AGI – L'attenzione dei giornali internazionali si concentra sulla battaglia di Mariupol, la cui conquista sarebbe strategicamente decisiva per la Russia, ma non manca chi punta su altre notizie legate all'Ucraina, come l'appello del Papa per la pace, o gli approvvigionamenti energetici. Altre prime pagine appaiono invece più concentrate sulla politica interna, ed è il caso del Times e della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Interessante e sconfortante un approfondito esame della situazione dell'economia globale che può leggersi sul Financial Times.
Le truppe ucraine “resisteranno fino alla fine”, la “presa russa di Mariupol è considerata imminente”, titola il Washington Post, che cita un'analisi dell'Institute for the study of war, un centro di ricerche specializzato, che ha studiato le immagini riprese nella zona dei combattimenti.
Secondo questa valutazione, “le forze russe ‘probabilmente hanno catturato' l'area portuale di Mariupol sabato, riducendo ulteriormente le difese ucraine al di fuori della fabbrica” mentre “gruppi isolati di truppe ucraine potrebbero rimanere attivi a Mariupol fuori dalla fabbrica Azovstal, ma nei prossimi giorni saranno probabilmente sopraffatti dalle forze russe", o “costretti a capitolare da una potenza di fuoco schiacciante”.
In un colonnino di apertura il quotidiano segnala un'ondata di censura dilagante negli Usa ai danni delle biblioteche pubbliche. In tutto il Paese, scrive il Post, cittadini conservatori e politici “collaborano per rimuovere libri e bacheche”.
Tra i libri messi al bando in questo furore politico-religioso, per motivi legati a razza, sesso e identità di genere, il giornale cita anche un libro illustrato per bambini, “La cucina della notte”, di Maurice Sendak (pubblicato anche in Italia da Todo Modo), in cui si raccontano le avventure di un ragazzino in una panetteria dove si rifugia per paura del buio.
“Il destino di Mariupol appeso alla battaglia dell'acciaieria”, titola il New York Times, che alla cronaca dei combattimenti per il controllo della città, decisivo perché aprirebbe ai russi un ponte con la Crimea, unisce un approfondimento sulle “radici lontane della brutalità degli invasori”. Una brutalità, scrive il giornale, che “assume due forme distinte, familiari a coloro che hanno visto l'esercito russo in azione altrove. C'è la violenza programmatica inflitta dalle bombe e dai missili russi contro i civili e contro obiettivi militari, intesa a demoralizzare quanto la sconfitta. Questi attacchi ricordano la distruzione aerea della capitale cecena, Grozny, nel 1999 e 2000, e di una roccaforte dei ribelli siriani, Aleppo, nel 2016.
E poi c'è la crudeltà di singoli soldati e unità, gli orrori di Bucha sembrano essere discesi direttamente dal massacro di una generazione fa nel villaggio di Novye Aldi”, in Cecenia, dove 22 anni furono uccisi una sessantina di civili, in una strage di cui il quotidiano ha rintracciato e intervistato una sopravvissuta, Aset Chad.
A centro pagina un servizio sulla “macchina di Mar-a-Lago”, dove “Trump fa il moderno capo partito” e ha trasformato quella che era un tempo la suite nuziale “nel quartier generale ombra del Gop”, dove sono stati raccolti fondi per oltre 120 milioni di dollari, “una ‘bottino di guerra' più del doppio di quello dello stesso Comitato nazionale repubblicano”: i candidati repubblicani fanno la fila per tenere i loro eventi di raccolta fondi nel resort dell'ex presidente in Florida.
Mentre “Mariupol respinge la sollecitazione di Mosca ad arrendersi”, Russia e Ucraina “ammassano le forze per una nuova fase nell'Est”: questi i due titoli di testa sulla prima pagina del Wall Street Journal. I russi avevano fissato a mezzogiorno ieri l'ultimatum per la resa delle truppe ucraine che invece continuano a resistere, asserragliate nella zona dell'acciaieria Azovstal.
