Altare. Sì alla demolizione dei fabbricati pericolanti dell’ex Savam che gravitano su via XXV Aprile e su via Cesio le cui condizioni hanno portato alla chiusura delle strade per motivi di sicurezza. Questo, in sintesi, è quello che sarebbe emerso dal Consiglio comunale “fiume” che si è svolto stamattina a Villa Rosa, dove decine di cittadini erano presenti per testimoniare il pesante disagio che il paese sta vivendo da ottobre, da quando cioè la viabilità per raggiungere il centro è stata modificata.
Non sono mancati attimi di tensione, stemperati dalle forze dell’ordine che hanno fatto sì che l’assemblea potesse proseguire nel suo intento. Come ha spiegato prima il sindaco Roberto Briano, poi il consigliere Rossana Rocca, tracciando la storia dell’ex vetreria dai primi anni Duemila, nel 2014 la società Città del Vetro aveva ottenuto un finanziamento dalla Regione per la realizzazione di alloggi sociali, che, però, non essendo stati costruiti non aveva potuto beneficiare di 400 mila euro. Del progetto di riqualificazione non si è concretizzato nulla, e ora tutti vogliono riaprire la strada, volontà comune di tutti, visto che la competenza pubblica è solo sulla viabilità e non sull’area privata. Con l’ausilio di Soprintendenza, Prefettura, Università di Genova, Provincia e Regione il Comune ha istituito un tavolo tecnico per trovare la soluzione ad un problema che, a seguito degli esposti presentati dal Comitato per la riqualificazione dell’ex Savam, ha portato alla chiusura di due strade.
“Nessuno voleva arrivare a questi punti – sottolinea il sindaco – Per poter procedere alla demolizione serve l’istanza alla Soprintendenza per lo svincolo degli immobili da parte della proprietà che però non è mai pervenuta. La maggior parte dei beni è assoggettata dal 4 dicembre 2017 al vincolo, richiesto dalla società”.
Dalla minoranza domande sulla tempistica e attacchi sulla mancanza di chiarezza, di informazione, e, soprattutto, come ha più volte sottolineato il capogruppo Giuseppe Grisolia, “se un sindaco può fare un’ordinanza in caso di pericolo contingente, viene da pensare se in questo caso il rischio ci sia o no, visto che non si agisce per risolvere la situazione“.
Tirata in causa, anche il consigliere dimissionario e ora indipendente Rita Scotti ha espresso la sua opinione sull’immobilismo del gruppo di maggioranza di cui faceva parte, con dichiarazioni che hanno portato allo scontro, specie alla domanda diretta su quali soluzioni avrebbe lei da offrire “senza mai nemmeno aver consultato gli atti quando era di sua competenza farlo”.
“Sono assolutamente insoddisfatta della riunione di oggi – dichiara Scotti – l’Università di Genova ha evidenziato la pericolosità dell’Area, proponendo come unica soluzione possibile la demolizione del forno Oscar ma non del forno San Rocco. Per il forno San Rocco occorrerà realizzare una messa in sicurezza, tenendo in piedi così un rudere degradato che, tra qualche anno probabilmente ci darà nuovamente rischi di crollo. Se la proprietà non adempirà alle indicazioni dell’università di Genova, il comune dovrà intervenire a proprie spese. Oggi non sono stati portati dati certi dall’amministrazione e dai tecnici, perché non sono stati indicati né i tempi in cui tutto questo potrebbe essere realizzato, né i costi (nel caso in cui dovesse farsi carico il comune della spesa, ad oggi ancora non si sa da dove verranno attinti i fondi per realizzare il tutto)”.
“Ci tengo ad evidenziare – aggiunge – che, a prescindere da chi paghi, con questa decisione si sta praticando un inutile ed inspiegabile accanimento terapeutico per tenere in piedi un rudere che chiunque può valutare se valga la pena mantenere o meno. Sperando che, nel frattempo che si avviino le opere, nessuno si faccia male: lo studio dell’Università di Genova ha evidenziato il rischio di un ribaltamento delle mura e di fronte ad ex Savam vivono oltre cento persone”.
Per la Soprintendenza l’architetto Andrea Canziani ha spiegato che “la proprietà si è sottratta agli obblighi conservativi. Il tavolo tecnico si è sostituito all’inerzia della proprietà. Non è vero che non si può demolire con il vincolo, grazie a quello la proprietà ha possibilità di avere finanziamenti statali. E forse è per questo motivo che la società Città del Vetro non presenta l’istanza“.
“Ci attaccheremo ad ogni cavillo, siamo una società seria con interventi da premi internazionali – così ha iniziato il suo intervento Vincenzo Ricotta, referente della proprietà – Combatteremo per avere un recupero dignitoso con la giusta visibilità. Nel 2006 siamo arrivati ad Altare e abbiamo presentato un progetto di recupero, credevo ci fosse l’interesse della comunità, che diventasse sviluppo non degrado. Ci assumiamo alcune responsabilità ma non tutte. Per quanto riguarda l’operato ci siamo, abbiamo il meglio dei tecnici, italiani e stranieri con perizie pronte. Possiamo fare delle opere nell’ottica delle risorse a disposizione. Il problema va risolto. Eravamo e siamo ancora pronti a intervenire, abbiamo già speso sei milioni di euro e presenteremo l’istanza per la richiesta a demolire i due manufatti critici che causano la chiusura del paese”.