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“Ultimo scudetto Napoli 1990”: quelli che lo cercano sul web e quelli che, 32 anni dopo, non vogliono nemmeno pronunciare quella parola

A frugare tra i trend (gli argomenti di tendenza nelle ricerche degli utenti) di Google si può perfino trovare qualcosa che titilla la parte del cuore e del cervello destinata a contenitore della nostalgia. Per esempio, nell’ultima settimana è prepotentemente entrato nella lista degli argomenti più cercati sul web un “fatto” che avvenne nell’ormai lontano 1990. Quel “fatto”, riguarda la squadra di calcio del Napoli e, per chi ha la ventura (nella buona e nella cattiva sorte) di tifare per il Napoli, assume ormai i contorni di un vello d’oro, perfino la forza evocativa di una balena bianca.

Milan, Inter e Napoli: cosa succede se arrivano a pari punti?


Di qualcosa, insomma, trovata, perduta e inseguita, campionato dopo campionato, partita dopo partita, minuto di ogni partita dopo minuto di ogni partita per la bellezza di trentadue anni. Tanto per dire, trentadue anni fa Putin era una spia del Kgb, sul Cremlino sventolava ancora la bandiera rossa con la falce e il martello, in Italia c’erano la Democrazia cristiana, il Partito comunista, il partito socialista e tutti gli altri e, per tornare ai campi di calcio, non solo le partite si giocavano tutte di domenica e allo stesso orario – argomento non indifferente in questa storia – e i giocatori avevano sulla schiena i numeri dall’uno all’undici, ma – udite, udite- la vittoria valeva due punti (e anche questo è un dettaglio non trascurabile in questa vicenda) e il portiere poteva ancora prendere il pallone con le mani sul retropassaggio di un compagno.

Insomma, un altro tempo. Un tempo così distante da farmi chiedere come mai tante persone abbiano deciso di digitare sui loro device quella data, 1990, e quel “fatto” che riguardava il Napoli. Quali facce si nascondevano dietro gli anonimi cercatori di memorie che gonfiavano i numeri dei trend?

Una faccia, per la verità, mi è venuta in mente. Era quella di un ragazzino – avrà avuto tra gli undici e tredici anni (l’età in cui si compie la scelta irreversibile di tifare per una squadra piuttosto che per un’altra) che ho visto uscire dallo stadio domenica scorsa alla fine della partita persa in casa dal Napoli contro la Fiorentina e che, probabilmente, ha messo fine all’inseguimento del vello d’oro anche per quest'anno. Al possibile ripetersi del “fatto” del 1990. Aveva, il ragazzino, gli occhi lucidi di chi ha trattenuto il pianto e il padre lo teneva per mano. “Papà – ha detto il ragazzino – anche quest’anno (quella cosa, ndr) non succederà. Non vinceremo. Ma perché non succede mai?”. E ha rivolto al genitore uno sguardo insieme rammaricato e di rimprovero come se volesse rinfacciargli di averlo portato fin là, di avergli attaccato una malattia subdola e dolce.

Corsa Scudetto: il calendario di Milan, Inter, Napoli e Juve

33a giornata 34a giornata recupero 35a giornata 36a giornata 37a giornata 38a giornata
Milan 71 pt Genoa
(vittoria)
LAZIO Fiorentina VERONA Atalanta SASSUOLO
Inter 69 pt SPEZIA
(vittoria)
Roma BOLOGNA
(27 aprile)
UDINESE Empoli CAGLIARI Sampdoria
Napoli 66 pt Roma EMPOLI Sassuolo TORINO Genoa SPEZIA
Juve 63 pt

Bologna
(pareggio)

SASSUOLO Venezia GENOA Lazio FIORENTINA

In maiuscolo le partite da giocare fuori casa

Che succede se due o più squadre arrivano a pari punti?

Classifica Serie A | Marcatori | Calendario completo Serie A

Tutti e due avevano la sciarpa azzurra al collo. A quel punto il padre si è chinato verso il figlio per consolarlo con una carezza. E ha cominciato a raccontare il “fatto” del 1990. Ha cominciato, come è ovvio, da Lui – Diego, el diez, ‘o mast, il giocatore più forte di tutti i tempi – che era arrivato qualche anno prima e che nel 1987 aveva fatto in modo che il “fatto” succedesse per la prima volta nella storia.