La Russia accusa l'Ucraina di impedire che si arrendano, Zelensky smentisce affermando che “anche se lo facessero, sono già eroi”. La resistenza è decisiva da punto di vista strategico perché, scrive Il Wsj, “il controllo di Mariupol darebbe alla Russia un corridoio terrestre verso la penisola di Crimea prima di quella che dovrebbe essere un'intensa ondata di combattimenti nell'area orientale del Donbass.
Una vittoria russa nella città libererebbe anche le sue truppe per concentrarsi sulla lotta contro le forze ucraine a Est”, dove la situazione “sarà molto diversa” da quella che finora ha caratterizzato il conflitto.
Infatti, spiega il giornale, “Questa volta, le forze armate dei due Paesi opereranno su un terreno aperto adatto per schieramenti di massa e affondi corazzati”, inoltre i russi si troveranno più vicino alle loro basi nella Russia occidentale, e questo accorcerà le loro linee di rifornimento. Spazio anche a un'analisi sul calo dei prezzi dei Treasury Bond, i titoli di Stato americani: per l'effetto combinato dell'impennata dell'inflazione e dei messaggi venuti al riguardo dalla Fed: nel primo trimestre hanno perso il 5,5%, peggior performance dal 1980, e gli investitori sono allarmati.
Due titoli per l'Ucraina sulla prima pagina del Financial Times: in apertura, con foto di un prete che benedici i combattenti ucraini, Mariupol dove “la battaglia continua”, e a centro pagina la “minaccia per la ripresa mondiale” posta dalla guerra e dalla stagflazione. A questi “pericoli gemelli” il quotidiano ha dedicato una ricerca. “Si prevede che in settimana il Fondo monetario internazionale riveda al ribasso le sue previsioni per la maggioranza dei Paesi mentre i ministri finanziari e i banchieri centrali si riuniscono per l'incontro annuale di Fmi e Banca Mondiale dove si discuterà delle rabbuiarsi delle prospettive economiche”.
In sintesi, la scenario che disegna Ft è questo: marcato calo della spinta di crescita nei Paesi avanzati ed emergenti; spesa ancora robusta e mercato del lavoro tornato a livelli pre pandemici negli Usa dove però l'inflazioni schizzata ai massimi da 40 anni potrebbe spingere la Fed a mosse “più aggressive” di quelle annunciati e tali da determinare un rallentamento dell'economia; Cina alla prese con i problemi della nuova impennata di casi di Covid che ha portato al duro lockdown di Shanghai con conseguente rischio di una contrazione di investimenti, produzione e spesa dei consumatori; Europa maggiormente esposta alla guerra in Ucraina e che fatica a ridurre la sua dipendenza dalle fonti energetiche russe mentre “la fiducia precipita e non si vedono soluzioni politiche facili”.
Tutta centrata sulla politica interna la prima pagina del Times. “Il premier ostinato insiste che non ha infranto le regole del Covid” è il titolo di apertura, su Boris Johnson che resiste alle richieste di dimissioni dopo essere stato multato, assieme al suo ministro delle Finanze, Rishi Sunak, per le feste a Downing Street durante il lockdown.
In vista della ripresa dei lavori parlamentari domani a Westminster, Johnson si prepara a resistere secondo il quotidiano, che anticipa la linea del suo atteso intervento ai Comuni: “Tenterà di ridurre al minimo le ricadute dello scandalo sulle feste esibendo la sua stretta vicinanza con il presidente Zelensky, la sua rinnovata attenzione nel contrasto degli aumenti dei prezzi e la sua missione commerciale in India giovedì”.
Per rimanere in sella, scrive il Times, il premier ”ha ordinato a tutti i ministri interessati di valutare come i loro dipartimenti possono aiutare a ridurre il costo della vita” e di riferirgli la prossima settimana, mentre fonti di Downing Street fanno filtrare il suo pensiero sulla multa inflittagli: “Se vai da qualche parte per tenevi un discorso non stai facendo festa”, tanto più se lo fai “nel tuo luogo di lavoro”, cioè Downing Street.
