media dell'Ue, pari all'81%. L'incertezza si sa fa male al mercato, alle imprese, ma anche ai lavoratori che sono sempre più precari, dunque incerti sul futuro.
Nel digitale la salvezza
I risultati dell'indagine indicano che oltre due terzi (67%) delle imprese italiane hanno introdotto, in tutto o in parte, almeno una delle diverse tecnologie digitali menzionate nel sondaggio. Da questo punto di vista si è quindi registrato un aumento della percentuale rispetto alla precedente edizione dell'indagine, che aveva fatto registrare un 58%. Inoltre il 45% delle imprese italiane si aspetta un incremento nell'utilizzo delle tecnologie digitali nel futuro post Covid-19. L'indagine rivela che sono soprattutto le grandi imprese a pronosticare un maggior ricorso alle tecnologie digitali (52% contro il 40% delle Pmi). Peccato però che l'Italia ha un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese. Ecco perché prevale il pessimismo.
L'Italia innova. Un altro elemento interessante è che nel 2019 le imprese italiane hanno dato prova di innovatività. Il 49% ha infatti sviluppato o introdotto nuovi prodotti, procedure o servizi, e l'11% ha dichiarato che tali innovazioni prima non esistevano a livello nazionale o mondiale. Nel complesso, sono percentualmente più numerose le imprese italiane che hanno sviluppato un'innovazione rispetto alla media dell'Ue, pari al 42%. Dunque facciamo meglio rispetto a altri Paesi Ue, che però in molti casi erano più avanti di noi.
Le imprese italiane consapevoli dei cambiamenti climatici. Oltre i tre quinti (63%) delle imprese italiane ritengono che la loro attività abbia subito le conseguenze dei cambiamenti climatici e delle mutate condizioni meteorologiche che ne derivano. Il 23% di tali imprese ha addirittura parlato di "impatto rilevante". E in Italia, rispetto al resto d'Europa, sono più numerose le imprese che prevedono un impatto positivo sulla propria attività del passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio rispetto a quelle che invece vedono in tale transizione un fattore negativo. Nel complesso, sono più numerose le imprese che prevedono un impatto positivo della transizione a livello di reputazione, domanda di mercato e catena di approvvigionamento nei prossimi cinque anni rispetto a quelle che si attendono invece conseguenze negative in tal senso. Tant'è che quasi due terzi (65%) delle imprese italiane ha già investito o intende investire nei prossimi tre anni in misure volte ad affrontare l'impatto degli eventi meteorologici e a ridurre le emissioni di carbonio. Un dato in linea con la media dell'Unione (67%).
"L'indagine della BEI sugli investimenti – ha dichiarato Debora Revoltella, capo economista Bei – mostra chiaramente come le imprese dell'Ue si trovino ad affrontare sfide sempre più ardue. Nel contempo anche l'epidemia di Covid 19 ha innescato una trasformazione del mercato che ha imposto alle imprese determinati investimenti e una maggiore capacità di adattamento nelle direzioni della digitalizzazione, dell'innovazione, del clima e della riorganizzazione delle catene globali del valore. Le esigenze di investimento e la pressione sui finanziamenti interni delle imprese europee richiedono agli investitori pazienza e prospettive di lungo termine, con una combinazione di capitale, debito e assistenza tecnica nonché servizi di consulenza".Original Article
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