AGI – I giornali internazionali, non tutti, che aprono sull'Ucraina sono concordi nel titolare sull'inizio dell'offensiva russa sul fronte orientale del Donbass. Poche le sfumature, tra le quali si segnala quella della Frannkfurter Allegemeine Zeitung, che mette in risalto le critiche crescenti nei confronti del cancelliere Scholz per i ritardi nelle forniture di ami a Kiev. Sulle prime pagine si trovano in posizioni di grande evidenza anche altre notizie: sulla stampa americana la decadenza dell'obbligo di mascherina sui mezzi di trasporto decisa da un giudice, su quella francese il ballottaggio Macron-Le Pen, su quella spagnola le rilevazioni sullo spionaggio ai danni del leader della Catalogna.
Come molti giornali internazionali, anche il Washington Post apre con l'offensiva russa contro il Donbass sottolineando nel titolo che a dirlo è l'Ucraina. Nel servizio, il quotidiano spiega: “Il Pentagono non ha contraddetto la valutazione ucraina, ma ha adottato un approccio più cauto, con il portavoce John Kirby che ha affermato che i russi ‘stanno definendo e ponendo le condizioni per future operazioni offensive' con centinaia di attacchi missilistici e sbarramenti di artiglieria”. Questi attacchi, secondo altre fonti del Pentagono citate anonimamente dal Post, “sembravano essere mirati a obiettivi militari e non indicavano che la Russia stava espandendo la sua guerra nell'Ucraina occidentale”. In ogni caso, le fonti hanno “smentito che gli attacchi russi abbiano colpito qualsiasi spedizione di armi dagli Stati Uniti o da altri alleati dell'Ucraina”. In ogni modo, gli intensi attacchi missilistici “hanno infranto la relativa calma di cui l'Ucraina occidentale ha ampiamente goduto per oltre 50 giorni di guerra”, e tra le città colpite c'è Leopoli, dove si contano 7 vittime e 11 feriti, compreso un bambino. Nel colonnino di apertura, si trova la notizia che per decisione di un giudice è decaduto l'obbligo di mascherina sui mezzi di trasporto pubblici: le autorità federali hanno subito cessato di far osservare l'obbligo introdotto dall'amministrazione Biden e ritenuto illegittimo dal giudice distrettuale della Florida Kathryn Kimball Mizelle, per una sorta di conflitto di attribuzione tra i poteri del governo e quelli dei Centers for Disease Control and Prevention, che secondo il giudice sarebbero stati i soli competenti ad adottare una misura di quel tipo.
L'apertura del New York Times è per l'offensiva contro il Donbass: “In una pioggia di missili la Russia sferra l'assalto orientale”, dice il titolo, specificando anche che le truppe di Mosca hanno attaccato, secondo Kiev, su un fronte di “oltre 300 miglia”: dato che dà la misura della vastità dell'operazione bellica. Il quotidiano dà risalto, con un altro titolo, anche alla sofferenza dell'economia russa, ammessa per la prima volta dalla governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiulina: “Mosca comincia a sentire il peso delle sanzioni”. Il giornale evidenzia che alle parole della banchiera si sono aggiunte le dichiarazioni del sindaco di Mosca, Sergei Sobjanin, secondo cui nella sola capitale sono a rischio 200.000 posti di lavoro a causa della riduzione delle attività delle aziende occidentali. Si tratta di “un riconoscimento netto” dell'efficacia delle sanzioni, “che mina la tesi del presidente Vladimir V. Putin secondo cui non erano riuscite a destabilizzare l'economia russa”. Gli analisti internazionali prevedono per quest'anno una contrazione del Pil russo tra il 10 e il 15%, e “ulteriori sanzioni si stanno preparando” perché, sottolinea il Nyt, “l'Ue sta elaborando un piano per ridurre gli acquisti di petrolio russo e il segretario americano al Tesoro, Janet Yellen, secondo alcune anticipazioni dei suoi uffici, solleciterà gli alleati a incrementare la pressione economica sulla Russia durante i prossimi meeting annuali della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale”.