La spalla è per la dura risposta che la ministra dell'Interno, Priti Patel, in una lettera aperta scritta assieme al ministro degli Esteri ruandese, Vincent Biruta, indirizza all'arcivescovo di Canterbury che ha criticato senza mezzi termini il piano del governo di deportare in Ruanda tutti i migranti irregolari di sesso maschile sbarcati sulle coste britanniche, a prescindere dalla loro cittadinanza. Una cosa “contraria alla natura di Dio” per Welby, che Patel e Biruta accusano di saper solo criticare senza proporre soluzioni alternative al loro piano “audace e innovativo”.
Assente in edicola come ogni lunedì, Le Monde dedicava ieri l'apertura di prima pagina al ballottaggio tra Macron e Le Pen. Il titolo, “Fronte repubblicano, una barriera ormai fragile”, si riferisce all'indebolimento di quella spinta unitaria delle forze politiche che le ha portate a convergere per sbarrare la strada dell'Eliseo al candidato di estrema fin da quando, nel 2002, si è affacciato per la prima volta nella corsa alla presidenza.
Ma oggi, scrive il giornale, “a destra come a sinistra il riflesso a votare per evitare l'arrivo al potere dell'estrema destra è sempre meno scontato”, perché “il mondo della cultura vi si adatta senza convinzione, il padronato tace e gli elettori di Jean-Luc Melenchon sono divisi”, mentre i francesi d'oltremare, nelle Antille, “sono tentati dal votare Le Pen il 24 aprile per antimacronismo”.
In questo contesto il quotidiano, che ha già preso nettamente posizione contro la leader del Rassemblement National, definendola “un percolo per lo Stato di diritto”, dedica il suo editoriale al suo “programma pericoloso per l'ambiente”. A centro pagina l'Ucraina, con un reportage da Dnipro, “città chiave della guerra”.
L'apertura di Le Figaro è per il Papa che “fa risuonare il grido di pace dell'Ucraina” con il “vibrante appello” lanciato in San Pietro nella domenica di Pasqua. Nel suo editoriale, il quotidiano riflette sulla posizione del Papa e sui rischi che “produca l'illusione ottica di mettere sullo stesso piano gli aggressori e gli aggrediti”, tanto che la scelta di affidare la Croce nella Via Crucis a due donne, un'ucraina e una russa, ha suscitato l'irritazione di Kiev.
In realtà, secondo il quotidiano, “attenta a non rompere con la Russia, la diplomazia vaticana guarda più lontano, al tempo del dopo guerra che dovrà pur venire un giorno, e abituata ai tempi lunghi, preferisce alle dichiarazioni o ai gesti spettacolari i passi discreti: sa che serviranno ben presto dei mediatori e degli attori della riconciliazione”.
E ancora, aggiunge il quotidiano, “probabilmente un'altra preoccupazione anima Francesco, come il suo predecessore san Giovanni Paolo II: non rinunciare all'unità tra le Chiese d'Oriente e d'Occidente”. E quella vaticana una “politica della porta stretta”, la “strada più difficile e che però non si può non percorrere”.
Il piano della Spagna per abbassare i prezzi dell'energia e ridurre così l'impatto economico della guerra in Ucraina sui consumatori, comporta una riduzione delle sue esportazioni di gas verso la Francia. Così risulta da documenti governativi consegnati all'Ue e di cui ha preso visione El Pais, che apre con questa sua esclusiva.
Si Inaspriscono a Bruxelles le trattative sulla cosiddetta ‘eccezione iberica' per abbassare i prezzi dell'energia. La proposta ispano-portoghese di ridurre il prezzo dell'energia elettrica mediante un cap al prezzo del gas costringerà a limitare l'esportazione di energia elettrica verso la Francia”, scrive il giornale, che spiega: “La Spagna ha proposto come prima soluzione un sistema di double price matching per differenziare l'energia elettrica consumata nella penisola iberica e quella esportata al mercato comunitario attraverso i Pirenei”.