Quel 1990 era diverso, però, perché in mezzo c’erano stati altri successi (la Coppa Uefa – allora si chiamava così – su tutti) e le immancabili – perfino in quei tempi di vacche grassissime per la nostra passione –

Anche in quel 1990 il nostro rivale era il Milan. Ma noi avevamo oltre a Lui, il centravanti e il centrocampista centrale della nazionale brasiliana, mezzo centrocampo dell’Italia, la riserva di sua maestà Diego che era un ragazzo corto, corto e talentuosissimo di nome Gianfranco Zola. Insomma, diceva il padre al figlio carezzandolo con i suoi ricordi, avevamo uno squadrone. E il “fatto” quell’anno come in tutti gli anni di quel periodo fatato era davvero nell’aria, lo si poteva vedere materializzarsi, toccarlo con mano.

Epperò, pure in quel 1990, qualcosa rischiò di andare storto. Il Napoli dilapidò il vantaggio che aveva accumulato in classifica sul Milan e le ultime giornate si trasformarono in un crudele quanto irrinunciabile alternarsi di speranze, scoramenti, braccia levate al cielo per esultare o portate alla testa per disperarsi. Ma ci sono due partite che il padre racconta al figlio mentre si allontanano dallo stadio.

Due partite delle quali lui conserva immagini sparute, brevi sintesi in tv ma che nella sua memoria sono incise con lo scalpello delle voci dei radiocronisti. La prima si gioca a Bergamo, l’8 aprile del 1990, di fronte l’Atalanta e il Napoli. E’ la partita della monetina. Dura, fallosa, inchiodata sullo zero a zero. Lo stesso risultato con il quale si conclude a Bologna (le partite si giocano allo stesso orario e le voci dei radiocronisti rimbalzano da un campo all’altro, da un cuore all’altro) tra il Bologna e il Milan. Solo che a Bergamo, nel finale, uno spettatore lancia una monetina che colpisce alla testa il centrocampista brasiliano del Napoli Ricardo Alemao. Polemiche, accuse, sospetti. Alla fine il giudice sportivo assegna, applicando il regolamento, il 3 a zero a tavolino al Napoli. Buono così. Adesso Milan e Napoli sono a pari punti in testa alla classifica.

Mauro e il romanzo scudetto: "Io, Diego e una Napoli che mi è entrata nel cuore"

di LUIGI PANELLA


L’altra partita che il padre racconta al figlio si gioca il 22 aprile del 1990 a Bologna. E’ la penultima giornata del campionato e Napoli e Milan sono sempre insieme in testa. Il padre si ricorda – e come dimenticarlo – che aveva cominciato a lavorare da poco, era il suo primo lavoro e che, quella domenica, lo avevano messo di turno. Così riuscì ad accendere la radio che la partita era cominciata almeno da una ventina di minuti. E che sensazione dolce, quella che correva sulle onde radio nella giornata già estiva. Al 15’ del primo tempo il Napoli era già avanti tre a zero. Avevano segnato Careca, centravanti forte come pochi, Maradona, e chi sennò, e Francini terzino forse mai abbastanza celebrato.

Ma il bello, quella domenica, doveva ancora venire. Il bello di quella giornata arrivò da Verona, la “fatal” Verona dove il Milan, con sorpresa di tutti e gaudio nostro, perse 4 a 2. A una giornata dalla fine Napoli primo e Milan secondo con due punti di svantaggio. Il “fatto” stava per succedere. E successe, la domenica dopo, in casa con la Lazio. Lì si concluse il campionato e cominciò la festa rimasta l’ultima per i 32 anni a venire.

Adesso, li rivedo il padre il figlio. Il ragazzo non ha più gli occhi lucidi. Anzi, mi pare che gli brilli in faccia una luce di felice curiosità. Ne sono certo, appena arrivato a casa si è messo al computer e ha digitato le parole chiave che sono andate ad ingrossare il trend. Napoli, innanzitutto, 1990, certo. E poi? Forse il padre glielo ha detto che quella parola è meglio non pronunciarla e neppure scriverla nella barra delle ricerche del computer.

Meglio chiamarlo “fatto”, perché non è vero, ma ci credo.

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