“La Russia lancia l'offensiva nell'Est dell'Ucraina”, titola in apertura il Wall Street Journal, puntando sulle dichiarazioni di Zelensky che segnalano la nuova fase del conflitto con il massiccio attacco contro il Donbass. Il giornale mette in evidenza anche la videochiamata che Biden ha in programma oggi con gli alleati, per una valutazione condivisa degli ultimi sviluppi militari della guerra. Sulla prima pagina è in evidenza anche un'analisi sulla corsa dell'inflazione negli Usa: si restringono i margini della Fed per un “atterraggio morbido”, titola il Wsj, che spiega: “La Federal Reserve si propone di fare qualcosa che non ha mai realizzato prima: ridurre molto l'inflazione senza aumentare significativamente la disoccupazione. I funzionari della banca centrale pensano che sia possibile, con aumenti calibrati dei tassi di interesse, rallentare la domanda in forte espansione quanto basta per prendere forza da un'economia surriscaldata. Ma anche uno dei più stretti alleati della Fed, il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, vede il rischio di fallire”, nota il giornale e ricorda la battuta di qualche giorno fa della Yellen, peraltro ex presidente della Fed: “Ci vorrà abilità e anche buona fortuna”. Il quotidiano valorizza anche la decisione di un giudice federale della Florida che ha dichiarato illegittimo l'obbligo di indossare la mascherina sui mezzi di trasporto pubblici, aerei inclusi, introdotto dall'amministrazione Biden.
Apertura sulle presidenziali francesi per il Financial Times che si concede nel titolo un gioco di parole intraducibile sul cognome di Marine Le Pen, definendo i due candidati come “penned in” (letteralmente, richiusi, per dire che sono impegnati senza tregua nello sprint finale della campagna elettorale). Il pezzo forte in prima pagina è però un servizio sull'economia cinese che nel primo trimestre è cresciuta oltre le attese ma che secondo gli analisti potrebbe rallentare a causa dei nuovi lockdown disposti da Pechino per contenere la diffusione del Covid. Economicamente, osserva il giornale, la Cina è apparentemente in controtendenza perché la sua espansione è stata più forte di quanto si prevedesse proprio mentre la Banca Mondiale rivede al ribasso le stime sulla crescita globale riducendola di quasi un punto percentuale, al 3,2% dal 4,1%, a causa della guerra in Ucraina. Tuttavia, secondo il quotidiano, guardando i dati cinesi si possono cogliere diversi segnali di una prossima frenata della crescita. Ad esempio, si osserva una contrazione negli spostamenti dei pendolari e le vendite al dettaglio sono calate del 3,5% a marzo, e il perdurante lockdown di Shanghai, principale hub finanziario cinese, sta pesando sugli investimenti. Potrebbe dunque essere difficile per Pechino raggiungere l'obiettivo di crescita del 5,5% fissato dal governo per quest'anno, e già il più basso dell'ultimo decennio. In basso l'Ucraina, con un titolo sugli attacchi missilistici russi contro Leopoli e altre città mentre si continua a combattere a Mariupol.
La cattura dei due combattenti britannici in Ucraina e il loro appello al governo perché tratti con Mosca la loro liberazione non entusiasma il Times, che apre con le dichiarazioni di Zelensky sull'inizio della seconda fase della guerra e dell'attacco russo “su vasta scala” contro la regione del Donbass e non menziona nel titolo i due prigionieri, dei quali foto formato tessera sono impaginate in un riquadro dell'articolo. Solo dopo aver descritto gli sviluppi militari sul campo e le possibili strategie dell'offensiva russa, il servizio dell'inviato da Odessa riferisce dei due volontari britannici in mano ai russi, e sottolinea che a causa loro “Johnson dovrà impegnarsi direttamente nella battaglia di Mariupol”. A fianco dell'Ucraina una grande foto di Biden in versione pasquale, e sopra, nel listone in fascia alta, la richiesta del ministro Jacob Rees-Mogg ai colleghi perché facciano tornare al lavoro in presenza i dipendenti pubblici dei rispetti settori, dopo aver accertato che più della metà degli impiegati governativi sono ancora in smart working e che solo il 36% degli sportelli pubblici è quotidianamente operativo. Prima del Covid era l'80%.
