ROMA – Non c’è quasi mai una cura unica per tanti mali. Considerazione relativamente scontata che vale anche per l’automobile, industria globale, destinata a incassare i colpi più imprevisti. Come la pandemia
comparsa all’inizio del 2020 e non ancora sconfitta del tutto. Come la crisi dei semiconduttori, conseguenza della pandemia che ha costretto alla chiusura molti impianti di produzione, soprattutto in Cina e nel resto dell’Asia. Una crisi, quest’ultima, che ha colpito duramente proprio il settore automotive, visto l’altissimo numero di chip presenti nei modelli di ultima generazione: “no chip, no auto” è stata per tutti la sintesi di una situazione, fortunatamente, in via di soluzione.
Tutto bene, quindi? Macché.È arrivata la guerra in Ucraina, il conflitto degli orrori che nessuno voleva, le cui conseguenze hanno colpito tutti i mercati del pianeta. E naturalmente anche i destini già precari delle industrie automobilistiche. Così, le vendite che già andavano male sono ulteriormente precipitate. Tra modelli che non arrivano, fabbriche chiuse o dimezzate e incertezze da parte dei consumatori, c’è un dato che in Italia ha spaventato tutti: il crollo del 30 per cento delle vendite a marzo. Numero che se viene confrontato con quello dello stesso mese precedente la crisi da Covid-19 (il 2019), arriva addirittura al 38,5%, come evidenziano le elaborazioni del Centro Studi Promotor. Un mese infausto, dunque, dove probabilmente ha pesato “l’effetto annuncio” degli incentivi che, invece, sono arrivati soltanto ad aprile per diventare operativi i primi di maggio. Già, gli incentivi. Non “la” cura definitiva ma certamente un segnale di ripartenza. Primo perché non si tratta, almeno per questa volta, di un provvedimento di pochi mesi (dureranno fino al 2024, quindi, verranno rimodulati) poi perché indicano chiaramente che la strada da seguire è quella della transizione ecologica.
Puntare su elettriche ed ibride significa sposare la rivoluzione della mobilità. Indica, finalmente, che tutti dovremo cercare di cambiare passo e idea di automobile. Quella che si vede all’orizzonte sarà elettrica o comunque a bassissime emissioni e andrà usata con più intelligenza e meno sprechi. Insomma, con buona pace degli “elettroscettici”, la via è segnata. L’industria è già piuttosto avanti con i modelli, le nuove piattaforme produttive e la riorganizzazione degli stabilimenti. La tecnologia fa passi da gigante e presto le batterie di nuova generazione allungheranno l’autonomia delle automobili elettriche fino ad oltre 800 chilometri e soprattutto costeranno molto meno di adesso. Basterà tutto questo? Probabilmente no. L’ostacolo da rimuovere è quello delle infrastrutture, ovvero le famose colonnine di ricarica, oggi particolarmente carenti proprio in Italia. In questo caso, gli incentivi appena approvati possono far poco. Manca l’ultimo miglio e la sua realizzazione non dipende né dall’industria, né dagli automobilisti. Si tratta di un’altra cura che sommata a quella degli incentivi forse può davvero rimettere in moto tutto.
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