Ma i documenti presentati da Madrid a Bruxelles “dimostrano che questo doppio giro non basta” e che bisognerà tagliare le esportazioni verso la Francia almeno fino alla fine dell'anno. Un'ulteriore conferma che quello del gas resta il tema probabilmente più spinoso tra i molti che l'invasione russa dell'Ucraina ha gettato sul tavolo dell'Unione Europea. In prima pagina anche le cronache dell'offensiva russa con Mariupol “che non si arrende”.
La guerra in Ucraina diventa oggetto di scontro politico in Germania, come dimostra un'intervista della Frankfurter Allgemeine Zeitung al nuovo leader della Cdu, Friederich Merz. Il successore di Angela Merkel accusa il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz di “mettere in pericolo la coesione della comunità internazionale”.
Una dura critica per quella che giudica “inazione” del governo nella crisi, cui di riflesso Merz imputa anche “l'affronto” del rifiuto di Kiev di una visita del presidente tedesco Steinmeier.
È stata “una reazione emotiva eccessiva da parte del governo ucraino”, afferma il leader Cdu, ma “Scholz avrebbe già dovuto essere andato a Kiev da un pezzo”. Guardando alla necessità di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, Merz contesta poi il piano di eliminare gradualmente l'energia nucleare: “Non ne vedo la necessità”, dice.
Il venticinquesimo forum annuale sulle relazioni tra Usa e Cina tenutosi nella prestigiosa università americana di Harvard ha offerto a Pechino l'occasione di sollecitare una distensione nei rapporti bilaterali e il China Daily lo mette in evidenza.
“Le relazioni Cina-Usa si trovano ad attraversare attualmente una fase grave e complicata. Le nubi oscure dell'incomprensione e del giudizio sbagliato si stanno accumulando e il ghiaccio della cosiddetta nuova Guerra Fredda si sta rapprendendo", ha detto l'ambasciatore cinese a Washington, Qin Gang, che invitato i partecipanti al forum a fare da “rompighiaccio” per superare questo “momento buio”.
I 1.000 studenti cinesi che sono la comunità straniera più numerosa di Harvard, ha sottolineato il diplomatico, sono “un microcosmo di scambi culturali e interpersonali” tra Cina e Usa e un esempio di come si “può usare il potere dei fatti per rompere consolidati luoghi comuni e pregiudizi nell'interesse comune dei due Paesi”.
Al forum hanno partecipato anche l'ex segretario americano al Tesoro, Larry Summers, l'ex sottosegretario alla Difesa, Chas Freeman, e il presidente del Comitato nazionale per le relazioni sino-amercane, Stephen Orlins.
In vista del summit tra Usa e Asean, l'associazione dei Paesi del Sud-Est Asiatico, il People's Daily, edizione in inglese dell'organo del Partito comunista cinese, avverte Washington, dove Biden presiederà il meeting il 12 e 13 maggio, a non tentare di orientare la discussione in chiave anticinese.
“È ampiamente previsto che il contenimento della Cina sarà un argomento importante al vertice, tuttavia Lü Xiang, ricercatore presso l'Accademia cinese delle scienze sociali, ha sottolineato che sarà effettivamente difficile per gli Stati Uniti istigare i membri dell'Asean a essere conflittuali con la Cina”, si legge in un articolo, pubblicato anche dal Global Times.
"Per dividere, gli Stati Uniti cercheranno di attrarre alcuni Paesi in quello che vedono come il 'campo democratico', il che implica che possono avere un futuro migliore con gli Stati Uniti. Ma se gli Stati Uniti sono decisi a dividere i campi, è una situazione che l'Asean non vuole vedere", prosegue l'articolo, ricordando che da marzo “i ministri degli esteri di quattro membri dell'Asean hanno scelto di visitare la Cina, mentre solo uno ha visitato gli Stati Uniti”, che tra i membri dell'Associazione solo Singapore ha deciso di applicare le sanzioni contro la Russia, e che da due anni Pechino è il principale partner commerciale dell'Asean con una crescita degli scambi che nel 2021 è stata del 28,1%. Dunque, conclude il giornale, il tentativo americano di usare il summit per “accerchiare la Cina” nella regione dell'Asia-Pacifico, è destinato a fallire.
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