Prima pagina dominata dalle presidenziali, con due titoli. In apertura un nuovo affondo contro Marine Le Pen, che il giornale contrasta apertamente dopo averla definita “pericolo per lo Stato di diritto”: questa volta nel mirino c'è il programma economico della leader dell'estrema destra, ritenuto “un'illusione ottica”. Sotto “la copertura di proposte per il potere d'acquisto” eroso dalla corsa dei prezzi, Le Pen secondo il quotidiano persegue un progetto “inattuabile e anti egualitario”, basato su “numeri che gli esperti giudicano sotto stimati” e che “le sue critiche all'Europa renderebbero più arduo finanziare sui mercati” emettendo nuovo debito. In sostanza, Le Pen “è passata dal liberismo a un social-populismo, ma senza rinunciare alla priorità nazionale, che resta centrale”, conclude Le Monde, e sottolinea che “questa evoluzione spiega l'attrazione esercitata su alcune categorie che ieri la sinistra considerava acquisite”. A centro pagina, Macron che “tenta di sedurre l'elettorato di sinistra con l'ecologia”. Nel suo tour elettorale a Marsiglia, il presidente ha proposto di dimezzare i tempi per la riduzione dei gas serra e di nominare un primo ministro che si impegni alla “pianificazione ecologica” (un'espressione coniata da Melenchon, sottolinea il giornale), e ha accusato l'avversaria di essere “climaticamente scettica”. Insomma, secondo Le Monde, “un tentativo di trasformare il voto del 24 giugno in un referendum pro o contro l'ecologia”.
Quando mancano solo cinque giorni al ballottaggio tra Macron e Le Pen per l'Eliseo, Le Figaro guarda a un altro e imminente appuntamento elettorale della Francia, quello di giugno con le politiche, che saranno “il terzo turno”, dice il giornale nel titolo di apertura. I partiti, nonostante siano impegnati in presidenziali “dall'esito incerto”, già si preparano per una sfida che presenta molte facce e da cui si prevede che uscirà un quadro politico profondamente cambiato. Spiega il giornale che Melenchon con il suo La France Insoumise (La Francia ribelle), dopo l'ottimo risultato al primo turno che ne ha fatto l'arbitro tra i due candidati alla presidenza, “spera di imporsi a sinistra” diventando il primo partito di una gauche frammentata più che mai; nel campo opposto, i gollisti di Les Republicains, reduci dalla disfatta della loro leader Valerie Pecresse, “si giocano la sopravvivenza contro l'egemonia di La Republique en marche (il partito di Macron) e il Rassemblement National” di Marine Le Pen. L'editoriale, dal titolo “Melenchon per tutti” evidenzia con ironia una contraddizione intrinseca del secondo turno in cui gli elettori del campione della sinistra vivono “l'attrazione fatale” di due candidati che sarebbero i loro avversari naturali e che a loro volta devono corteggiare chi hanno sempre guardato come un oppositore. “L'analisi gramsciana ripetuta fino alla nausea per assicurare che la destra-ha vinto-la-battaglia-delle-idee è stata smentita dalle urne”, e i commentatori, paragonati a “gai usignoli e merli burloni” spiegano che “la divisione tra destra e sinistra è sparita” scrive il giornale e dipinge un Melenchon “celebrato come il pensatore organico della democrazia francese, il faro della gioventù impegnata, l'imam nascosto delle nostre periferie, il druido delle alternative”.
La fine dell'uso delle mascherine in Spagna e lo spionaggio ai danni dei leader catalani sono le due notizie di rilevanza nazionale nella fascia alta della prima pagina di El Pais. In apertura il giornale titola sull'incertezza delle imprese che devono decidere se manterranno o meno l'obbligo di mascherina per i loro indipendenti: da domani l'obbligatorietà di indossare il dispositivo protezione nei luoghi chiusi decadrà in tutto il Paese, ma il governo ha lasciato alle aziende la facoltà di continuare a imporlo nei luoghi di lavoro e la maggioranza di queste non ha ancora deciso che fare. Di spalla, una ricerca di Citizen Lab secondo cui tra il 2015 e il 2020 molti politici e giornalisti della Catalogna, compresi gli ultimi quattro presidenti della Generalitat e i loro familiari, sono stati spiati dal software Pegasus, prodotto dall'azienda israeliana NSO Group. L'attuale presidente catalano, Pere Aragones, ha chiesto spiegazioni al governo Sanchez, che ha negato ogni coinvolgimento dell'attività di intercettazione. Sull'Ucraina, un'impressionante fotografia di sepolture posizionata sopra un titolo di fogliettone che registra l'inizio dell'offensiva russa nel Donbass.
