Genova. Anche una figura criminale del calibro del 71enne Salvatore Maio (già condannato per un omicidio in Calabria (poi per il duplice omicidio – derubricato in appello in eccesso colposo di legittima difesa – al bar il Risveglio di Pegli e di nuovo in carcere dal 2021 per il possesso di alcune pistole) era stato assoldato dal carcere di Marassi per convincere Fabio Papa, il portuale della Culmv arrestato a febbraio mentre cercava di far uscire dal porto Psa 400 kg di cocaina, a stare zitto.
Sì perché Maio, in base a quanto emerso dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti di oggi, dal carcere parlava tranquillamente con Rocco Lazzaro e Natale Giuliano attraverso cellulari introdotti abusivamente. Lazzaro e Giuliano volevano rassicurare Papa che “lo avrebbero aiutato economicamente con le spese legali e con soldi alla famiglia” perché Papa – che anche lui con un telefonino introdotto illegalmente lamentava con la moglie di essere stato lasciato solo – sembrava molto preoccupato.
In base all’indagine della guardia di finanza coordinata dal sostituto procuratore della Dda Marco Zocco che oggi ha portato all’arresto di quattro persone, Rocco Lazzaro, Alberto Pinto e Giuliano Natale erano i ‘mandanti’ dell’operazione che la guardia di finanza aveva fatto fallire a febbraio. Pinto e Giuliano, che erano arrivati a Genova dalla Calabria per lavorare al terminal Bettolo, insieme a Lazzaro (anche lui calabrese di origine e con precedenti specifici per spaccio) avevano organizzato l’operazione fornendo a Papa un telefonino utilizzato solo per portare a termine il prelievo della cocaina dal container e incontrando il portuale più volte per studiare i dettagli dell’operazione.
Meno centrale la posizione del portuale della Culmv Massimo Malinconico, coinvolto da Papa e in base alle intercettazioni della guardia di finanza pienamente consapevole di quello che stava facendo, che non aveva mai avuto contatti con gli altri tre ma aveva solo il compito di spostate con il semovente il container con la droga e poi di attendere Papa fuori terminal da dove il collega avrebbe dovuto far uscire i borsoni con la droga attraverso un ‘buco’ nella rete metallica. “Ci vediamo dal muro dei gatti” aveva detto Malinconico a Papa, facendo riferimento a un’oasi felina al limitare del porto Psa, ma nel frattempo Papa era stato arrestato dalle fiamme gialle.
Per gli investigatori invece Giuliano, Lazzaro e Pinto avevano anche gestito i contatti – documentati dall’inchiesta – con chi quella droga avrebbe dovuto metterla sul mercato. Tanto che la notte dell’arresto di Papa Giuliano, che si era fatto anche inviare foto e video dell’apertura dei container per essere certo che Papa non si tenesse qualche panetto, gli mandava messaggi preoccupati: ““Com’è finita?” e poi “Ho dieci persone che aspettano notizie cosa devo dire?”.
Dopo l’arresto di Papa, da un lato i tre avrebbero tentato di organizzare un’altra importazione di cocaina dal Sud America da far arrivare di nuovo nel porto di Genova: ma qualcosa non era andato bene e i 300 kg di droga sono stati poi sequestrati in Grecia dalla polizia locale. Dall’altro erano molto preoccupati che Papa potesse ‘cantare’, per questo Giuliano e Lazzaro, che conoscevano bene Maio, lo avevano contattato per avere rassicurazione su Papa: “Non abbandoniamo nessuno – diceva Giuliano a Maio perché lo dicesse a Papa – che stia calmo!”
Non solo: Giuliano aveva spiegato chiaramente a Pinto che doveva parlare con il cugino di Papa per avvertirlo in vista dell’interrogatorio che il portuale della Culmv avrebbe dovuto sostenere a maggio “Se capiscono [i magistrati ndr] che dietro ci sono i calabresi si fa vent’anni per associazione, quindi che si chiudesse la bocca perché nel carcere non si parla”.
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