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Mutui, allarme Fabi: tornano a crescere le rate non pagate dalle famiglie

MILANO – Gli italiani tornano a fare fatica a fronteggiare il pagamento delle rate dei mutui. Secondo un'analisi del sindacato bancario Fabi, per effetto della pandemia "negli ultimi 12 mesi, infatti, è cresciuto di quasi 1 miliardo di euro l'ammontare delle rate non pagate relative ai mutui e ai prestiti concessi dalle banche". "Si tratta di una brusca inversione di tendenza, ancorché di importo apparentemente non rilevante, dopo quasi sei anni consecutivi di riduzione del credito deteriorato riconducibile alla clientela privata, calato progressivamente da maggio 2016" aggoiunge la Fabi.

Mutui, i tassi fissi vedono il 2%. Allarme giovani: "Finanziamenti agevolati a rischio"

di

Raffaele Ricciardi


Il totale delle "sofferenze" delle famiglie, finanziariamente piegate dal Covid, è passato, da febbraio 2021 a febbraio 2022, da 11 miliardi e 559 milioni a 12 miliardi e 373 milioni con una crescita, in un anno, del 7,04% corrispondente, per l'esattezza, a 804 milioni. Da novembre 2021 a febbraio 2022: in soli tre mesi, si è registrato un incremento di 1 miliardo e 476 milioni (più 13,55%), segno che i bilanci familiari "soffrono". Per il segretario generale Fabi Lando Sileoni "Probabilmente sono i primi segnali negativi, i primi effetti della crisi economica generata dalla pandemia, solo in parte tamponata con le moratorie dello Stato ed emergono i primi segnali di incertezza delle fasce più deboli della nostra società" che la guerra fra Russia e Ucraina aumenterà. Per questo "il governo deve confermare una serie di interventi economici sui prestiti bancari fino al termine del conflitto, prorogando le garanzie sui nuovi prestiti e le moratorie sui mutui e i finanziamenti già erogati in passato, almeno fino al termine del conflitto tra Mosca e Kiev".

Cgia di Mestre: 7 giugno il tax freedom day

La Cgia di Mestre riaccende i riflettori sul peso del Fisco per gli italiani. Se l'anno scorso la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5% del Pil – come messo in evidenza dall'Istat di recente – nel 2022, invece, è destinata a scendere al 43,1. Grazie a ciò, solo il prossimo 7 giugno (un giorno prima di quanto successo nel 2021) gli italiani celebreranno il giorno di liberazione fiscale (o "tax freedom day"). Dopo più di 5 mesi dall'inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), sostiene da Cgia di Mestre, il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell'anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia

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