La sconfitta del Napoli a Milano con l'Inter ha sollevato una questione quasi filosofica. È stato il tecnico azzurro Gattuso, uno che in campo non le mandava certo a dire, a aprire il dibattito su un argomento che nella fattispecie riguardava Insigne e la sua espulsione, ma che più in generale coinvolge potenzialmente ogni calciatore su qualsiasi campo di calcio e ovviamente gli arbitri, tutti, dalla Serie A all'Eccellenza.
"Solo in Italia si mandano fuori i giocatori perché mandano a cagare un arbitro dopo un rigore dubbio", la polemica di Gattuso. Insomma, per lui l'espulsione era ingiustificata, nonostante l'espressione non proprio oxfordiana del capitano del Napoli. Non è però d'accordo Mauro Bergonzi, che ha arbitrato in Serie A dal 2003 al 2014: "Provo a girare la questione: cosa avremmo detto se non lo avesse espulso? L'arbitro avrebbe perso autorevolezza, avrebbe permesso a tutti i ventidue in campo di mandarlo a quel paese a ogni fischio", il pensiero dell'ex arbitro. Che aggiunge. "In campo qualche "vaffa" ci può stare, magari in un momento di tensione. Da una parte e dall'altra, perché se un giocatore ti ci manda puoi anche rispondergli. Ma ci sono momenti e momenti. A gioco fermo, se uno ti ci manda così, in faccia, l'unica cosa che puoi fare è mandarlo via".
Napoli, Gattuso contro l'arbitro: "Solo in Italia si caccia per un 'vaffa'"
Lo dice anche conoscendo il tecnico del Napoli, che da calciatore ha diretto più volte: "Gattuso era molto leale, quello che doveva dirti te lo diceva, c'era un bel rapporto, franco, diretto, da gente che vive il calcio con passione, anche con qualche momento di tensione agonistica. Ma se avesse voluto dirmi una cosa del genere lo avrebbe fatto a fine partita, in un altro contesto". Eppure a Bergonzi di cacciare qualcuno come ha fatto Massa con Insigne non è successo: "No, a mia memoria mai. Ma io prediligevo molto il dialogo".
Ma non tutti sono d'accordo: "Il problema sono gli stadi vuoti", secondo Aldo Serena, fra gli anni Settanta e Novanta centravanti delle quattro squadre di Milano e Torino. Di partite ad alta tensione in grandi stadi ne ha giocate centinaia. "Quando giocavo mi è capitato di essere chiamato a testimoniare in commissione disciplinare su presunti insulti di alcuni giocatori all'arbitro in un Inter-Sampdoria – racconta – la verità è che, nel vociare del pubblico, dal campo non avevo sentito nulla". Il punto per Serena è proprio quello: il pubblico. "Nel silenzio degli stadi vuoti, per gli arbitri è molto più semplice distinguere chiaramente insulti e imprecazioni. I giocatori dovrebbero stare ancora più attenti, è un fatto di sensibilità. Nei primi minuti di partita di solito si capisce com'è disposto un arbitro, se è pronto a tollerare qualche parola di troppo detta nella concitazione del momento o se invece è inflessibile, o addirittura nervoso. Sono cose che un calciatore d'esperienza percepisce. Vale per le parole come per i falli. Ai primi due o tre fischi, capisci quanto sarà concesso giocar duro".
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