Mentre “inizia una nuova fase dell'offensiva russa in Ucraina orientale”, il cancelliere tedesco Olaf Scholz resta “sotto accusa” per i ritardi nelle forniture di armi a Kiev: il titolo di apertura della Frankfurter Allgemeine Zeitung mette collega sviluppi bellici e politica interna. Le notizie del campo di battaglia parlano del fronte del Donbass, e surriscaldano le tensioni interne alla maggioranza di governo a Berlino: dopo quelle del leader della Cdu Merz, nuove e ancora più esplicite bordate contro Scholz arrivano da altri esponenti del partito, secondo cui le consegni di armi sono in ritardo perché “Scholz ha il piede sul freno, evidentemente non vuole farlo, e così si accolla un'enorme responsabilità. E' un peso per tutta la Germania, non aiuta l'Ucraina come sarebbe possibile". In rilievo sulla prima pagina un'altra polemica politica che riguarda i passati rapporti dell'Spd, il partito socialdemocratico del cancelliere, con la Russia e con Putin in particolare, e che investe la presidente del Land di Meclenburgo-Pomerania, Manuela Schwesig. Figura autorevole dell'Spd e ancora di più dopo il suo successo alle elezioni regionali dello scorso autunno, è stata accesa sostenitrice del gasdotto Nord Stream 2 e finisce ora nella bufera perché, scrive la Faz, “documenti del governo statale del Meclemburgo-Pomerania che sono ora diventati noti suggeriscono che la società Nord Stream 2, controllata dall'ex cancelliere dell'Spd e amico intimo di Putin, Gerhard Schroeder e da Gazprom come socioo di maggioranza, è stata in grado di influenzare le decisioni del governo a Schwerin”, il capoluogo del Meclenburgo-Pomerania. Sicché, rileva il giornale, Manuela Schwesig appare adesso come “un burattino di Putin” e non bastano le sue ammissioni di essersi sbagliata sul capo del Cremlino e su Nord Stream 2.
Un monito agli Usa a “non tentare di orientare l'Asean contro la Cina” viene rivolto da un editoriale del China Daily con parole quasi identiche a quelle che ieri su leggevano sul Quotidiano del popolo, l'organo del Pcc, a conferma delle preoccupazioni di Pechino per il summit dell'Associazione dei Paesi del Sud-Est asiatico che Biden presiederà a Washington a metà maggio. Nel comunicato della Casa Bianca tra i temi del vertice vengono indicate “le sfide più pressanti per la regione” e, “trattandosi degli Usa, è molto improbabile che tra queste non vi sia la Cina”, scrive il giornale, convinto che “sebbene i paesi dell'Asean possano essere più preoccupati per questioni immediate come l'unità interna all'indomani del cambiamento politico in Myanmar, le difficoltà economiche nazionali e regionali e l'impulso alla ripresa economica, semplicemente non c'è modo di distrarre Washington dalla sua ossessione per il Mar Cinese Meridionale come sede della sua ‘competizione' con la Cina”. Ma, conclude il quotidiano, “i membri dell'Asean dovrebbero trattare con cautela l'eccitata retorica e le audaci promesse intesi ad allinearli agli scopi di Washington”.
I programmi spaziali cinesi, con servizi sui tre astronauti della navetta Shenzhou-13 rientrati sulla Terra il 16 aprile dopo una missione di 6 mesi, e con l'annuncio che quella cinese sarà la prima stazione orbitante aperta a tutti gli Stati membri dell'Onu, sono uno dei temi principali per il People's Daily, edizione in inglese dell'organo del Partito comunista cinese. Sulla guerra in Ucraina ci sono le notizie essenziali, trattate con lanci dell'agenzia ufficiale Xinhua, e l'ennesimo editoriale in cui la responsabilità del conflitto e della “tragica situazione della sicurezza in Europa” viene attribuita agli Usa e all'espansionismo della Nato verso Est. Quella Nato che, ricorda il giornale, solo tre anni Macron definiva “in morte cerebrale” e che oggi ha programmi di dimensionarsi su scala non più solo atlantica, ma indo-pacifica se non perfino globale. Il quotidiano cita il proverbio cinese “ci vuole più di un giorno di freddo perché il fiume si ghiacci” per dire che da anni Usa e Nato hanno “orchestrato rivoluzioni colorate nei Paesi confinanti con la Russa e schierato missili in quelle regioni”, mentre Mosca “anche dopo la guerra russo-georgiana nel 2008 e la crisi di Crimea nel 2014, ha ripetutamente espresso la volontà di aderire alla Nato o di costruire congiuntamente una comunità di sicurezza paneuropea insieme ai paesi dell'alleanza”. Perché gli Usa “hanno perso queste opportunità?”, si chiede il quotidiano. Risposta: “per perseguire l'egemonia americana verso l'entroterra del continente eurasiatico e le sue regioni di confine”, così “minando la stabilità strategica della regione e quella del mondo intero”.
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